La domenica del villaggio: Livorno
Mentre si assiste, con trepidazione, a ciò che sta accadendo in Catalogna (martedì sciopero generale; mercoledì, poi, avvio della procedura di separazione dalla Spagna?), stasera scriviamo di una domenica trascorsa in quel di Livorno: tra Arte, cacciucco, matrimoni gay e santuari pieni di ex voto…
Buona lettura, dunque!
LIVORNO, 20 ANNI DOPO OVOSODO
Sono trascorsi giusto 20 anni, da quando una certa idea di Livorno fu portata sullo schermo, in modo vincente, da un ruspante film di un ruspante (allora) regista labronico, Paolo Virzì: “Ovosodo”, che molti ricorderanno per la capacità di racchiudere in se stesso l’esprit di una città e di una comunità.
Molta acqua è passata sotto i ponti: gli eredi del Pci (nato in loco nel 1921), hanno perso il potere, incredibile dictu; il porto ha subito una mutazione – inevitabile, in 20 anni -, e purtroppo lo scorso 10 settembre è accaduto ciò che tutti abbiamo negli occhi, in zona Ardenza (perché anche a Livorno si è costruito troppo, e perché anche a Livorno si è presa l’abitudine di asfaltare fiumi che poi, ineluttabilmente, si prendono la loro drammatica vicenda).
Però la comunità labronica è sempre capace di stupire: comunità di contrasti, di pennellate variegate, come – quanto al clima – una giornata a Londra, in cui puoi trovare di tutto, dal sole alla pioggia, dal caldo al freddo.
A mezzodì, per dire, troviamo un bel matrimonio gay (Francesco e Yuri), celebrato nel settecentesco Palazzo municipale (che esibisce, accanto all’ingresso, un Bollettino della vittoria navale del 1918, firmato dall’ammiraglio Thaon di Revel, stimolante variatio all’onnipresente proclama “firmato Diaz”); e non solo c’è un matrimonio gay: ci sono svariate bandiere rosse che vengono esposte in segno di saluto e di augurio per gli sposi dagli attivisti di Rifondazione (c’è anche il leader nazionale Ferrero, con barba); una signora – curiosa come lo scrivente, ed a lui accanto – chiede chi sia dei due lo sposo, facendo cadere immantinente un imbarazzato silenzio fra gli astanti. Escono gli sposi, garriscono le bandiere rosse al vento, si intona “Bella ciao” (che c’entra con il matrinonio dei due? E va beh, dai…).
Si arriva in Piazza della Repubblica, davanti alla medicea Fortezza vecchia (iniziata dal Sangallo nel 1521); e lì si scopre – dopo quella rossa e comunista – la Livorno in qualche modo democristiana, comunque incline al compromesso: nella parte lontana dal mare, grande statua omaggiante Ferdinando III “auspice dell’opera onde la città ebbe ricco ristoro di acque salubri”; dall’altra parte della piazza – in totale, sfacciata antitesi – ecco un monumento che smentisce categoricamente il suddetto, innalzato dopo il Plebiscito del 16 agosto 1859. Si celebra la fine del potere “austro lorenese”, che si è reso “incompatibile con l’ordine e la felicità della Toscana”. Par condicio, con spazio per tutti, no?
Ora di mangiare: non lontano da Piazza della Repubblica, in quartiere Pina d’oro (ove fu girato in parte “Ovosodo”), ecco il ristorante da Galileo: il proprietario è originario di Casciana terme, ma il suo cacciucco è considerato – con premi a conferma – fra i migliori di Livorno; mangio contornato di foto, inserite a casaccio: ho alla mia sinistra un’immagine di Ginger Rogers nel 1977, alla Bussola; davanti, il grande portiere Stefano Tacconi, con figlio, a sua volta vicino a biondona scosciata di cui si cela – per pudore? – il nome; in zona, Claudio Villa e Raul Casadei sono i più gettonati, di gran lunga.
Post prandium culturale: c’è da vedere il Museo civico Giovanni Fattori, con i macchiaioli, e non solo (entro il 2017, dovrebbe essere ultimato il Museo di Livorno, in cui confluiranno alcune delle opere presenti qui, in villa Mimbelli: cadente all’esterno, meravigliosa e suntuosa intra moenia); e si viene a sapere che Enrico Pollastrini aveva preparato, a metà Ottocento, un bozzetto preparatorio intitolato “Gli esuli di Siena”, per ricordare l’esilio in terra ilcinese dei senesi che, nel 1555, abbandonarono la città. Il museo è una carrellata di opere fondamentali: i macchiaioli, il divisionismo; Fattori, ma anche l’altro grande livornese Modigliani, per non dire di Plinio Nomellini, che dai ritratti garibaldini passa al neonato Fascismo di “Incipit nova aetas” (1924). Ed il Fattori pittore risorgimentale (“Carica di cavalleria a Montebello”, “Assalto a Madonna della Scoperta”, sulla battaglia campale di San Martino”), in quanti possono dire di conoscerlo davvero?
Lungomare, bagni Pancaldi: cielo grigio, mare scuro; i luoghi della tragedia dell’Ardenza, non lontani. Dopo una salutare pausa ed una bevuta per cercare di placare (indarno) l’arsura del cacciucco, è il momento del gran finale: il santuario benedettino di Montenero ci aspetta.
Luogo stimolante per chiunque, credente o meno: la galleria degli ex voto rappresenta una straordinaria testimonianza storico-antropologica, con i suoi quadretti-bozzetti in cui, dall’Ottocento ad oggi, si offrono alla locale Madonna i ringraziamenti per la scampata morte di questo o quel parente: storie su storie, drammi su drammi. Impossibile restare impassibili, e ci vorrebbe il tempo per leggerli tutti, uno dopo l’altro, e magari scriverne.
Salutiamo dunque Livorno: città ferita, certo, ma la cui vitalità ed il cui vitalismo contagiano; e non c’è bisogno di tragedie, per fare sentire chi scrive un po’ labronico: perché non è facile, passare dal matrimonio gay agli ex voto di Montenero, restando sempre nello stesso posto…
Eh, ma Livorno è così: città per niente toscana, coacervo ante litteram di popoli e culture, contraddittoria e rigorosa, gente ruvida e sagace abituata a patire ma incapace di servire. Ci vado sempre con piacere.
Caro professore
Ho sentoti parlare oggi in televisione, un leader Catalano. Infatto ha prunciato molte volte la paroka libertà. Chiaramente libertà per se, non per il popolo. Specie per gli ultimi nessuna parola di conforto. Bisognerebbe individuare quale potenza finanziaria straniera soffia sul fuoco della libertà, parola vuota che serve solo per ammansire il popolo e renderlo shiavo.
Ma noi dobbiamo guardare a casa nostra e tu sei nel posto giusto. Un bel porto, con uno spazio retrostante, pianeggiante. Insomma un bel bocconcino, se consideriamo il valico di Pontremoli , il valico di Vernio. Autostrada dei due mari in via di completamanto. Si raggiunge bene dallo stretto di Gibilterra, da tutto il nord Africa, e anche dall’asia. E con facilità di raggiungereil centro Europa.
Riguardo alle sciocchezze delle secessioni, il mondo dovrebbe essere diviso in tante piccole città stato per accontentare gli umori di certi capetti, pronti a dare libertà al popolo in cambio di grosse prebende. Noi abbiamo le regioni, ottimo esempio di cattive amministrazioni. Autonomie solo per mettere tasse.
Vedi ptofessore, qulche valle Alpina si può anche cedere. Ma i nostri porti fanno gola e questo te lo dico a ragion veduta, e per questi se non si pone lassima attenzione ci faranno a Brandelli. Verra qualcuno che regalerà la libertà e si prendera tutto.
Lo spirito livornese profondo è molto “da blogger”, e forse l’Eretico avrà visto che la sede del mitico Vernacoliere dista pochi metri dal Comune dove ha assistito al “matrimonio a bandiere rosse”. Niente di strano che ci sia feeling tra lui e la città…
Caro Eretico, solo per farti notare che domenica prossima in quel di Montenero andrà in processione il tuo Arcivescovo preferito, Antonio Buoncristiani. Potresti tornare ed accompagnarlo, tipo chierichetto…
Galileo assomiglia un po’ a Mimì alla stazione a Napoli: ristoranti decaduti, e nel peggiore dei modi.
Ma fai un paragone con qualche ristorante senese che è più divertente: fra l’altro Mimì alla Ferrovia su Tripadvisor è messo ancora bene….
Chi va’ a mangia’ nei posti der trippeadvisor un capisce una sega ,amen.
I Livornesi ex potta budiulo e pocce ,memori della storica scissione
der 29 tengono a battesimo ,la nuova sinistra culaia , cassati potta e pocce rimanegli budiulo , e vendolino sgodicchia a manetta.
Sicche cari mia qui c’ e’ spazio per nuove formazioni sovraniste ,tradizionaliste ,attopate , vegani ,arcigay , mondialisti sorosiani astenersi in quanto gia’ ben rappresentati,vaste praterie aprensi, urge aprire nuovo fronte.
STTTS ,Sinistra Toscana Topa Tradizione Sovranita’. nell ordine o anche a scelta.
Vogliamo essere da meno dei catalani? loro un c hanno una sega ,la crema ,dali’ ,gaudi’ ,e un assessora lesbana che ,mette in rete le foto mentre piscia in piedi ,(roba vera cari mia se un ci credete vi mando i link)
pero’ a voi senesi c’ e’ da favvi l’esame di toscanita’ ,visto che la schifate, (pare che a dimorti gni faccia schifo anche la topa ,ma in pubblico si dichiarano maschioni, i giorno maschioni, la sera nei macchioni)
http://www.libertaddigital.com/espana/2015-07-02/ada-colau-sale-en-defensa-de-su-meona-1276551987/
manunta ,cari besciolini provincialotti con smanie di gente di mondo, vi tiene informati sui fatti del orbe terracqueo
Agueda Banon (nome omen?) portavoce della sindaca barcellonese ada colau
eccola all opera mentre ,si esibisce in una pisciata in piedi,(ovviamente smutandata ,che la chica ci tiene all igiene) per le pubbliche via di murcia.
D altronde voi fate caa’ i cavalli in chiesa ,sicche ,piu o meno siamo li.
Podemos? claro ,tambien podemo mear en la calle,sicche basta lamentarsi di pantaneto, se a questi ragazzotti briachi gonfi ,gli scappa ,dopo tale esempio ,tutti zitti , vor dire che sono avanti , e voi come al solito a lamentarvi, vergognatevi ,retrivi, antichi ,provinciali,perbenisti,bacchettoni.
Che di’ ,come al solito.
Raffa pubblica ,senno sei poco evoluto, e mi daresti una grande delusione.
boia ho padellato di 8 anni ,scissione del 21 , d altronde , mica so’ pecorone rosso come voi, che queste robe le sapete come il pateravegloria.