La domenica del villaggio: brigantaggio, impressionismo, carestia (e 2 Ps)
Eccoci al consueto appuntamento cultural-settimanale del blog, con i tre argomenti principali: si parte con il parlare del brigantaggio, fenomeno storico di perdurante attualità (ahinoi tutti); poi, spazio all’arte pittorica, all’Impressionismo in particolare: gli impressionisti – come si leggerà – hanno avuto almeno un paio di caratteristiche collettive, tanto misconosciute, quanto decisive; dipoi, per la rubrica manzoniana, siamo al Capitolo VI: è di carestia, di fame, di polenta, che si discetta…
BRIGANTAGGIO? UNA GUERRA CIVILE, MA NON FRA NORD E SUD
Il divario fra il Nord ed il Sud della nostra amata Italia è di certo non un problema, ma IL problema nazionale più cogente, con il maladetto Covid che di certo – acuendo in modo ulteriore tutte le distanze pregresse – non può che aumentare anche la lontananza fra le due parti della penisola, anche in virtù della criminalità organizzata che si sta leccando i baffi, da marzo a questa parte. In questo blog, se ne è già scritto, e se ne scriverà ancora: mai abbastanza, numquam satis, stante appunto l’importanza e la drammaticità dell’argomento.
L’occasione odierna è data da una doppia pagina densa, vergata da Paolo Mieli sul Corriere della sera di martedì scorso (8 dicembre, pagg. 42-43), in cui si passano in rassegna gli ultimi studi sul tema del brigantaggio, analizzando nello specifico l’ultima fatica di uno storico autorevole come l’ordinario di Storia moderna alla Sapienza Eugenio Di Rienzo (“Il brigantaggio postunitario come problema storiografico”, D’Amico editore, euro 14); emerge, a proposito della questione del titolo, una sintesi forse definitiva della questione: il brigantaggio fu certo anche un problema politico, affrontato con ben poca lungimiranza politica dai Savoia, i quali indubbiamente mostrarono di considerare il Sud una sorta di “cortile coloniale” del neonato Regno d’Italia (come testimoniato da una voce critica della stessa aristocrazia sabauda, Alessandro Bianco di Saint-Jorioz, il quale – combattente dell’esercito sabaudo nell’aquilano – ammise che un atteggiamento più intelligentemente gradualistico, “migliorista”, da parte dei Savoia, sarebbe stato preferibile, nei confronti del Mezzogiorno).
Ma la novità degli ultimi studi, confermata in pieno da Di Rienzo e – pare proprio di capire – dallo stesso Mieli, è che la guerra civile che si combatté nel Meridione fra il 1861 ed il 1865 (in curiosa sincronia con quella negli States) non fu tanto una guerra civile fra meridionali e piemontesi (scarsi furono infatti gli scontri armati fra le due parti), quanto soprattutto una guerra intestina fra i due Sud: quello dei “galantuomini” meridionali (spessissimo legati in modo diretto alla malavita, allora in fase di organizzazione), e quelli legittimisti, legati quindi ad una speranza di ritorno sul trono della amata casata borbonica. Come dire che, in questo caso di specie, fra i due litiganti, anche il terzo (i Savoia) non è che poi abbia goduto così tanto…
L’IMPRESSIONISMO CHE NON TI ASPETTI…
Non pochi anni or sono – ripensando in questi giorni a visite oggi proibite -, ebbi modo di visitare lo straordinario museo Gulbenkian a Lisbona, e ad un certo punto mi trovai di fronte ad una natura morta di Claude Monet (ovviamente stupenda); ammirandola, mi misi a pensare che qualcosa non mi tornava, perché a scuola mi pareva di essermi fissata fra le sinapsi l’idea che gli impressionisti fossero dei (quasi) improvvisatori; però guardando quell’opera (datata 1876), contraddistinta da una sorta di iperrealismo (le fette del melone, addirittura i dettagli delle increspature della tovaglia bianca posta sotto la frutta), mi dicevo che non poteva essere così. Per inciso, visto che siamo al Gulbenkian e che siamo in astinenza museale coatta: in quel museo a Lisbona – solo per restare all’Impressionismo – si trova anche il ritratto che Renoir fece alla moglie di Monet.
Almeno in parte, ci avevo visto giusto, ed il tutto mi è confermato da un libro appena uscito (“L’arte del disegno. Gli Impressionisti e i postimpressionisti”, di Christopher Lloyd, Einaudi; recensito da Ada Masoero sul Domenicale del Sole 24 ore del 6 dicembre, pag. 15), il sugo del quale è che, per l’appunto, bisogna lasciarci alle spalle l’immagine degli impressionisti come pittori di impulso, spinti dall’emozione del momento (rigorosamente en plein air), perché erano professionisti che producevano fior di disegni preparatori (bozzetti, schizzi), prima di uscire con il prodotto finito (Monet aveva esordito come caricaturista, tra l’altro).
Inoltre, un altro aspetto poco noto è che i vari Renoir, Pissarro, Cézanne, Gaugin, Monet e lo stesso Van Gogh, erano artisti che – evidentemente mettendo da parte, per il loro stesso vantaggio, il narcisismo individuale di ogni pittore – sapevano proporsi come un tutt’uno, come un corpo unico, organizzando mostre collettive: ben otto, fra il 1874 ed il 1886. E pluribus unum, avrebbe chiosato qualcuno: e con pienissima ragione…
I PROMESSI SPOSI 4.0, CAPITOLO VI: LA CARESTIA E LA POLENTA
Il Capitolo VI del capolavoro manzoniano è quello conosciuto soprattutto per lo scontro veemente, a livello dialettico, fra frate Cristoforo e don Rodrigo, con la minaccia del cappuccino – quel celebre “verrà un giorno” – che tanto arriverà ad angustiare l’arrogante ed altezzoso signorotto locale.
Ma i lettori avranno capito che, in questa rubrichetta settimanale, si cerca anche e soprattutto di illuminare i brani meno noti di ogni singolo Capitolo de “I promessi sposi”, quindi anche questa domenica saremo coerenti a ciò che ci siamo prefissi, dicendo qualcosa a proposito della breve, ma significativa, visita di Renzo a casa “d’un certo Tonio”, ove il Manzoni ci squaderna un gruppo di famiglia contadina in un interno, in attesa della polenta di ordinanza (“piccola polenta bigia”, cioè di grano saraceno, non di granoturco, pare troppo cara per una famiglia proletaria, nel novembre del 1628). Renzo va da Tonio per esporgli il progetto del cosiddetto “matrimonio a sorpresa” (che si concretizzerà poi, in modo del tutto infausto, nel Capitolo VIII), ma ciò che più ci preme è l’atteggiamento del resto della famiglia nei suoi confronti.
Le donne di casa, offrono a Renzo il poco che c’è, dimostrando una generosità che “il contadino di Lombardia non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand’anche questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola”. Tipico esempio di cattolicesimo lombardo, che si concretizza in tutte le famiglie proletarie del romanzo (quella del sarto, per esempio); solidarietà fra poveri, senso dell’ospitalità, dunque: ad occhio e croce, virtù oggi un po’ perdute.
Infine, i figlioletti di Tonio; quando vengono a sapere che il loro padre andrà fuori, all’osteria, a mangiare con l’ospite che agogna giustamente ad un po’ di privacy, che fanno? Si dispiaceranno, penserà qualcuno: la cena è meno cena, senza il pater familias, no? Per niente, proprio per niente: il più formidabile “concorrente” per la divisione della polenta se ne va, quindi le porzioni saranno un pochino maggiori per gli altri familiari. E tutta la retorica sul focolare domestico riunito per la cena, crolla miseramente, a fronte della carestia imperante: quando si ha fame davvero, non si guarda in faccia nessuno. Prima del Gran lombardo, ce lo ha insegnato anche l’Alighieri, alla fine della cantica infernale…
Ps 1 Giovedì prossimo (Siena Tv, ore 21,30), seconda puntata de “Le notti della Repubblica”: il parallelismo fra il 1978 ed il 2020 continua, allargandosi anche al contesto geopolitico internazionale, di ieri l’altro come di oggi.
Ps 2 Paolo Rossi: ieri, nella Vicenza nella quale aveva spiccato il volo verso il successo, si è tenuto il funerale; a quanto visto dalle immagini, bello perché partecipato, e soprattutto partecipato nel modo giusto (un po’ differente rispetto a certe scene viste per il lutto maradoniano, sia scritto per mera comparazione antropologica). E complimentoni a coloro che, in contemporanea, sono andati a rubare nell’agriturismo dello scomparso, in quel di Bucine, giusto per alleviare, almeno un po’, il ritorno a casa della vedova: a piena riprova che il Covid ci ha reso senz’altro migliori, come genere umano.
Off , ma domenicale: riecco il trenino comunale! Zeppo di gente, pigiati come penne di nana…e guardie inermi.
Gente pel corso a sdruscia’ e in piazza a fassi vede’.
Ma i controlli chi li deve fa?
Conte? Ah no, il pd! Meglio,di no, hanno belle fatto abbastanza danni!
Allora chi? Giani? Nemmeno, lui é a leticare per tornare gialli…e noi stronzi a comportarci come dementi e aprir le porte alla terza ondata!
Insomma chi deve controllare? Chi ha la responsabilità sul territorio?
Giusto , ci vuole controllo e severita’, ma secondo me non basta, m associo
al grande giornalista Luciano Fontana
https://www.corriere.it/lettere-al-direttore/13-12-2020/index.shtml
Vaccino obbligatorio agli studenti delle superiori, agli insegnanti( ovviamente devon dare il buon esempio,senno’ deamicis che ha scritto a fa’?), anziani , operatori sanitari,lavori al pubblico.
Basta si vole’ sta’ tranquilli con la salute .
Ma per controllare tutti piu’ a modino e star davvero sicuri, io opterei per un sistema piu’ calibrato e capillare, a queste pore guardie non gli si puo’ chiedere l impossibile , bigna passa’ alle soluzioni tecnologiche.
Ormai e’ una necessita’, si provveda, mi pare ingiusto che i poveri cani possano essere microchippati ( giustamente) mentre la gente irresponsabile,seguita a fa’ il,cazzo che vuole senza controllo, no no no, cosi’ non puo’ piu’ andare avanti.
Se a qualche irresponsabile la cosa dispiace, vada a sta’ nei boschi da solo e non rompa piu’ i coglioni.
Qui si sta’ rischiando di saltare un altro palio, basta ruzzare,sarebbe un dramma.
Penso che paragonare la mancanza del Palio sia il tuo solito sarcasmo ed avresti ragione. Per me, sinceramente, il rinvio dei Palii è l’ultimo problema che mi pongo, ce sono altri e molto più gravi a cominciare alla crisi economica e via dicendo.
Parole sante. concordo.
La responsabiltà sul territorio è dell’amministrazione comunale, cioè del Sindaco.
Ha i poteri per chiudere strade, regolare l’accesso, controllare che non si superino certi numeri,( tipo i tornelli di piazza) prolungare l’apertura dei negozi ecc ecc
Vedremo…
Concordo!
ahhhh…..ci fosse stato ancora BV 7
Evviva se la gente è uscita, finalmente! Ma occhio a richiuderla, la corda é tesissima! Per inciso:ma la mascherina quanti contagi avrebbe evitato di grazia?
Grande Rafiullah, bel paragone, aggiungo , meno siamo a tavola e piu’ parte ti tocca,sicche’ basta con queste mitologie sui pranzi di natale coi nonni zii ecc. che s avventan sui crostini e fan pulito in un nanosecondo.
Meno siamo a tavola e meno c’e’ da gareggiare pe’ empire il piatto.
Grazie di farci scoprire certe sottigliezze del grande capolavoro del grande scrittorone,,una grande opera divulgativa, che oltretutto ci e’ utile nella pratica in queste nostre quotidiane ammorbate ambasce .
Il morbo infuria il pan ci manca
Di rosso tinto il conto in banca
Cene a natale le si faranno
Senza d ave tra i coglioni i nonno
Che s avventava sui tortellini
E s inghebbiava due cotechini
Bellino il sonetto, però fortunatamente non siamo al livello di miseria dei tempi dei “Promessi sposi”, ma in un’epoca, ancor di abbondanza, dove la gente non si guarda più in faccia ipnotizzata dal proprio smartphone. I social impazzano e ci isolano sempre più dal reale contatto con il prossimo. Quindi una rimpatriata col nonno, coi fratelli, zii, col cugino o la cugina (meglio) non fa certo male. Anzi. Un popoloso pranzo o cena e poi una tombola, almeno sotto le Feste, ci stanno proprio bene.
Per noi brigantaggio vuol dire, oltre a criminalità chiaramente, anche e soprattutto forma alternativa di giustizia senza valenza politica ma solo sociale.
Il nostro folklore ne è impregnato nella tradizione orale, nei nomi delle località, nelle feste paesane e via dicendo.
Si sono fatti parallelismi con Robin Hood, penso a Tiburzi, si sono scomodati gli studi di Lombroso e altro ancora, ma la triste verità è che quello è stato il fenomeno di ribellione di gente ridotta alla fame, sfruttata fino al midollo, lasciata crepare spesso nei tuguri o nelle capanne in mezzo al nulla e che dei Savoia, del Papa e dei Borbone interessava quanto ad una zanzara interessa dell’Universo.
Ben vengano quindi i grandi studi e le analisi sociologiche a posteriori, ma prima di tutto ciò ricordiamoci di dare un’ occhiata alle cronache locali del tempo ed ai resoconti processuali di allora, soprattutto alle fotografie o ai ritratti allegati, solo così avremo il quadro della situazione d’insieme, senza Nord e senza Sud, ma con la consapevolezza delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione rurale e suburbana di quei periodi e comprenderemo le ragioni del Brigantaggio, quello quotidiano.
a proposito, bellissima mostra di foto di briganti locali questa estate per le strade di Belforte
Il valore delle foto dei briganti è notevole: il photoshop di fine ‘800 che è alla base dell’aspetto del personaggio immortalato con i sottili stecchini negli occhi per farli stare aperti, i fili invisibili ed i cavalletti nascosti per dare una parvenza di vita e di compostezza ad un corpo esanime con armi bene in vista artatamente legate a mani e braccia, le ferite mortali nascoste dagli impagliamenti sotto i vestiti e poi il significato stesso di tutta la sceneggiata e cioè la deterrenza nei confronti della popolazione e di altri criminali, la probatorietà per le autorità superiori che dovevano assegnare taglie e promozioni ed infine l’esorcizzazione del terrore con la documentata eliminazione dei soggetti fautori dello stesso.
Peccato che il cinema non abbia creduto molto nella trasposizione di questi involontari attori e delle loro sciagurate storie perchè accanto alla stagione degli spaghetti avremmo avuto anche quella dei ben più gustosi pici-western.
Caro professore,
non di rado rileggo, per puro godimento estetico, qualche brano de “I promessi sposi”, che via via gli “untorelli” di turno cercano di screditare. Fra l’altro mi garba molto la fine comicità di qualche episodio, racchiusa magari in poche righe, come nell’episodio della visita espiatoria di fra Cristoforo al fratello dell’uomo da lui ucciso, il quale alla fine commenta fra sé: “Diavolo d’un frate!… quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m’abbia ammazzati il fratello”. O il “si figuri!” del sarto al cardinale Borromeo.
Grazie dell’ospitalità.
Grazie a questa rubrica domenicale sto riscoprendo il capolavoro del Manzoni, e ringrazio di ciò l’Eretico. Comunque andrà questo pranzo natalizio in tempo di Covid, ripenserò a questo Capitolo VI, alla felicità dei figli per il padre che se ne va da casa, lasciandogli più polenta bigia da mangiare.Non siamo più abituati a pensare ai commensali come possibili concorrenti, ma vedendo ieri le file a Milano per i pacchi alimentari forse ci stiamo tornando.
Forse Tonio che se ne va, vuol dire anche lasciare più spazio per parlare ed esprimersi ai figli, visto che i padri di allora non erano degli amiconi come quelli di oggi (Manzoni stesso).
Questione Nord/Sud. La storia risorgimentale finora è stata in parte falsata perché i Borboni non erano quei cattivi governanti che ci hanno descritto, nel Sud non tutto era negativo, c’erano molte realtà positive (una flotta marina d’avanguardia, una buona Università, un’ottima produzione alimentare, il popolo godeva di molte più libertà di pascolo, raccolta di legna, ecc). Lo Stato Sabaudo non era quello più avanzato in Italia (il Granducato di Toscana lo era), la povertà era diffusa in molte zone e nella stessa Torino. Il meridione venne vampirizzato dai piemontesi ed i problemi di cui soffriva vennero aumentati con le tristi conseguenze che conosciamo. Una vera Italia unita in senso patriottico iniziò, con molte zone d’ombra, dalla prima guerra mondiale quando molti italiani meridionali, richiamati alle armi, combatterono al fianco dei settentrionali. Dopo la seconda guerra mondiale si sono avuti altri passi importanti grazie anche alla diffusione dei media e delle comunicazioni, ma ancora (sbaglierò) non mi sembra che ci sia quel sentimento nazionale cha hanno i francesi o gli inglesi; siamo ancora un Paese giovane.
Non è un dramma
Che ci sia un altro Palio da saltà
caro Burchiccio mio, pòle succede,
anche di più, ma che vorresti fa’?
Un ci si pòl fa niente in questa sede,
ricordo bene che ottantant’anni fa
saltaron dieci, ma, come si vede
il Palio ha seguitato a trionfà,
ora basta aspettare ed ave’ fede,
anzi certezza di ritornà ‘n Piazza
a godere o pati’ secondo il caso
ed ammatti’ per questa corsa pazza,
ma non è un dramma, sono persuaso,
il dramma ‘nvece è questa pandemia
che ammazza sempre e non vòle andà via.
15 Dicembre 2020
Complimenti per il sonetto. Prima o poi ritornerà anche il Palio. Io comunque sono molto scettico perché troppe persone, abbassata un po’ la guardia, subito ne hanno approfittato per ignorare tutte le precauzioni a cominciare agli assembramenti descritti sui media. Aggiungo anche che tutti i luminari della medicina, i virologhi, tra tutte le raccomandazioni hanno sempre tralasciato il consiglio di limitare il fumo, notoriamente dannoso alla salute. Mi sembrano più interessati a fare la passerella sui media e magari pubblicizzare, se già scritto, il proprio libro o trattato sul covid.
Beppino mio dopo l epifania
Sara’ il vaccino spagliolato a raso
Che la paura ti portera’ via
Questo ti dico a lume di naso
Cosi l umana vaccinata razza
Sara’ razza vaccina guardacaso
Brama l vaccino ogni vaccina pazza
Tutta la mandria par che lo richiede
Pe’ ritornar a fare l otto n piazza
A siena com’ in ogn’ altra sede
Pe’ poter ritornare a sbandiera’
Le genti del ricatto si fan prede
L ho rovesciata usand’ i tuoi finali
Rimedio peggio dei rimediati mali
Ma e’ inutile spiegallo….all animali
Vaccini ovviamente, ciao Beppe
Ogni tanto navigo sui social
Non riesco a capire certe( tante) persone.
Dicono una osa e il suo contrario( come Vittorio Feltri…che però ha 800 anni…si 800!)
Non capisco se vogliono essere parte del,problema o parte della soluzione del problema.
Capisco che molti, sicuramente anche io, sono dei dementi.
Come i fumatori. Ritengo che siano dei dementi. Il mi nonno non sapeva dei danni da fumo. Oggi sappiamo dei danni da fumo di terzo livello( quello superpassivo, cioè del fumo di coloro che fumano quando non fumano). Inoltre questo nervoso virus coplisce i polmoni e lascia conseguenze più o meno gravi. Quando, se, ci colpirà sarà fondamentale avere tali organi più sani possibile per uscirne prima e meglio possibile. Molti di coloro che ne sono venuti fuori discretamente erano non fumatori.molti di coloro che non ne sono venuti fuori erano fumatori. Dunque , che continua con questo vizio e non lo abbandona o lo surroga con altro( lecca lecca, lecca passera, lecca culo…) è un demente.
Poi sullo stato,che detiene il monopolio il discorso è più lungo.
Ps. Interessante e ben fatto il servizio su Siena tv. Bravo eretico.
Caro Enea, ti ringrazio, e dò appuntamento – a te, come a tutti i lettori – per la seconda ed ultima puntata dello speciale (che si trova anche sul sito di Siena TV), in onda stasera alle 21,30: sarà leggermente più lunga, ma vi assicuro che ho dovuto tagliare cose assai importanti…
L’eretico
Potresti fare una puntata in più con le parti tagliate….chissà! Potrebbe essere intrigante
Non posso che essere d’accordo. Tra l’altro il fumo trai tanti effetti nocivi fa male anche alla sessualità. Purtroppo molti giovani hanno preso il vizio del fumo. Sicuramente se quei soldi per le sigarette li spendessero per una pizza oppure lo stress lo sfogassero con il/la citto/a, dopo starebbero anche meglio nel fisico e nel morale. Sono soldi finiti in fumo. Concludo dicendo che il volatile fumo favorisce anche il virus accelerandone la diffusione. Poi quando uno fuma deve sempre stare senza mascherina. Ma certo lo Stato poi perderebbe una bella fonte di guadagno. I grandi esperti virologi? Sempre zitti sull’argomento, parlano, litigano tra di loro, ma il fumo non viene mai nominato. Comprate i loro libri, io per niente. Io non mi fido nemmeno dei varii vaccini, aspetterò che siano passati diversi mesi per vedere se ci saranno effetti collaterali sui vaccinati. Ci considerano solo delle cavie.
Caro “Vedo nero”,
vedi che sul fumo hai trovato un compagno di strada (e che compagno, Enea!); oltre allo scrivente, ovviamente.
Mi permetto di aggiungere una cosa, peraltro già scritta ad abundantiam: che la comunità dei virologi fosse almeno – per così dire – autoreferenziale e monodimensionale, lo avevo capito subito, allorquando a marzo notai che nessuno di loro (anche se interrogati sul tema) voleva ammettere il nesso fra inquinamento e diffusione del Covid-19. Cosa che non abbisogna di Laurea specifica per essere compresa (anche perchè studi sugli effetti devastanti dello smog sui polmoni ci sono da decenni), direi…
L’eretico
Certo, i virologi consideravano il danno del fumo come cosa ovvia e risaputa, ma come dicevano i vecchi romani? Repetita iuvant sed secant, le cose ripetute, giovano, se ripetute.
Caro Eretico, mi perdonerai, ma dopo quello che ho letto oggi, non posso non uscire fuori dal seminato.
Mi dispiace che questo blog sia stato abbandonato da tanti scikke, ma qualcuno degli scikke rimasti fedeli al blog possono fare da portavoce.
Ebbene, molte volte, quando sul blog è stato affrontato l’argomento di chi ha distrutto Siena, monte paschi, fondazione, l’indotto e cioè il groviglio armonioso di cui era parte integrante il pd e gli altri poteri etc. etc., io, che evidenziavo le enormi responsabilità degli scikke, mi sono sentita dare della livorosa, della rancorosa, di non saper guardare avanti e pitipi e pitipa’.
A tutti questi scikke, consiglio la lettura di un articolo apparso oggi sul Fatto Quotidiano, a firma di Nicola Borsi, articolo che, al netto di un substrato politico certamente esistente, viste le recenti posizioni assunte dal quotidiano, evidenzia come gli scikke siano sempre i soliti, predicano bene, e continuano a razzolare sempre allo stesso modo e cioè male, malissimo…ipocriti , clientelari, sfrontati…
E qualche scikke ha il coraggio di tirarmi fuori il De Mossi e l’attuale amministrazione?……….troppo democratico! Fossi stato io al suo posto, il mio cavallo di battaglia sarebbe stato “ fuori dai c……i tutti gli scikke, basta che siano scikke! “
Parole sante. Purtroppo scikke senesi e nazionali occupano i media con la loro faccia di bronzo ancora pontificano parlano sempre di sacrifici; per gli altri ovviamente, loro si godono i privilegi lontano dalla gente comune.
Gli scikke sono quelli bravi bravi… democratici democratici… che o non si va a votare altrimenti vince la destra…
E mentre il paese affonda… gli scikke cosa fanno? impiegano il loro tempo per abolire i decreti sicurezza… e bravi scikke… ma tanto prima o poi a votare ci si va cari scikke bellacciaosi
Esatto e ce li leveremo dai cogl..ni. IL problema è che intanto il decreto sicurezza è stato annullato e molti ONG se ne approfitteranno per sbarcarci altri migranti. Intanto a Latina è stata scoperta una giovane tunisina che inneggiava al terrorismo ed addirittura su facebook dava consigli su come fabbricare bombe in casa. Ora questa soave personcina che facciamo? La teniamo ancora in Italia, speriamo in carcere sotto stretta sorveglianza, ma purtroppo a nostro carico, oppure meglio la rimandiamo a scontare la pena a casa sua? Col decreto decaduto sarebbe stata la seconda soluzione. I nostri buonisti invece straparleranno di integrazione e addirittura di arresti domiciliari col rischio della fuga della mussulmana. Ma certo gli scikkettoni vivono tranquilli con i loro privilegi e se ne fregano della gente comune. Chi li ha sempre votati, quando capiranno di smettere di scegliere questi figuri tristi, inutili, sporchi, falsi e parassiti?
Già, a votare, e potrebbe vincere quella lega che ha votato contro al recovery f. ! O quei seguaci del deficiente che ha danneggiato in parlamento ieri sera…
C’è da stare freschi!
Da qui alle elezioni molti avranno capito che il sovranismo è una solenne cazzata!
D’altra parte a Siena ci abbiamo messo anni per avere il cambiamento ( in peggio) …alle nazionali sarà uguale!
Oppure no!
Da qui alle elezioni molti avranno capito che il nemico da distruggere non è soltanto il Covid!
Condivido nel merito le parole di Daria gentili.
Chi ha preceduto ha gestito il potere amministrativo in modo sbagliato e , con la complicità di molti falsi oppositori, determinato la caduta dell’impero economico senese.
Non la seguo invece nel metodo. Appellare le persone che la pensano diversamente non è civile, educato, democratico. Tra costoro ci sono molti delusi( ne ho infamiglia un paio) che hanno creduto in un ideale elevato e traditi dalla malagestione sono spaesati, disorientati tra un passato deludente( a dir poco) e un presente che sta ogni giorno tradendo le attese di chi , come me, ha dato loro fiducia, anche trasformando un gioiello antico in un centro commerciale a tutti gli effetti, senza piani operativi per la ricrescita e incompetenti nella cattura delle risorse pubbliche per il pubblico ma solo genuflessi verso i privati x , temo, ritorni personali. Dopo aver lasciato andare alcuni bandi, vediamo se verranno messe in atto le candidature per quello dello sport appena uscito e se saremo ancore distratti dalle canzoncine x le vie del centro.
No Daria, vedo nero at alii, non condivido facce da scikke, per cui non voglio scrivere che questi altri sono facce di merda!
Tra tutti gli scikke salvo, ovviamente, quelli in buona fede ( pochi), ma non i conniventi e quelli con le lingue lunghe come Fantozzi, che anche davanti all’ evidenza, hanno girato gli occhi dall’altra parte, per interesse personale, favori ricevuti, favori sperati etc. etc.
Per quanto riguarda questi altri, come li chiami tu, se faranno male se ne andranno via – come democrazia insegna – ma mai, e sottolineo mai, avranno fatto il danno come quelli che li hanno preceduti.
Spero non ne abbiano più il tempo, auspico una responsabilizzazione ed una coscienza civico-politica che freni la deriva come non é stato fatto prima.