Un pomeriggio a Livorno: il bar Penny
Ieri l’altro l’eretico, di passaggio al Galileo Galilei di Pisa, ha deciso di sdirazzare sulla via del ritorno e di passare un paio d’ore in quel di Livorno, passando da Camp Darby. Non andando nei posti più conosciuti, quanto – del tutto volutamente – in un quartiere del tutto anonimo, ordinario: il quartiere Corea.
Un quartiere popolare, al massimo piccolo-borghese, come tanti altri in tutta Italia, prima facie: senza fauna antropologica, si sarebbe potuti essere in un quartiere romano, ovvero al Pietriccio di qualche decennio fa.
Palazzoni popolari (l’indimenticabile Ina casa, del redivivo – grazie alla fatina Boschi – Amintore), alcuni ripuliti, altri da risistemare; un paesaggio di ordinaria amministrazione urbana, appena riscattato dalla bella vegetazione (pini, oleandri mica male, addirittura qualche palma).
Ma la autentica ricchezza – chi conosce i livornesi lo sa – non è quella del denaro, e neanche della flora: è quella della fauna umana!
La città in cui è nato il Partito comunista d’Italia, la prima città toscana conquistata dai pentastellati (dunque persa dal PD neodemocristiano), mi accoglie, in un clima da basso autunno, giusto il giorno in cui i giornali (Il Tirreno, deh) riportano la falsa notizia dell’arresto del neo-Sindaco Nogarin; sarà un caso che, in questa stessa estate, si stiano celebrando i trenta anni dei falsi Modigliani? Chi lo sa…
Sfoglio appunto Il Tirreno, e leggo del labronico segretario piddino che annuncia, tonitruante, che quest’anno (a settembre) la festa del Pd si farà: “ci sarà meno fritto di pesce e più dibattito politico”, dice Urbi et orbi. Invece dei “volenterosi salsicciai”, a Livorno evidentemente il Pd ha i “volenterosi fritturisti ittici”: città che vai, volontario piddino che trovi.
Ma il clou, in tutta franchezza, è la peraltro breve visita ad un bar che, per chi scrive, è già un cult: il bar “Penny”, in Via Lunardi.
Dimensioni tra il piccolo ed il minuscolo, al momento dell’arrivo vengo accolto da un curioso signore, segaligno, con in testa un cappello da texano ed una santabarbara di anelli e catenine tra le dita e le braccia:
“Oh, ora c’è anche questo, bada te…”, dice, guardandomi di squincio.
Mi avrà preso per qualcun altro, o sarà la sorte di tutti gli avventori non abituali del localino?
Il barista mi serve un bicchiere di Coca cola (poca originalità, lo so: ma quando si deve guidare…), versandola direttamente da una bottiglia da un litro e mezzo (sic). Dietro di lui, una parete che è tutta un programma: attaccati, si trovano foto e dischi (sì, 33 e 45 giri) dei Cugini di campagna prima maniera, di David Bowie e di Renato Zero quando faceva il trasgressivo. Amanda Lear e Donatella Rettore forse erano nel retro…
Serve altro? Nel caso, comunque c’è: il barista, il tipo con il cappello texano ed un altro (in pausa da videopoker) si fermano a guardare la televisione. Il telegiornale annuncia per le 19 una riunione di Gabinetto del Governo israeliano. Per intanto scorrono le devastanti immagini provenienti da Gaza. Il mondo entra, penetra nel microcosmo del bar Penny di Via Astolfo Lunardi, quartiere Corea.
“Questi disgraziati stasera il cacciucco non lo mangiano di certo…”, chiosa il “texano”.
Ma la vita deve pur continuare, no? Il loquacissimo “texano”, esaurita la sua disamina sulla guerra tra Hamas ed Israele, dunque guarda il barista e, con l’indice arioso, gli intima, perentorio:
“Dai Rossano, ora favoriscimi un chinottino, deh”.
“Ovosodo” non fu un film comico, come venne definito; fu, piuttosto, una pellicola neorealista…
Caro Eretico,
ritornaci in Corea e fatti raccontare la storia del Villaggio Scolastico. Lì, dopo il ’68, si vissero sperimentazioni didattiche che ebbero notevole risonanza nella scuola italiana. Don Alfredo Nesi ( personaggio per molti versi discutibile, ma che meritò alla sua morte un’edizione straordinaria de Il Tirreno) volle realizzare il Villaggio e donarlo allo stato perché quello doveva essere patrimonio della Scuola Pubblica. I bambini di Corea, sicuramente cresciuti con padri… texani e privi di libri in casa, impararono ad amare la conoscenza, a fare sport, a sperimentare. I primissimi obiettori di coscienza degli anni 60 e 70 si impegnarono nella alfabetizzazione e nella costruzione delle baracche…. Ormai è storia di Livorno.
Mi hai fatto venir voglia di programmare una deviazione dal Galilei a novembre verso Livorno deh, magari anche nel quartiere Venezia… A proposito di bar ieri un gruppo di ragazzi molto gentili hanno finalmente miracolosamente riaperto il barre del Santa Maria della scala, si chiamerà bar Sorore… Gli manca solo una firma dal comune per avere 8 per 5 metri di tavolini sulla tanto preziosa piazza (speriamo presto….) ma se devi utilizzare il bagno aspettati di essere accompagnato da una delle gentilissime ragazze che ci lavorano. Non si sa mai se ti viene la voglia di sgattaiolare a far visita alla mostra di Staino senza fare il biglietto…. Perché Canali i bagni nel bar Sorore li aveva previsti lontanino… A presto Eretico!
Il partito comunista, nato a Livorno nel 1921, portava nel frontespizio delle sue tessere la dicitura: “Partito comunista d’Italia sezione dell’Internazionale comunista”. Tutti i partiti comunisti del mondo facevano parte dell’Internazionale comunista, che aveva sede a Mosca e il cui leader fu fino al gennaio 1924, cioè fino alla sua morte, Lenin. Questa una sua specificazione apparsa a pagina 3 dell’Unità del marzo 1924: ” La III Internazionale si pone al lavoro, per organizzare le forze del proletariato nella lotta rivoluzionaria contro i governi capitalisti, nella guerra civile contro la borghesia di tutti i paesi, per la conquista del potere politico, per la vittoria del Socialismo”. Lenin scrisse e i comunisti italiani riportarono le “nobili” indicazioni del loro superiore nel giornale del partito, affinché fino all’ultimo dei loro attivisti fosse chiaro l’umanitario programma. Al momento opportuno tanto piombo sarebbe stato sparato e tante lacrime versate.
Aggiungerei con sede Finanziaria a Londra. Forse tutto e più chiaro
Pezzo bellissimo, caro Eretico: a Siena non c’è nessuno che sappia raccontare e descrivere luoghi come te…
mah? non so voi ma a me i Livornesi sono sempre stati simpatici!
Ho sempre guardato a Livorno come città anomala rispetto alle altre nostre corregionali.
Simpatici,arguti,solidali e sempre aperti al mondo ed all’estraneo!
Mi fece specie anni fa quando lessi che quando buttano via i mobili,li mettono for di casa e chi li vole li piglia!!!
Con la vittoria del sindaco pentastellato hanno dato ancora di più prova di non essere un popolo lobotomizzato come……………………….
Tutto bello e divertente, professore, ma se ri-scrivi “deh” invece di “dé”, la prossima volta da Livorno ti mandano via a “pàttoni sur viso”.
Frequentando la riviera Livornese (Cecina), praticamente da quando sono nato, di situazioni come quella descritta dall’Eretico ne viste e vissute a bizzeffe, con personaggi ai limiti dell’immaginabile che ti spiazzano con la loro “filosofia” e il loro modo di vedere il mondo fatalista e dissacrante.
Secondo me quanto ad anticonformismo (vero) e a fantasia nel turpiloquio la labronicità non ha eguali.
Livorno e i livornesi: fantastici! Ho avuto il piacere di lavorare a Livorno e mi sono trovato benissimo con il popolo livornese: trovo piacevolissimo tornare nella città labronica per un tuffo nella mia gioventù. Grazie livornesi. Boia de’.
A siena un’abbiamo franchino e a colle bezzino.
Sempre ricordati con affetto per i servigi resi…
Ieri avevamo il Ciani, Colonnino oppure il povero Spago. Oggi codesti personaggi. Non c’e’ paragone purtroppo.
Fabio e Lello si staranno toccando intensamente!!!
A proposito di Feste (dell’Unità)del Pd, cosa mi dici del fatto che a Siena quest’anno non fanno nulla? Sembrerebbe una cosa bella, ma poi io ho il sospetto che tutte le cartate di m…. che ha preso la Casta quando è andata a dibattere negli ultimi due anni abbiamo fatto decidere di non cascare di nuovo in questa esperienza. Quest’anno saranno fatti dei dibattici, riunioni e simili in varie zone della città ovviamente nelle sede del PD, tutto sotto controllo con molti filtri non con la presenza di tante persone come nel passato. Memorabili le partacce che vennero fatte a Profumo sul Monte dei Paschi e l’incavolatura di Rossi dopo diverse domandine molto imbarazzanti sulla sua gestione della sanità senese e toscana. Ceccuzzi da due anni in qua si è visto molto defilato in mezzo ai suoi fedeli. Ricordo che all’inizio arrivarono gonfi di sé stessi e al termine dei dibattiti uscirono molto cupi nel volto. Sarà servito a qualcosa tutto questo, a poco forse, l’esercito dell’omini della Cooppe è ancora numeroso, ma almeno vederli incavolare e rimanere male alle domande a cui non sapevano rispondere era un po’ consolante. Ora hanno scelto la fuga dalla gente, la campana di vetro, tanto i salcicciai vanno avanti lo stesso, ci sono tante feste PD nei dintorni, gli omini della Cooppe purtroppo resistono ancora, per il momento speriamo. Eppure quest’anno un dibattito con Valentini sarebbe stato molto agitato e qualche cosina gli sarebbe stato detta di sicuro. Comunque c’è Siena TV che un po’ di notizie alternative le fornisce. Senza di essa l’Eretico, Bastardo senza gloria ecc. avrebbero meno possibilità di esprimere i propri pareri.
Sono un popolo superiore. Loro esistono ancora. Non come noi che non esistiamo più
Noi senesi siamo stati portati via dalla piena di una politica distruttiva. Ci fanno resistere in 8000/8500 (come indiani nelle riserve) solo per i giorni del Palio, giusto per fare un poco di folclore.
Anno 1982, visita del Papa alla fabbrica Solvay di Rosignano: salito sul palco il Papa indossa un elmetto e si rivolge agli operai con un ” cari frateli, anche io sono stato un operaio Solvay!”. tale Beppino Bellamore rispose dalla piazza ” Ma ‘un ci sé rimasto de’!” alla Solvay ancora la raccontano.
carissimi, guardare Livorno da non livornesi rimanda quel carico di simpatia, anarchia, ironia che esiste davvero, è vero.
Poi, se ci nasci e ci vivi, capisci anche l’altra faccia della medaglia, pochi popoli sono menefreghisti ed autodistruttivi come noi. E fondamentalmente il livornese è provinciale, consumista (molto più che comunista) e modaiolo nel senso più deleterio del termine.
L’immagine che Vernacoliere, Virzì e co. danno di Livorno riesce a contenere solo una parte, peraltro in dissolvimento, della livornesità.
Che peraltro è l’unica città che con la Toscana non ha nulla a che vedere. Storicamente, se di storia rispetto a Siena si può parlare.
… però, non c’è volta che vada (ormai sono venticinque/trenta anni che sto a Siena) e che non ritorni con un aneddoto o un’immagine che mi abbia fatto morì dalle risate.
La forza è quella.