Eretico di SienaLa domenica del villaggio: tante cose, ma NON il coronavirus - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: tante cose, ma NON il coronavirus

Eccoci al consueto appuntamento con la rubrica cultural-domenicale del blog; a costo di avere meno commenti e contatti, oggi si torna alla normalità, con tre argomenti culturali non attinenti al coronavirus (a parte giusto un paio di passaggi): la breve riunione di redazione ha sentenziato in cotal modo; ergo, questa domenica si parte con la notizia (storica) dell’accordo fra talebani e Stati Uniti in Afghanistan; poi, in occasione di una toccata e fuga per una presentazione del mio ultimo libro, una breve riflessione sul centro storico di Grosseto, dal quale si mancava da qualche annetto; per la rubrichetta scolastica, poi, un argomento (polemico, ovviamente), scaturito proprio dalla succitata presentazione grossetana.

Per terminare, quattro Ps di ordinanza (uno sul coronavirus, dai…). Domenica essendo, buona lettura a tutti!

 

AFGHANISTAN: IL NUOVO VIETNAM (E SENZA BOB)

Ebbene, alla fine pare che ci siamo arrivati: Stati Uniti e taliban (perché a comandare, in gran parte dell’Afghanistan, ci sono loro) sembrano essere addivenuti ad una pace (tregua?); la quale legittima in pieno gli studenti coranici nel loro dominio integralista in loco (soprattutto le aree rurali, quelle ove fiorisce la coltivazione dell’oppio, tra l’altro), facendo loro cantare vittoria, e serve a Donald Trump – in piena campagna elettorale, in vista del Big tuesday che ci sarà fra 48 ore – per presentarsi agli occhi della sua base come colui che ha portato via i marines (non del tutto, a dirla fino in fondo) da quel pantano in cui Bush Junior, sulle tristi ali dell’11 settembre, nell’ottobre del 2001 li aveva mandati, e da dove neanche Obama era riuscito a farli andare via (il caso Afghanistan è il più grande fallimento, in politica estera, dell’ex Presidente democratico).

19 anni di guerra, dunque, per cosa? Sì, l’ospite (dei taliban) Osama Bin Laden è stato fatto fuori, ma ben dopo il 2001, e neanche in terreno afghano, ad essere precisi; di portare-esportare la democrazia, lasciamo perdere. Tanti soldi, tante vite umane spezzate (anche italiane, bene ricordarlo), per che cosa? Per consegnare il Paese a chi già ce l’aveva in mano, per quanto si possa dire di “avere”, in un contesto come quello in oggetto, in cui già gli Inglesi (all’apice della loro potenza, fra Otto e Novecento) ed i sovietici (tra il 1979 e il 1989, tra Breznev e Gorbaciov) erano riusciti a vincere manu militari, senza però controllare in modo effettivo il territorio. Con beffa finale: l’Afghanistan che, ormai, dal punto di vista economico, è diventato un grande partner cinese. Eterogenesi dei fini.

A differenza del Vietnam, in questo caso, per questa sporca guerra ventennale (ben più lunga del Vietnam, dunque), pochissimo cinema e ancor meno musica: non è più tempo di Dylan-Baez, ormai; restano il sangue e la crudeltà, e non c’è neanche più qualcuno a sapere tirare fuori grande Arte dalle tragedie…

SPIGOLATURE GROSSETANE…

Un pomeriggio grossetano di fine febbraio, con un inverno che sembra (sembrava) lasciare spazio all’incipiente primavera, dopo qualche annetto di assenza; un’occasione per tornare nei luoghi più significativi: la Cattedrale, per esempio, che rende al massimo grado l’idea della “città nuova” che è Grosseto, che per larghissima parte del Basso Medioevo neanche fu sede vescovile (era Roselle), quindi non meritava neanche l’appellativo di città; una cattedrale piccola, minuta, raccolta, con una facciata che più neomedievale (ottocentesca) non potrebbe essere. Eppure, accanto, una lapide racconta che era lì, un certo Federico II, nel 1225.

Le lapidi, ecco: come tante città non particolarmente ricche di bellezze artistiche e di glorie storiche, Grosseto custodisce al massimo ed al meglio ciò che ha. Meglio di altre che hanno tanto di più. Si gira metà della piazza principale, e si passa davanti a dove Carlo Cassola ha abitato per alcuni anni, per dire: ce lo comunica una targa ad hoc, no? E davanti al Palazzo del Comune, lapidi ovunque: perfino una che celebre le “tristi giornate affricane” di Adua (di cui oggi, 1 marzo, ricorre l’anniversario; correva l’anno 1896).

Faccio qualche metro, ed un giovane – si chiama Francesco, ne approfitto per salutarlo – mi saluta con grande cordialità, dicendo di essere un accanito lettore del blog e premurandosi di accompagnarmi verso il luogo della mia presentazione (Piazza Randolfo Pacciardi, davanti al museo di Storia naturale). Nell’attesa dell’evento, faccio due passi e vado a prendermi un ginseng (caffè) in un bar in cui il proprietario ha affidato la colonna sonora alla musica di Fausto Papetti: è il trionfo dei Settanta, per Zeus…

Grosseto, oggi, ha circa 83mila abitanti, e – mi dicono – più librerie e cinema di Siena, che pure sarebbe città universitaria. La quantità di punti vendita automaticamente non fa qualità, ci mancherebbe; però è quantomeno significativa di una linea di tendenza, questo sì. Anche perchè dopo avere (molto ben) mangiato, tornando sui miei passi, ripasso davanti ad una delle sette librerie locali; sono le undici, ed è ancora ben aperta. Spqg (Sono pazzi, questi grossetani)?

L’ANGOLO DEL PROF: LE GIOVANI (APPIATTITE) LEVE DELLA SCUOLA ITALIANA

Quanto alla scuola italiana che ha tre Regioni con aule chiuse agli studenti per coronavirus (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), e nella quale si sta – a quanto sembra – sperimentando la docenza via web (che sicuramente è cool a bestia), questa domenica mi permetto di aggiungere una breve considerazione, emersa durante la succitata presentazione grossetana de “Il professor Ugo Popolizio”; divenuta, la presentazione, una sorta di seduta di autocoscienza di quotidianità scolastica, ecco che è emersa – non dallo scrivente – una cosa della quale da tanti anni sono convinto.

Riguarda i neo-docenti, o quantomeno la gran parte di loro; ebbene, tutti i docenti presenti a Grosseto erano attempatini (quorum ego, si intende), ma hanno concordato su di un fatto: i giovani docenti, i trentenni per capirsi, sono del tutto appiattiti sul presente come, forse, non era mai stato prima. Accettano senza fiatare tutte le storture della odierna scuola (dal ruolo straripante dei genitori, a quello del Dirigente-manager, e via dicendo), senza battere financo un mezzo colpo.

Polemica stupida, dettata solo dall’astio generazionale verso le new entries? Forse. Incapacità di capire a fondo lo Zeitgeist, lo spirito del tempo? Ci sta tutto, e di più, ma lo spunto andava comunque suggerito, anche perché segna una oggettiva linea di demarcazione, e forte, rispetto ad altri periodi della scuola italiota.

A proposito, per concludere sull’attualità: il coronavirus potrebbe essere preso come subdolo grimaldello per spingere, ancora di più, verso la autentica follia pedagogica (ed antropologica) della didattica digitale (che può essere accettata giusto in tempo di quarantena stretta, non di più); se del caso, i giovani colleghi saliranno sulle barricate con gli altri, si immagina, eh?

Ps 1 La scomparsa della professoressa Sara Ferri, ordinaria di Botanica farmaceutica, studiosa del grande Pier Andrea Mattioli, Presidente dell’Accademia dei Fisiocritici dal 1998 al 2016, addolora la città tutta; una figura di quella Siena scientifica che merita di essere più conosciuta e, in questo caso, ricordata.

Ps 2 Leonardo e l’Uomo vitruviano; un interessantissimo contributo di Emanuele Lugli, sul domenicale del Sole 24 ore del 23 febbraio, ci informa di almeno tre cose importanti: 1) il riferimento più corretto del disegno leonardiano, a livello di ispirazione, è Plinio, più che Vitruvio; 2) la circonferenza fu inserita in un secondo tempo, ma è il quadrato che conta, nell’economia del tutto; 3) l’opera, per quanto celebre e giustamente celebrata, NON è assolutamente perfetta – e Leonardo lo sapeva -, giacché “le braccia alzate sono più lunghe di quelle orizzontali (il che è palese visto che seguono una circonferenza che fa perno sull’ombelico invece che nelle spalle)”. Alzi la mano chi se ne era accorto.

Ps 3 Coronavirus, eccoci qua: venerdì 6 marzo, in Sala storica, se ne parla, eccome se se ne parla; “Il coronavirus tra Scienza e Geopolitica” (sì, perché il virus non è solo un problema medico ed economico: è anche questione geopolitica di primo ordine), è l’ambizioso titolo dell’incontro (che, vista la complessità degli argomenti, inizierà alle 17, anche per dare spazio agli interventi del pubblico); oltre allo scrivente, ci sarà la dottoressa Alessandra Bagnoli.

Ps 4 Per terminare in bellezza, nel centenario della sua nascita, una frase di Charles Bukowsky: “Per andare d’accordo con tutti, basta non averci a che fare”.

Scritta da sobrio o meno che fosse, si tratta di una grande, grandissima verità antropologica…

15 Commenti su La domenica del villaggio: tante cose, ma NON il coronavirus

  1. Un fan dell'Eretico scrive:

    Oh, bravo Eretico: di questo coronavirusse non se ne puole più! Dare il bollettino medico (con eventuali novità scientifiche), descrivere in sintesi lo scenario internazionale, eventuali novità normative: tutto il resto è solo fuffa ansiogena.Che fa più danni del virus stesso.

  2. VEDO SEMPRE PIU' NERO scrive:

    Grosseto più di 80mila abitanti; che Grosseto è più grande di Siena? No di certo perché il territorio comunale di Grosseto è molto più ampio del nostro. Siena ha molti centri popolosi, ma frazioni di comuni limitrofi (San Rocco a Pilli, Quercegrossa, Belverde ecc.) che non fanno numero per Siena, ma ne prendono i vantaggi in quanto vicini al capoluogo provinciale, in certi casi molto più vicini della loro sede comunale. Il comune di Grosseto oltre ad avere più ampiezza comprende delle frazioni moderatamente abitate.

  3. Francesco da Grosseto scrive:

    Contraccambio i saluti e ti ringrazio dell’inatteso e gradevole incontro nella mia città.
    Con sincera amicizia e rivolgendo un doveroso saluto a tuo padre maestro di sapienza negli anni universitari.
    Francesco

  4. Silvia Tozzi scrive:

    Troppo coinvolta dallo psico-virus, l’opinione pubblica è anestetizzata di fronte a tragedie umane vere, vicinissime, ma rese invisibili da chissà quali meccanismi di rimozione. Dopo anni di guerra in Siria, il massimo dell’orrore si è concentrato nella regione di Idlib dove le mire della Turchia si scontrano con quelle del governo di Assad appoggiato dalla Russia. Il territorio è stato sottoposto da entrambi, con motivazioni diverse, a uno sfollamento di massa, in cui i più colpiti sono stati gli obiettivi civili. Con efficienza da guerra cecena, l’aviazione russa si è accanita su ospedali, scuole, interi villeggi, famiglie in fuga con donne e bambini.I massacri vengono giustificati con la presenza delle ultime milizie in lotta contro Damasco, ma in prima linea ci sono milioni di civili. Chi può cerca di scappare oltre il confine turco, e in questi giorni la Turchia reagisce alle proprie difficoltà interne cominciando a spingere verso l’Europa i profughi che già ospita dal 2015 con i contributi europei.Il terrore, umano, dell’invasione è di nuovo l’argomento principale. I primi sbarchi in Grecia vengono respinti con gli idranti e con le botte.
    Forse, tra cinquanta e più anni, nascerà il bisogno di scavare nella memoria dell’esodo di questi giorni, un orrore che non teme il confronto con quelli vissuti nel ventesimo secolo.

  5. manunta scrive:

    Raffa, a fine articolo hai posto la domanda piu’ interessante.
    Panico da epidemia = tassello finale per avvezzare il popolo alla vita virtuale( non virtuosa eehh).
    Sicche’ ci vuole(anche) la scuolina virtuale.
    I trentenni, fatto un calcolo …. si tratta di gente nata quando
    imperava gia’ la playstation, poi a sti’ pori citti (degli anni 90) gli toccaron , nell’ ordine, telefonino e computer fin da adolescenti, reality, e social media.
    Comunque ,nb.,ad avvezzarli cosi’ furono gli attuali 50/60enni.

    Bello e azzeccato l uso del termine appiattiti, eliminata la dimensione sociale , il virtuale e’ su’ schermo a due dimensioni( in attesa degli ologrammi 3d).
    Sicche’ appiattiti antropologicamente , visto che la dimensione sociale( non social eehh) , sta via via sparendo , ma anche appiattiti culturalmente, visto l annichilimento(buona scuolina docet)di studio e conoscenza della dimensione e prospettiva storica.

    Stavolta…..tocca farti i complimenti.

  6. manunta scrive:

    Azzo!!! stanno valutando, bada tra un po’ d ore par che decidano.

    https://www.lanazione.it/cronaca/scuole-chiuse-1.5056440

  7. VEDO SEMPRE PIU' NERO scrive:

    Grande festa di tutti gli scolari italiani per le feste impreviste a causa del coronavirus. Sono nel cuori dei tanti genitori e nonni, quest’ultimi in particolare, che devono fare i salti mortali a gestire i pargoli. Potrebbe essere un’ottima occasione per costringerli a leggere qualche buon libro invece di rimbambirsi alla tele o al pc, o al telefonino. Ultima riflessione sul coronavirus riguardo ai vari consigli che ci hanno propinato i media e cioè neanche un esperto ha proposto, consigliato il divieto assoluto di fumare. Riconosco che sono fissato sull’argomento, ma sappiamo tutti che il fumo, tra le tante cose a cui fa male,indebolisce le difese immunitarie. Forse lo stato perderebbe un bel po’ di soldi per la tassa sul fumo? Chissà. Continuiamo a farci del male.

    • Giacomo rossi scrive:

      Questa volta concordo in pieno!
      Anche se la vendita delle sigarette serve principalmente a contrastare il mercato nero delle organizzazioni criminali, e i proventi sono destinati per la maggior parte al finanziamento delle dcura degli effetti dal tabagismo e in posso,a parte al finanziamento delle università.

      • Flavia scrive:

        Anche io sono d’accordo!
        Ho sempre ritenuto i fumatori persone poco intelligenti…ma vedere un individo che fuma adesso mi fa pensare che sia proprio un deficiente!
        In ù sussulto di “ipernbolia ” esenterei chi si ammala da fumo alcool e droga da cure mediche del ssnn!
        Poi ragiono e desisto

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