La domenica del villaggio: due libri, due film et multa alia
Dopo il “salto” di domenica scorsa, oggi puntata doppia per la rubrica culturale del blog: seconda riflessione sui 400 anni dell'”Orlando furioso”; un libro, definitivo, sulla carestia indotta da Stalin in Ucraina (Holodomor, 1932-1933); la recensione dell’ultimo lavoro di Roberto Andò (“Le confessioni”) con Toni Servillo, e qualche parola sul recupero di un capolavoro francese degli anni ’50 (“Ascensore per il patibolo”, di Louis Malle). Per assoluta mancanza di spazio, le rubriche sono rimandate alla prossima domenica.
Buona lettura, dunque!
“ORLANDO FURIOSO”: FINE DEL MESTIERE DELLE ARMI
Torniamo a scrivere del capolavoro di Ludovico Ariosto, a quattrocento anni esatti dalla prima edizione (del primo grande libro pensato per la stampa, come già detto); quest’oggi, dopo avere discettato della concezione dell’Amore nel poema in ottave, spendiamo la nostra riflessione sul passaggio epocale di cui si sente un grande riverbero nell’opera: il trapasso – esecrabile, pernicioso dal punto di vista dell’autore – dall’epopea cavalleresca (che aveva una sua meritocrazia), a quella della polvere da sparo.
Rodomonte è un pagano, un saraceno: ma la sua forza quasi disumana, il suo coraggio, la sua abilità in battaglia, la sua ferocia nel tagliare di netto la testa ai nemici in combattimento, oppure la capacità di colpire i suoi stessi soldati se esitano, sono elementi che vengono vanificati dalle armi nuove. Con le quali, anche il meno forte e coraggioso può annientare chiunque. E questo vale tanto per i saraceni, quanto per i cristiani.
La fine, dunque, del “mestiere delle armi” (copyright Ermanno Olmi), e l’inizio della scalata che ci avrebbe portato a concepire – ed a mettere in azione – i droni: sorta di ippogrifi dell’armamentario contemporaneo…
“LE CONFESSIONI”: UN’OCCASIONE MANCATA
Pomerania, un albergo di iperlusso (poteva forse essere altrimenti?): i pezzi grossi del Fondo monetario internazionale, attorniati da uno strano trio (un monaco, una avvenente scrittrice per bambini, un musicista), si riuniscono prima di annunciare urbi et urbi una manovra economica che renderà ancora più stridente la distanza fra i paesi ricchi e quelli poveri (alla Grecia si fa un esplicito riferimento). Il monaco certosino – un superlativo Toni Servillo – diventa il confessore del dominus del ristretto gruppo (Auteil, anch’egli bravissimo), ma colui che ha in mano i destini finanziari del globo, la mattina dopo la suddetta confessione, viene trovato con un sacchetto in testa: suicidio o omicidio?
I primi 20-25 minuti sono magistrali: Roberto Andò – regista e sceneggiatore – ci conduce in questa atmosfera un po’ alla “Todo modo” (Andò si dichiara discepolo di Sciascia), un po’ alla “Youth”, cui anche la levigatezza di certi movimenti di macchina rimandano; poi il film rischia di perdersi, e di mancare l’occasione che potrebbe scaturire da un’idea di fondo di grande suggestione: pesano certe lentezze (di confessione, forse bastava una); colpiscono certi manicheismi (il peggiore fra i presenti, il più arcigno? Il tedesco, toh…); risalta, infine, un’adesione quasi letterale con la catechesi di Bergoglio, con il monaco che arriva ad ammansire il cane cattivo dell’economista tedesco more francescano…
In un passaggio, l’economista canadese dice agli altri: “Gli abbiamo tolto la speranza, lasciamogli almeno le illusioni”, riferito ai popoli che loro dovrebbero rappresentare. Che dire? Siccome dai monaci – anche dai migliori – non è lecito aspettarsi che riescano oggi a cambiare il mondo, noi sommessamente ci potremmo accontentare che fosse un po’ ripescato il buon Keynes, dall’armamentario di chi di dovere…
UCRAINA: l’HOLODOMOR
Senz’altro è la tragedia, il genocidio più misconosciuto della Storia del Novecento, che in quanto a massacri non si è certo fatta mancare niente: tra il 1932 ed 1933, nell’Ucraina facente parte dell’URSS, Stalin decise di annientare milioni di contadini ucraini. Perché lo fece, prima di inaugurare la stagione – soprattutto interna – del Terrore (1934-1938)?
Ce lo spiega, in modo ineccepibile, uno dei massimi sovietologi italiani, Ettore Cinnella, nel suo “Ucraina Il genocidio dimenticato” (2015, Della Porta, pagg.306, euro 18). Stalin voleva colpire soprattutto il nazionalismo ucraino, la sua voglia di non essere del tutto passivo rispetto ai desiderata della collettivizzazione forzata inaugurata a fine anni Venti; e per colpire il nazionalismo ucraino, bisognava fare piegare la testa ai contadini, riottosi e sobillati dalla Chiesa ortodossa (non a caso, di questi anni sono le distruzioni delle chiese, in Ucraina come in Russia, vedasi la cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca).
Merito precipuo di Cinnella, è anche quello di avere documentato COME l’URSS abbia saputo condannare alla damnatio memoriae questa autentica tragedia, ancora oggi (oggi più che mai, forse) messa da parte, relegata ai non detto della Storia.
Dopo la lettura di questo eccellente libro, provate a chiedervi: se foste ucraini, come fareste a non odiare un Paese in cui, nel 2016, si torna a celebrare Stalin? Colui che costrinse gli ucraini a mangiare sterco di cavallo; o, peggio ancora, a cibarsi l’uno dell’altro…
Ps 1 Domani, XXV aprile, si celebra la Resistenza contro i nazi-fascisti; purtroppo, ci pare che il tutto si trascini con le consuete liturgie, su scala nazionale e locale. E comunque: chi oggi si sente in qualunque forma un continuatore della Resistenza (1943-1945), sia chiaro che ha l’obbligo di difendere con le unghie e con i denti quella Carta che da quella temperie appunto uscì. Tra l’altro, rischiando molto meno di quanto si rischiava – da tutte le parti in causa – in quegli anni…
Ps 2 Una segnalazione, avendolo rivisto lunedì sera al Pendola (ma è presente nella videoteca comunale): quando potete, riprendete (o prendete) visione di un capolavoro noir del 1958. “Ascensore per il patibolo”, di Louis Malle: un film che non vi farà staccare gli occhi dallo schermo, grande o piccolo che sia. Con la colonna sonora di un certo Miles Davis, ed una Jeanne Moreau come forse non si vedrà più.
Ps 3 In settimana, se ne è andato Prince, folletto rock e pop degli Ottanta e dei Novanta. UNa curiosità, su questo poliedrico personaggio che ci ha lasciati a 57 anni (curiosa età, per un musicista dello star-system: né giovane, né vecchio): celebre per la sua voce e per la sua presenza scenica, secondo molti critici era soprattutto un eccellente chitarrista.
Ps 4 Il 26, saranno trent’anni da Chernobyl, a proposito di Ucraina (segnalo, dal Sole 24 ore Cultura di oggi, una veemente pagina del Nobel Svetlana Aleksievic, tradotta da Sergio Rapetti); qualcuno ricorderà che il radioattivo cesio, fuoriuscito in quantità, ci dicevano che sarebbe rimasto in circolo per secoli: qualcuno ne ha sentito riparlare, per caso?
Ps 5 Non ci piace scrivere dei complimenti per i nostri libri (anche se i molti ricevuti per “2019” fanno ovviamente piacere assai); dunque segnalo solo una critica, arrivatami da una ex collega (di Matematica): “Ho letto il tuo libro, ma l’ho trovato troppo ricercato, infarcito di parole anche difficili”.
L’ho ringraziata per averlo comunque letto con la dovuta attenzione; per poi dire, a me stesso: forse c’è del giusto, ma preferisco essere criticato per questo, che essere lodato come capita ad altri narratori, che usano un vocabolario da mediocre studente liceale…
Ps1: nazifascisti, Resistenza e conseguente Carta Costituzionale. Siccome queste cose all’Eretico gliele hanno insegnate lui fa la stessa cosa a chi lo ascolta e lo legge. Bell’Eretico, direte voi, e difatti gli eretici non si dovrebbero schierare ad occhi chiusi con le maggioranze, ma si sa che fra il dire e il fare c’è spesso di mezzo il mare e Siena la Resistenza l’ha sempre festeggiata, quindi perché non accodarsi? Detto questo passiamo ad analizzare i tre punti.
1) Nazifascisti: dovrebbero derivare dal nazifascismo, però questo non è mai esistito sulla faccia della terra. Ci fu il fascismo in Italia dal 1926 al 1943 ed il nazismo in Germania dal 1933 al 1945, ma un’organizzazione politica con quel nome non si è mai realizzata in neanche un millimetro quadrato di mondo.
2) Resistenza: sostantivo che suggestiona alquanto ma che, nel suo significato e proposito storico, andrebbe raccontato meglio. La cosiddetta Resistenza fu fatta dai partigiani italiani che sparavano dalla parte degli eserciti Alleati senza, però, far parte di questi. Ma perché se volevano la stessa vittoria non combattevano sotto la medesima organizzazione militare? In 70 anni di festeggiamenti nessuno ce lo ha mai spiegato, come non è mai stato spiegato il perché gli Alleati li considerassero in una posizione giuridica rischiosa proprio nei confronti dell’Italia. Infatti nel trattato di pace di Parigi gli alleati all’art. 16 pretesero che: “L’Italia non incriminerà né altrimenti perseguiterà alcun cittadino italiano, compresi gli appartenenti alle forze armate, per solo fatto di avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10 giugno 1940 all’entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od aver agito in favore della causa delle Potenze Alleate od Associate”. Insomma, secondo gli Alleati un popolo non può brigare o sparare contro il proprio Stato senza commettere un crimine, avevano ragione oppure no i vincitori a pensarla così? Fate voi.
3)La Carta Costituzionale (repubblicana). Anche questa sarebbe derivata dalla Resistenza. Facci capire, Eretico, ma la Resistenza aveva come scopo quello di sparare ai “nazifascisti” o di togliere la monarchia? Ma come poteva essere contro il Re se prendeva ordini dai governi del Re, che infatti nominarono i vari CLN, CLNAI? La Carta costituzionale del 1946 non chiude con il fascismo (che difatti non c’era più, visto che dal 1943 furono emessi dei decreti che ne abrogarono tutti gli istituti) ma sostituisce lo Statuto Albertino spostando la sovranità e le prerogative regie dal Re al Parlamento. La Carta fu possibile dopo il referendum monarchia-repubblica, spieghiamole meglio le cosine via, che il popolo è giusto che sappia, oltretutto se ci si spende, come scrivi “…continuatori della Resistenza (1943-1945)…”
Strano, mi aspettavo un suo intervento sul ps2 essendo un appassionato di cinema. Ma non ho fatto i conti sulla sua cultura a tutto campo.
questo è il miglior commento dell’anno . fantastico! complimenti! a gente come il signor Fantini è giusto rispondere solo con l’ironia
infatti il sostantivo nazifascista, non definisce l’appartenenza ad una specifica nazione bensì deriva “giuridicamente” dall’aggettivo usato dai tribunali prima militari e poi civili, istituiti successivamente alla seconda guerra mondiale, nella definizione di tutti quei crimini contro l’umanità commessi da militari tedeschi ed italiani appartenenti alle milizie armate della repubblica sociale italiana tra il 1943 e il 1945 nell’Italia occupata dall’esercito nazista(terzo reich).”l’osmosi politica e militare tra ideologie, che, nate con radici diverse, si unirono nella volontà e nell’azione di razzismo antisemita” Cassazione sent. n. 10449 del 2010.”Alla luce dei dati storici e dall’assetto normativo vigente nel ventennio fascista e segnatamente delle leggi raziali, la qualità di fascista non può essere depurata dalla qualifica di razzista e non può essere incontaminata dall’accostamento al nazismo. Le qualifiche di xenofobia, razzismo, violenza ed antisemitismo attengono a principi o valori intimamente connaturati e strutturalmente coessenziali alla ideologia fascista e nazista” cassazione sent. n. 4938 del 2010.
Tornato dall’ingozzata in the country, ringrazio davvero “Bankor” per la precisazione, financo giuridica, del termine “nazifascista” (da sentenza della Cassazione, vedo); in storiografia, è ampiamente accettata da tutti gli storici e studiosi. Fuorché ovviamente da Edoardo Fantini (cui dedica un commento mica male, quanto ad ironia caustica, “A testa alta”).
Quanto alle polemiche su “Bella ciao”, ci torniamo domani, molto volentieri…
L’eretico
Nessuna origine giuridica per il sostantivo “nazifascista”, caro Eretico, al punto che la sentenza richiamata dal tuo amico Bankor non la riporta. Questa parola è persino sconosciuta nei dizionario di politica di Bobbio, Matteucci e Pasquino. In questo testo si passa dal sostantivo ” Multiculturalismo” a “Nazionalismo”, “Nazifascismo” non si trova: è fuffa.
Il sostantivo nazifascista in questa sentenza non si vede, infatti le parole nazismo e fascismo vi sono scritte separate e che l’origine della parola sarebbe giuridica la metti tra virgolette: insomma stai facendo il gioco delle tre carte e difatti non ti firmi con nome cognome, segno che ti vergogni un po’…
La capisco, ma più che vergogna direi anonimato cautelativo, sa le plutocrazie occidentali sono diventate talmente fluide e libertarie che nel contraddittorio, quando si toccano certi argomenti e con i revisionismi che si ripresentano puntuali ad ogni congiuntura negativa, forse e meglio usare un pò di prudenza.
basta attaccare il sig. Fantini! ognuno crede a quello che vuole. io credo ai folletti e alle fate, credo negli alieni e nei fantasmi, perchè lui non deve credere in qualcosa che pensate falso o tendenzioso? siate tolleranti…..
A proposito di Stalin in Italia c’ è ancora chi avrebbe il coraggio di definirsi marxista~ leninista sventolando, SI PROPRIO OGGI 25 APRILE, la bandiera della libertà.
Come ripeto ogni 25 aprile le lotte partigiane non furono proprietà di una parte sola ma fu il legittimo anelito di un popolo che stremato dalla deriva della dittatura, GIUSTAMENTE, imbraccio’ le armi, come più volte detto dal compianto Presidente Sandro Pertini.
Giusto ricordare che Stalin come Hitler come i dittatori latinoamericani, cambogiani,africani, e tutti gli altri sono solo ASSASSINI senza alcuna giustificazione.
W l’ Italia libera e laica.
Caro “Foloso”,
concordo in toto con quanto hai scritto (ricordando il Presidente-partigiano, mai stato comunista in vita sua), augurando buon XXV aprile a tutti, compreso ad Edoardo Fantini, che grazie anche a quella può scrivere ciò che scrive, in piena libertà (domani gli rispondo anche, magari: ora ho da andare ad ingozzarmi in the country et alia).
Orlandino Pacchiani ha ben sintetizzato la querelle giudiziaria (civile) di cui sabato si è parlato nello studio del Superavvocato De Mossi, sulla Nazione di oggi: mercoledì mattina ovviamente ne scriveremo, archiviata Santa Caterina. Ci sarà senz’altro da aspettare, lo sappiamo: ma questa volta l’impressione è che, piuttosto che pagare, si possa riscuotere…
L’eretico
Un unico comando verso i tedeschi: “Arrendersi o perire” (cit. Sandro Pertini)
Caro Professore
Vorrei ricordare che Stalin era pur sempre un prete ortodosso e non fu lui a distruggere la chiesa del cristo salvatore. Ma era nel disegno di Lenin di costruire al suo posto il palazzo dei soviet.
Stalin prese il potere a poco a poco e lo consolido’ nel 1935.
A far abbattere la chiesa del cristo salvatore fu Kaganov. Ma Stalin poté solo salvare alcune opere e impedire di costruire il palazzo dei soviet, ritardando continuamente i lavori. Questo non lo dico per il professore, ma per tutti i cristiani cattolici che ricordino bene. E cerchino meglio.
Era un prete ortodosso? Non ce lo vedo Stalin tutto nero e con la barba e il cappellone in testa. Aveva le idee un po’ confuse in fatto di religione, per quanto riguardava eliminare i propri nemici invece l’aveva chiarissime.
Sul PS 5: a me ‘2019’ è piaciuto. Il linguaggio forbito troppo ricco di parole difficili, meglio, così arricchiamo il nostro vocabolario. Se ci piacesse un linguaggio terra-terra da mediocre liceale saremmo solo degni, o condannati, a leggere i libri di Moccia e simili.
Ma i partigiani dove e come reperirono le armi x la resistenza?
Inizialmente i partigiani si armarono con quello che trovarono, armi abbandonate da soldati in fuga o recuperate negli arsenali dell’ex regio esercito, ma soprattutto, specie al nord, venivano riforniti dagli alleati, che lanciavano dagli aerei centinaia di tonnellate di armi e munizioni.
Andavano per le case a requisire i fucili da caccia. Ho in casa una ricevuta dove “Gastone” (Giovanni Guastalli) e “Viro” (Fortunato Avanzati) presero due fucili al fratello di mia nonna, garantendo che a guerra finita glieli avrebbero restituiti. Non li ha più rivisti.
confermo, è con armi micidiali come la doppietta a cani esterni da caccia di suo nonno sequestrata dal terribile comandante “Viro”, che i partigiani uccisero migliaia di nazifascisti disarmati;
a proposito, siccome l’uso di munizioni spezzate nella caccia all’ungulati è proibito almeno da una trentina d’anni, ha controllato se l’uso in guerra della doppietta a cani esterni di suo nonno caricata a pallettoni incatenati non sia stata una violazione della Convenzione dell’Aja del 1907?
Riguardo al ps 3 Prince era innanzi tutto un grande compositore e polistrumentista ( era in grado di suonare circa 20 strumenti)dotato di grande talento e di grande integrità artistica, al punto che negli anni ’90,durante una causa legale con la sua ex-casa discografica fu costretto a cambiare diverse volte il suo nome d’arte.
E aveva anche un ottimo gusto in fatto di donne, basti ricordare quante e quali artiste donne facevano parte della sua scuderia negli anni ’80…
Un popolo che non riesce a fare i conti col suo passato, distinguendo le persone per bene dai criminali, i valorosi dai codardi, in qualunque campo abbiano militato, indipendentemente dal fatto che abbiano vinto o perso, che abbiano combattuto dalla parte giusta o da quella sbagliata, non sarà mai una nazione.
Questione di Giustizia, che dovrebbe essere sempre e comunque un valore fondante, condiviso, preesistente e superiore a qualunque ideologia.
Emblematica la storia dell’asso degli assi della caccia italiana della seconda guerra mondiale, il maggiore Adriano Visconti, 26 abbattimenti, famosissimo all’estero e da noi praticamente sconosciuto, dimenticato.
Infatti, nonostante sia da sempre un appassionato di aeronautica, me ne parlò la prima volta un amico inglese con la medesima passione.
Se ne avete voglia scoprite da soli perché, leggete qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Adriano_Visconti
Ometto ogni commento per evitare qualsivoglia strumentalizzazione.
Non faccio politica né attiva né passiva.
Come si fa a fare i conti con il passato se gli elementi importanti dei fatti sono continuamente o artefatti o taciuti? Mi spiego, avvocato, lei è il tipo giusto per giudicare il mio scritto. L’8 settembre del 1943 il Regno d’Italia firma un armistizio con gli Alleati, che non vuol dire pace ma tregua: in pratica si è ancora in guerra. Quindi nascono i partigiani che in base alla Convenzione dell’Aja del 1907 sono considerati “illegittimi Belligeranti” e come tali il Codice penale militare del tempo di guerra li considera da fucilare alla schiena (art. 167). Questi partigiani si mettono dalla parte degli eserciti Alleati, i quali sono ancora in guerra con l’Italia sia che si voglia considerare come il Regno del sud ( vedi armistizio) sia con la repubblica Sociale Italiana. Quindi, sempre i partigiani, durante il conflitto sparano a chiunque ritengano di sparare (loro che,secondo le leggi di guerra, non potrebbero sparare a nessuno) sia a militari che civili. Quindi a guerra finita uccidono decine di migliaia di soldati della Repubblica Sociale, fascisti, preti, e proprietari terrieri, violentano le Ausiiarie, ma non verranno mai puniti perché li salverà l’amnistia Togliatti del 1946. Infine nel 1947 finisce la guerra con gli Alleati esattamente come deve finire, cioè con il trattato di pace di Parigi e queste sono le parole che pronuncia De Gasperi di fronte alle clausole che condannano l’Italia: “Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto tranne la vostra cortesia è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato, l’essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione…(omissis) Ebbene, permettete che vi dica, colla franchezza che con un alto senso di responsabilità impone in questa ora storica, a ciascuno di noi che questo trattato è nei confronti dell’Italia estremamente duro…” Ecco, avvocato, è da più di 70 anni che si festeggia questa roba qua, mi dica lei come è possibile condividere se si conoscono bene i fatti.
Fantini”….armistizio che non vuol dire pace,ma tregua”.
Sono sincero che ero incuriosito dal signor Fantini.Ho sbirciato sul suo profilo fbk.Quando ho visto la tipologia di libri che linka sulla sua bacheca mi e’stato tutto piu’chiaro.
Egregio Sig.Bruttini, mi faccia capire la sua perplessità: era sul significato della parola armistizio o sui libri che leggo?
vedo che hai contato le righe. Ora prova a leggerle.
Le ho lette una volta di più e con quella aggiunta adesso le righe che non rispondono ai miei 3 quesiti sono diventate ventidue. Ancora complimenti.
Se si festeggia la Resistenza si deve difendere la Costituzione. Se si difende la Costituzione, che fonda la Repubblica sul lavoro, è necessario realizzare politiche keynesiane.
Tutto questo, finché l’Italia sarà parte dell’UEM ed adotterà come propria moneta l’Euro, semplicemente non è possibile.
La vera scelta di campo, oggi, è questa.
Mi sa che sono l’unica a commentare il film di Roberto Andò. Sarò comunque breve. Mi è piaciuto moltissimo, punto e basta. Se proprio devo trovare qualche difetto, ne avrei trovati un paio.
1) all’inizio del film il doppiatore di Auteil, che mi pare aver letto – anzi intravisto, dato che come al solito gli spettatori burini appena finisce un film si alzano impedendo la visuale a chi vuole leggere i titoli di coda – fosse Luca Zingaretti, era leggermente fuori sincrono.
2) la scena finale di San Francesco e il lupo si poteva omettere.
P.S.: alla tua collega prof di matematica risponderei come il monaco certosino risponde a chi gli dice che tutto si può spiegare con equazioni matematiche, “preferisco le parole alla matematica”.
Il sindaco di Piancastagnaio vieta i canti antifascisti (http://www.lanazione.it/siena/liberazione-piancastagnaio-1.2093953). Ecco le singolari motivazioni: “Sono motivi di libertà, in quanto la festa del 25 aprile, è una festa che coinvolge tutti, non solo determinate categorie di persone.” Cioè, in nome della libertà, vieta di cantare i canti della libertà nel giorno in cui si festeggia la liberazione dal giogo della dittatura. Un personagio amletico. Certo se il livello di tensione etica è questo, tanto vale sostituire il 25 Aprile con la sagra della porchetta.
Groppone, ti dispiacerebbe spiegarci cosa secondo la te sono:
1) una stato di guerra;
2) un territorio occupato da un esercito nemico;
3) una dittatura;
Grazie
Siccome mi poni una domanda retorica provocatoria, ti rispondo provocatoriamente: altri, con scarso successo (compreso l’autore di queste parole che cito, con le quali mise in forma di romanzo la lettera platonica), andarono a Siracusa prima di te: “Volevo avvicinare il tiranno, conoscerlo, misurare l’anima sua, rivelargli una parte della verità e trasformarlo in riformatore […]La morte di Socrate lasciò un vuoto immenso nel mio cuore, ma già avevo capito che ogni cosa aveva un senso, la vita come la morte, e che io dovevo agire secondo quanto mi era stato rivelato e secondo le forze che mi erano state date. Mi ero accorto, nel guardare intorno a me, che i costumi si corrompevano, che il male continuava a fare visibili progressi e che tutti gli Stati, Atene inclusa, erano governati male. Bisognava tutto ripensare e tutto rifare; bisognava anche vi fosse, pensai, un uomo capace col suo esempio di menare a buon fine la pesante impresa” (Vintila Horia, La Settima Lettera). A bene vedere, ci sono mali endemici della società italiana; il regime fascista fu tra i più corrotti e su alcune questioni inerenti il carattere degli italiani, c’è stata una sostanziale continuità tra il prima e il dopo, tanto che suonano incredibilmente attuali le parole celebri di d’Azeglio circa gli italiani che sono ancora da fare: “Gl’Italiani hanno voluto far un’Italia nuova, e loro rimanere gl’Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico la loro rovina; […] pensano a riformare l’Italia, e nessuno s’accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro” . Pasolini, nel celebre articolo sul Corriere intorno scomparsa delle lucciole, individuava, tra gli altri, in questi tratti comuni la essenziale continuità tra fascismo e regime democratico del dopoguerra: “Provincialità, rozzezza e ignoranza, sia delle “élites” che, a livello diverso, delle masse[…]la mancata epurazione, la continuità dei codici”. Tu invochi un principe-filosofo, ma il passato recente che cerchi di ammantare di zucchero filato e levigare tirandolo a lucido con debole retorica ti fornisce solo cortigiani e nani. All’ortigia è meglio dunque se ci vai a farti una granita.
Saluti.
Ventuno righe per non rispodermi. Complimenti.