Magdeburgo, Ucraina, i due Mattei (e Ps natalizio)
Eccoci all’appuntamento prenatalizio con il blog, che – per adesso, almeno – non va in ferie; avremmo voluto scrivere di libri, da comprare e regalare: c’era già un discreto elenco in via di predisposizione, ma poi i vari impegni (i quali hanno fatto tardare la pubblicazione), e soprattutto la sempre cogentissima attualità, hanno fatto optare per tre argomenti, diversi ma importanti. Almeno un Ps prettamente natalizio, comunque, i lettori sotto l’albero bloggeristico lo troveranno, suvvia…
LA STRAGE DI MAGDEBURGO: L’ATTENTATORE FUORI DI TESTA
La strage di Magdeburgo – con l’auto dell’attentatore saudita lanciata in velocità contro la folla del classico mercato natalizio -, con il carico dei 5 morti (4 donne ed un bambino) più il corollario di feriti anche gravissimi, fa ovviamente ripiombare nella paura una popolazione, quella occidentale, la quale già va avanti a forza di ansiolitici e prodotti melatoninici.
Si è inizialmente pensato tutti — quorum ego – al tipico lupo solitario di matrice fondamentalista: era la cosa più logica da fare, non c’è certo da sentirsi in colpa per questo; si viene invece a sapere, da sabato mattina, che l’attentatore è sì un saudita (come 15 dei 19 attentatori delle Torri gemelle, si badi bene), ma che è un dissidente del regime saudita – quello che garba tanto a Renzi e non solo a lui -, insomma l’assassino è ferocemente contro l’Islam radicale.
Psichiatra (sic), si diceva illo tempore di sinistra, e per anni ha aiutato le donne islamiche alle prese con problemi psicologici e burocratici; ultimamente, si era avvicinato all’estrema destra di AfD, contro il presunto buonismo della sinistra tedesca (in cui includeva Angela Merkel), a suo dire troppo di manica larga con i visti (scritto da lui, che ne aveva ottenuto uno in Germania, dopo una marea di segnalazioni come elemento pericoloso, nonché una condanna nel 2013!).
Questo 50enne saudita, dunque, più che un lupo solitario islamista, ci appare come uno dei (tanti, tantissimi, purtroppo) autentici dementi solitari, assorbiti dalla bolla “socialista”, davanti alla quale verosimilmente trascorreva lunghe e consecutive ore, a leggere e scrivere farneticazioni (e i servizi tedeschi lo avrebbe agevolmente potuto e dovuto neutralizzare, proprio in virtù di questa sua attività: cosa deve fare uno, più che annunciare di volere fare una strage?): in tutta franchezza, non sappiamo se ciò – il fatto che non avesse collegamenti con la galassia dell’islamismo più radicale – sia rinfrancante o meno. Diciamocela anzi tutta: per la redazione, è parecchio, parecchio peggio così…
RUSSIA-UCRAINA: I CONTENTI PER LA VITTORIA (FORSE) DEL DITTATORE
Forse un po’ distratti dalle contingenze geopolitiche legate al Medio Oriente (in effetti, la dinastia degli Assad, in Siria, era al potere da più di mezzo secolo: l’8 dicembre 2024, comunque la si pensi, è una data assolutamente da libri, seri, di Historia), abbiamo trascurato l’altra guerra, quella che ci riguarda ancora più da vicino, e per tanti motivi.
La situazione è la seguente: il pallino militare è nelle mani di Putin, che avanza nel Donbass più velocemente di prima (quando – a dirla proprio tutta – avanzava lentissimo), ed è sempre meno isolato a livello diplomatico (ieri ha ricevuto il leader della Slovacchia Fico, il più filoputiniano in UE dopo Orban); Zelensky – con un’uscita che non sembra il massimo per galvanizzare i suoi militari – ha ammesso quello che in molti (non solo Travaglio ed Orsini, sia ben chiaro) già sapevano e scrivevano da tempo, vale a dire che la Crimea e la parte del Donbass occupata dai putiniani, stando così le cose, l’Ucraina non ha la forza militare per riprendersele. Il tutto, in attesa dell’insediamento formale di Trump (insediamento previsto per il 20 gennaio: avendo vinto lui, non ci sarà un’altra Capitol Hill di violenza e sangue): un Trump che, pur pronto a compiacere Putin, ha comunque fatto trapelare che non abbandonerà del tutto l’Ucraina, neanche dal punto di vista militare.
Insomma, tutto lascia prevedere che quel 20% della fu Ucraina che Putin ha raccattato invadendola, sarà congelato a suo vantaggio, Zelensky accettante obtorto collo; ma resta il problema di chi controllerà la zona cuscinetto fra la Ucraina russificata e quella indipendente: quali militari potranno andare, a gestire questa buffer zone?
In ogni caso – ed in attesa, ovviamente, di riparlarne ancora – sia consentito dire questo, a chi in questo dicembre 2024 si sta autoglorificando all’insegna del “noi ve l’avevamo detto, che alla fine sarebbe andata così”.
In primo luogo, un elemento concretamente fattuale: rispetto a ciò che Putin avrebbe voluto prendere nel febbraio 2022 (arrivare a Kiev, ed oltre: quello avrebbe voluto dire vincere davvero la guerra), non è andata proprio così (neanche Odessa, per esempio, è stata conquistata): se l’80% dell’Ucraina rimarrà in mano agli ucraini – con o senza Zelensky alla guida -, ciò non è certo cosina da poco (e del clamoroso autogoal putiniano, di avere indotto Finlandia e Svezia ad entrare nella Nato, ci vogliamo ricordare oppure no?).
In secondo luogo, la domanda delle cento pistole, alla quale ovviamente nessuno di quelli che brandiscono oggi il “noi ve l’avevamo ben detto” mai risponderà: perché – leggendo gli Orsini ed i Travaglio del caso – è sempre ravvisabile, da tempo neanche più tanto malcelata, una soddisfazione di fondo per la (parzialissima, peraltro) vittoria di una dittatura (alleata di altre dittature), contro una democrazia (imperfetta quanto lo si voglia, ma certo tale)? Ah, saperlo…
Per concludere: la settimana scorsa, i servizi ucraini hanno fatto saltare per aria, con il tritolo, il Generale Igor Kirillov, responsabile del settore nucleare, chimico e batteriologico dell’esercito russo (azione compiuta a Mosca, e – a nostro parere – del tutto legittima); ciò detto, forse non tutti ricordano che questo brav’uomo, nel 2020, dirigeva e guidava di persona la fatidica operazione “Dalla Russia con amore”, con la quale un gruppo di russi – vestiti in modo militaresco e guidati dal succitato Kirillov, non proprio un luminare della medicina – venne a sanificare qualche ambiente della bergamasca. Un passaggio a dir poco inquietante, sul quale speriamo che la Commissione di inchiesta sulla gestione del Covid sappia dare risposte (ne dubitiamo).
DUE OPEN, DUE MATTEI, DUE ASSOLUZIONI
La settimana scorsa, sarà ricordata come quella della “assoluzione dei due Mattei nazionali”: prima Matteo Renzi, il quale non andrà neanche a Processo per la complessa questione di Open, a Firenze; il 20, poi, al termine di regolari udienze da Stato di diritto, del Ministro Matteo Salvini, per la questione di Open arms (agosto 2019: tempi come al solito troppo lunghi, ma basterebbe capire il perchè).
Fra l’altro, visto che nell’estate del 2019, a capo del Governo, c’era Giuseppi, è un po’ difficile che in qualche modo lui non avesse avallato l’operato del suo stesso Ministro: Travaglio scrive – come di consueto in difesa di Conte – che il Premier era invece in disaccordo totale e gli aveva anche scritto un paio di letterine, in tal senso: visto il risultato, comunque, dopo il fattaccio o doveva fare dimettere Salvini, oppure si doveva dimettere Giuseppi stesso. Rimasto ovviamente incollato come il bostik alla poltrona, nonostante un Ministro dell’Interno avesse fatto il contrario di ciò che voleva lui.
Due Mattei, due Open, due assoluzioni, ordunque.
In ogni caso – e in questo caso concordiamo in pieno con Travaglio – tutto ciò dimostra che la separazione delle carriere sia davvero un falso problema (per non aggiungere altro): c’è una piena, e fisiologica, dialettica fra magistratura inquirente e giudicante, fra PM e Giudici terzi. Tutta questa voglia di cambiamento, dovrebbe fare insospettire i cittadini. Il condizionale è d’obbligo…
Ps Sabato pomeriggio, nella stupenda cornice della chiesa di San Raimondo al Refugio (raro esempio di Barocco esclusivo della città, conclusa grazie a Papa Alessandro VII nel cuore del XVII secolo), si è tenuto un eccellente concerto – natalizio, e non solo -, tenuto dai coreuti della ensemble vocale Ars harmonica, diretta dal maestro Nicola Sodi (lui stesso un basso del coro). Bravissimi loro, e davvero azzeccata la scelta della Fondazione Conservatori riuniti, e dell’immarcescibile Marcello Rustici, di chiamarli per l’occasione.
Un’ora ed un quarto di bellissimo canto, con l’Adeste fideles a concludere, fra gli applausi del pubblico; a sapere un minimo cercare (e non parliamo dell’aspetto filantropico), Natale può essere anche altro, rispetto al “secondo tempo del Black friday”. Tanti auguri a tutti i lettori!
Articolo davvero pieno di spunti. Colgo solo questo, a proposito di Magdeburgo, dicendo che siamo alla solita contrapposizione fra curve ultra, come l’Eretico ha più volte scritto: da parte della destra, bisogna enfatizzare il fatto che questo psicopatico sia comunque un arabo e quindi immigrato, come se gli squilibrati ariani non ci fossero (e come se questo non fosse stato sxchierato con AfD, come il grande Elon). Da sinistra, si ha difficoltà a chiamarlo arabo (o saudita), visti anche i legami aurei fra parte dell’estabhlisment e MBS. L’importante è intrupparsi, il ragionare conta meno…
Un potere forte per sua natura è ingiudicabile & inamovibile.
In Italia ne sono rimasti pochi: uno è la magistratura, un altro la tecnocrazia delle strutture statali (alti burocrati/dirigenti di quirinale, ministeri, banca Italia, agenzie & corti varie).
Re Sergio ed il pd sono i referenti politici.
La separazione delle carriere è un falso problema. Il principio rilevante è la responsabilità: chi sbaglia (oltre una certa misura) deve pagare.
L’attuale governo si è (al momento) salvato dall’attività di logoramento solo grazie allo scudo Trump. Di fronte ad un rapporto privilegiato con gli USA e con l’UE allo sbando i poteri forti nostrani devono giocoforza ripiegare in attesa di tempi migliori.
Comunque un bastano i selfie con Milei. La meloni dovrebbe smettere di vivacchiare e provare a lasciare un segno. Se ha trovato una sistemazione giggino da pomigliano un credo sia un problema per lei ricollocarsi
Auguri di serene festività!
Concordo sul fatto che Putin non abbia vinto la guerra come voleva e che si debba in certo modo “accontentare”…….
altro segnale da non trascurare è il rapporto tra il dittatore ed il Governatore della Banca Centrale Russa,Nabiullina, fino ad ora improntato ad un rispetto del ruolo e senza ingerenze esterne, ma che sta scricchiolando sempre di più ….
sembra che Putin diventi anche economista!
Fausto
Caro Fausto,
hai fatto molto bene a ricordare la svalutazione del rublo: le sanzioni contro la Russia sono state in larga parte un fallimento – come ricordato plurime volte -, ma ora chi ha rubli in saccoccia, scommettiamo che preferirebbe dollari o euro del tanto esecrato Occidente?
Riflessione da notte del 24 dicembre, mentre tanti sono alla Messa natalizia (e fanno benissimo, ci mancherebbe altro): non per fare l’anticlericale di stampo ottocentesco (so benissimo essere tipo umano superato, sic), però qualcuno si chiede quanto costi alle nostre tasche di italiani (non tutti cattolici, soprattutto cattolici praticanti) l’appena iniziato Giubileo (ordinario, peraltro), specie dopo la tragedia di Magdeburgo? Un contributino da parte della Chiesa, non ci poteva magari stare? Guai anche solo a pensare di chiederlo, mi raccomando…
Buon Natale (vale a dire Sol invictus) a tutti i lettori!
Sul caso Magdeburgo il fatto che l’assassino sia arabo c’entra poco, qui si tratta di una persona malata che non è stata seguita e controllata, poteva anche essere tedesco o un europeo qualunque, i gravi reati restano. Anche la perfetta Germania ha dei vuoti nella assistenza ai malati di mente.
Non sono un giurista… ma per mandare a processo un ministro per sequestro di persona quando la nave (che aveva rifiutato due porti) poteva scorrazzare liberamente in tutto il mondo ci vuole una fantasia ‘diabolica’…