Eretico di SienaSchillaci, Medjugorje, Caso Rossi (e 3 Ps) - Eretico di Siena

Schillaci, Medjugorje, Caso Rossi (e 3 Ps)

Eccoci al consueto appuntamento sabbatico con il blog: mentre i poveri romagnoli stanno iniziando a spalare il maledetto fango della terza alluvione dal maggio 2023 (ma saranno certamente allietati dall’inverecondo scaricabarile dei Partiti sulle responsabilità: essendo evidente che le colpe, in misura diversa, sono sia di Roma che di Bologna, possibile che nessuno sia in grado neanche di accennare ad un minimo di autocritica, di grazia?), in questo articolato pezzo non possiamo che riprendere tre temi legati al passato di chi scrive (vuoi per passione sportiva, vuoi per averci scritto qualcosina, di piuttosto importante, sopra).

Correvano gli anni 1990 (Schillaci), 2007 (“L’imbroglio di Medjugorje”),2021 (mio libro sul Caso Rossi)…

 

LA MORTE DI SCHILLACI

La scomparsa di Totò Schillaci a 59 anni, pur purtroppo non certo un fulmine a ciel sereno (ampio spazio era stato dato alla recidiva del tumore al colon), ha colpito un po’ tutti: chi ha l’età per farlo, come può non rimembrare le serate dell’estate 1990, allorquando tutti pensavano che l’Italia di Vicini – con gente come Baggio e Zenga in squadra – avrebbe trionfato al Mondiale italiano, quello delle “notti magiche” di Bennato e della Nannini?

Schillaci partì dalla panchina, come era partito dalla panchina nella vita, figlio della Palermo popolare, calciatore nato in strada (tratto peraltro generazionale: gli attuali 50- 60enni, sono tutti “figli della strada”, calcisticamente parlando), e poi diventò, insieme al succitato Baggio (Zenga cadde in disgrazia per l’errore su Caniggia, si ricorderà) l’emblema positivo della quasi vittoria (terzo posto).

Permettetemi un ricordo personale: a vedere Italia-Uruguay, quando Totò gonfiò letteralmente la rete uruguagia con il suo goal decisivo, io ero nella curva dietro alla porta, e potete immaginare la gioia irrefrenabile che mi seppe dare. Gioia, vissuta dal vivo, di cui devo ancora ringraziare Roberto Marini, il quale si fece impeccabile organizzatore di una macchinata di virgulti selvaioli  (allora assai giovani), fra i quali – oltre ovviamente al figlio Stefano – c’eravamo io e Lorenzo Guasparri; arrivati al parcheggio dell’Olimpico, il Bobbe mi fece dono del biglietto, e ci salutò, venendo poi a riprenderci alla fine della partita: servizio perfetto, non saprei cosa altro dire…

Tornando a Schillaci: colse l’occasione più importante della vita, sfruttandola al meglio (fu anche capocannoniere, e secondo al Pallone d’oro, in quel per lui fatidico 1990); poi, fu solo un lento ma inarrestabile declino, pur lusingato dagli yen nipponici: forse inevitabile, per chi arriva troppo in alto. Come si fa a restare sui livelli di quell’estate, di quelle partite, di quelle reti che ne avevano fatto un neo Pablito, di estrazione però meridionale e proletaria?

Da sottolineare che tanti, i quali oggi lo ricordano con affetto (magari anche sincero, non vogliamo eccepire), sono quelli che, 30 anni fa, lo insultavano con ferocia – dalle curve avversarie, e non solo dalle curve -, ricordandogli, ad ogni tocco di palla, di essere un terrone, nonché della notoria vicenda di microcriminalità che coinvolse il fratello.

Il penultimo Totò – quello dei capelli all’improvviso rinfoltiti, dell’Isola dei famosi (2004), per capirci – ci piaceva meno, ma tanto è, anche perché comunque il tutto era affiancato da lodevoli iniziative per i giovani palermitani. Totò, fra l’altro, era nella clinica privata in cui fu arrestato il boss dei boss, Matteo Messina Denaro, in quella mattina di gennaio 2023: entrambi lì per i loro gravi problemi di salute, ma due simboli ben diversi di una Palermo, come sempre, poliedrica e dalle mille sfaccettature…

 

IL VATICANO SULL’IMBROGLIO DI MEDJUGORJE

Non cambia di fatto niente a Medjugorje: il Vaticano ha preso l’unica decisione, dal suo punto di vista, che potesse ragionevolmente prendere. I frutti spirituali della devozione mariana di Medjugorje vanno bene – sostiene la nota resa pubblica giovedì dal Cardinale Fernandez, previo diretto assenso papale -, ma la soprannaturalità dell’evento resta tutta da verificare (non lo sarà mai, ovviamente); soprattutto: i veggenti è financo meglio non incontrarli neanche: a rigore di principio di identità e di non contraddizione, siamo all’aporia piena, ma qui siamo decisamente in altro campo (l’importante – come detto pubblicamente e scritto tante e tante volte – è non pretendere di trovare, meno che mai a Medjugorje, un’armonia fra fides e ratio).

Papa Francesco non poteva certo bloccare oggi – non lo ha fatto neanche Ratzinger, pur ben informato e convinto dell’imbroglio croato – l’afflusso di milioni di pellegrini, con conseguente ricaduta gravissima sul suo stesso pontificato; si è limitato a cercare di fare comprendere (senza alcun successo, tranquilli) che, in quella pietraia divenuta un Bengodi per gli autoctoni, si è di fronte a degli autentici imbroglioni, i quali dal 1981 sono riusciti a costruirsi un impero di notorietà e soldi, sulla pelle di persone in cerca solo di speranza ed aiuto spirituale.  Financo L’Avvenire di ieri scrive (Luciano Moia, pagina 3), a proposito del “nodo veggenti”, di “tante cose “straordinarie” ancora in attesa di risposte”. Giusto Paolo Brosio, insomma, e coloro che ingrassano ogni giorno il loro portafoglio con i tour (che non sono peraltro mai cessati), possono avere la faccia adatta per cantare vittoria.

Che il Vaticano metta nero su bianco, in una nota ufficiale, che i “veggenti sono da evitare” (il massimo del massimo che un documento pontificio possa scrivere in negativo, sia ben chiaro a tutti), a noi non può che fare piacere: l’avevamo scritto (“L’imbroglio di Medjugorje”, Kaos edizioni, dopo una prima pubblicazione senese con il Betti nel 2006), con un linguaggio molto meno felpato, tanti anni or sono; un imbroglio che ha precise e documentatissime ragioni storiche, fra l’altro, le quali attengono da una parte al contrasto fra il Vaticano di Paolo VI ed i francescani croati, dall’altro affondano le proprie radici nell’ultranazionalismo ustascia (filonazista, per capirsi) croato.

I tempi della Chiesa sono quelli che sono, ma almeno, alla fine, ci siamo arrivati a vedere riconosciuta la non credibilità intrinseca dei sei imbroglioncelli. Fateci dunque godere la soddisfazione, suvvia…

 

CASO ROSSI: LA FAKE NEW DI REPUBBLICA

Torniamo a scrivere del Caso Rossi, dopo una lunga pausa: ci siamo affezionati a questo romanzo di appendice, ed un po’ in effetti ci mancava. In più, il contesto è davvero ghiotto: a breve, partirà sulla Rai – sulla Rai, pagata da tutti noi, sic – il nuovo programma di Antonino Monteleone: vogliamo scommettere che si tornerà a parlare del suicidio del povero David Rossi, in primissima serata?

Ma Monteleone ormai non può più sorprenderci, mentre siamo francamente meravigliati dall’imperdonabile scivolone di Repubblica di ieri (ovviamente, subito ripreso con tono enfatico ed enfatizzante da Dagospia): tal Andrea Ossino  (su Repubblica.it e sul cartaceo, pag. 28) lancia come nuova la notizia (già superata dagli eventi, per così dire) che “il Ris indaga sul killer della camorra”, in merito alla morte di Rossi. Non pago di essere arrivato un po’ in ritardo, il cronista scrive di un “esame antropometrico per comparare il fisico di Giandavide De Pau con quello dell’uomo misterioso ripreso vicino al corpo di David Rossi”: uomo talmente misterioso, da avere nome e cognome (Giancarlo Filippone) da anni. Ne abbiamo scritto non sappiamo quante volte sul blog e nel  nostro libro (“Cronaca di un suicidio annunciato”, Cantagalli, 2021).

Topica clamorosa di Repubblica, dunque; con ciliegina finale: la perizia antropometrica fra i due, è già stata effettuata, e La Nazione del 18 settembre (pag. 5, Laura Valdesi) ne dà ampiamente contezza. L’uomo nel vicolo risulta più basso del De Pau (8 centimetri), ergo “si tratta di due persone differenti, certifica la perizia antropometrica che è stata svolta per conto della commissione parlamentare di inchiesta”. Presidente Vinci (non Leonardo) dixit.

Un altro sgangherato tassello nella fiction sul Caso Rossi, dunque: e noi – come ormai da tempo facciamo – ci godiamo il peccatuccio di gola dei pop corn, assistendo al tutto (con nessuno che – conoscendo la riservatezza del suicida – si ponga mai la domanda: a lui farebbe davvero piacere, tutto questo?).

Se qualcuno volesse fare fermare tutto il carrozzone, abbiamo già detto come sarebbe facilissimo fare: rendere partecipe la famiglia delle spese da sostenere, per indagini che – come sempre più persone hanno finalmente capito – non porteranno mai a niente di niente, se non ad alimentare l’audience delle prime serate…

Ps 1 Voto sull’Ucraina al Parlamento europeo: su questioni così importanti e delicate, sarebbe stato bene tenere una posizione pressoché unitaria e, soprattutto, ben chiara a tutti (al limite, esprimendosi contro l’aiuto militare a Kiev tout court, invece di essere pro, ma votando in maggioranza contro l’articolo 8); invece, dall’esterno appare – come peraltro in effetti è – un’Italietta che sta con l’Ucraina, certo, ma strizzando al contempo l’occhio a Putin. Il consueto capolavoro italiota: quando Putin lancerà le atomiche sull’Europa (vale a dire mai), noi ci salveremo di sicuro. Ah, les italiennes…

Ps 2 La mamma-killer del Parmense: che dire, se non che è un (duplice) delitto a suo modo “politico”, come quello della balneare di Viareggio su cui ci siamo dilungati sabato scorso? Siamo o non siamo nel tempo del cosiddetto “inverno demografico”, di grazia (un “bravo” anche al fidanzatino – principe degli occhi di lince di cui siamo circondati – sia concesso: in effetti, come si fa ad accorgersi che la donna con cui si va a letto è incinta, specie dopo l’ottavo mese)? La studentessa modello si è adeguata: meglio farsi le vacanze ed avere lo spritzino garantito a fine pomeriggio, che non accollarsi la rottura di palline di un figlio: se non è essere al passo con i tempi questo…

Ps 3 Appuntamenti in Sala storica per la settimana ineunte: siamo già ripartiti, con l’ottimo latinista di Unisi Mario Lentano, mercoledì scorso; per lunedì 23 settembre – Sala storica, ore 17,30 – il professor Achille Mirizio ci allieterà con una sua rilettura delle canzoni di Lucio Battisti (recupero dell’evento saltato in Fortezza, peraltro); mercoledì 25, invece, si torna a parlare di Siena, con la presentazione di un libro scritto a più mani – edito da Betti, a cura di Biasion – sul quartiere di Ravacciano: da non perdere, anche per delle foto che ci restituiscono davvero il senso di una socialità che, purtroppo, non ritornerà più…

 

 

3 Commenti su Schillaci, Medjugorje, Caso Rossi (e 3 Ps)

  1. Roberto scrive:

    Sulla ragazza di Parma. Non critico te, caro Eretico. Stiamo parlando di una ragazza di 21/22 anni che fa un gesto inimmaginabilmente tragico. E lo ripete. È una cosa talmente forte, inspiegabile per una mente “normale”. Ci sono meccanismi che scattano nella mente, che è banale condannare, ma a che serve?

  2. Pino Mencaroni scrive:

    Raf,
    non sapevo della cantonata presa da Repubblica sul caso Rossi ma la cosa sorprendente è la quantità di siti web, anche di quotidiani nazionali, che gli sono andati dietro: più semplice copiare che verificare. Un altro paio di giorni e poi si potrebbe passare alla tradizionale fase di chi la spara più grossa.

    • Eretico scrive:

      Caro Pino,
      bentornato sul blog, è sempre un piacere leggerti!
      Che dire? A me – pur ormai avvezzo a pressoché tutto, a livello informativo -, questa clamorosa topica di Repubblica un po’ ha stupito: ma è del tutto evidente che qualche scempiaggine da dare in pasto al popolino, prima di tornare in prima serata con il Caso Rossi, bisogna pur offrirla…almeno Medjugorje ad alcuni offre benefici spirituali, financo qualche sparuta guarigione: qui invece neanche quelli…

      L’eretico

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