La domenica del villaggio: Pinacoteca, Pinocchio, Poltava
Eccoci alla consueta, pur se intermittente causa guerra, rubrica cultural-domenicale del blog; a questo giro, i tre argomenti iniziano tutti con la “P”: Pinocchio, Pinacoteca e Poltava; tre Ps per chiudere, infine.
LA PINACOTECA: CON HEMERY, VERSO IL RILANCIO
Stamattina siamo andati – dopo un periodo, che è sempre troppo lungo rispetto all’ultimo passaggio, ed il “maladetto Covid” ci ha messo del suo – in Pinacoteca, accompagnati financo dall’augusto padre; in modo non prefissato, abbiamo avuto modo di incontrare, nonché di fare con lui una chiacchierata costruttiva, il neo Direttore – arrivato da Tolosa – Axel Hemery.
Oltre che persona disponibile e garbata – la ottima parlata italofrancese aiuta, in tal senso -, per quello che abbiamo potuto sentire dalla sua viva voce, le idee sono tanto chiare, quanto seriamente concrete: il Direttore vuole rimettere mano alle didascalie delle opere (aggiungendo almeno l’Inglese, per Zeus!); vuole potenziare il discorso didattico e l’eventistica in generale (miele, di quello buono, per le nostre orecchie); ha inoltre aggiunto di essere già al lavoro per una opera di gerarchizzazione del “Louvre senese” (espressione nostra, eh), cosa sacrosanta: al turista che visita il museo per un’ora o poco più, bisogna essere in grado di indicare una ventina di opere di valore superiore, impossibili da perdere per dare un senso alla visita. Così come, in effetti, anche al pubblico senese sarebbe fruttifero proporre accessi tematici, invece che generalisti.
Insomma, idee concrete, fattibili, nell’ottica di avvicinare più gente possibile alla Pinacoteca. Da parte nostra, pur sapendo di non dirgli niente che non sapesse già, abbiamo battuto sul più dolente dei tasti, che è una pecca in primissimo luogo del civis senensis medio: il fatto di non conoscere la Pinacoteca, di non esserci mai stato o di non esserci più tornato.
E pensare che gli agganci con l’oggi sono così straordinari, in più di un caso; ne volete uno, di grazia? Che dire del Sano di Pietro del 1455, in cui la Madonna, protettrice di Siena, ringrazia il Papa di allora – Callisto III -, che aveva donato a Siena una cospicua messe di derrate alimentari (entrate a Siena a dorso di mulo, su sacchi contrassegnati dalla Balzana)? Si era in piena carestia: e non si poteva ancora comprare il grano ad Est come oggi (si fa per dire)…
PINOCCHIO: UNA POLEMICA STIMOLANTE
“Contro Pinocchio” (Einaudi, Stile libero, euro 15) è l’ultimo libro, diciamo pure pamphlet, di uno scrittore atipico come Aurelio Picca, eterodosso per eccellenza in un mondo in cui purtroppo il conformismo di fondo è di casa. Bravo, fra l’altro, a creare una piccola, stimolantissima, querelle letteraria, in tempi da questo punto di vista così squallidamente anemici.
Picca picchia duro sul personaggio creato da Collodi, personaggio che inizialmente – nella prima idea del romanzo – avrebbe dovuto peraltro fare tutt’altra fine che non quella edificante che poi è stata consegnata alla storia: Pinocchio si sarebbe dovuto impiccare, ma Collodi giudicò che fosse meglio evitare un finale così drammatico e scabroso. Dal suo punto di vista, bene fece, ma Picca questo – e molto altro – non glielo ha perdonato. Scrive di preferire “I ragazzi della Via Pal”, e financo il tanto bistrattato – non certo da questa redazione, come i lettori attenti ricorderanno – deamicisiano “Cuore”.
In ogni caso, partendo dal fatto – ormai accettato da tutti – che i tre romanzi i quali, volenti o nolenti, hanno plasmato i cives della neonata Italia furono “I Promessi sposi”, il succitato “Cuore” e per l’appunto “Pinocchio”, resta da farsi una domanda; nell’Ottocento, molti scrivevano romanzi pedagogici, per cercare di forgiare l’homo italicus, autentica novità antropologica: abbondava la retorica, ma il piglio era efficace, incisivo, sincero.
Oggi, dopo un Novecento di segno opposto, cosa resta della buona e sana Letteratura pedagogica, se non la vergogna di sé? Ah, già: i cittadini italiani di oggi non ne hanno mica più bisogno, no? Oggi è più facile trovare in libreria un libro sui problemi del sonno dei fachiri, che non un libro schiettamente pedagogico, e a tutti va bene così; noi crediamo, invece, che non turberebbe più di tanto la psiche degli adolescenti, cresciuti a pane e social: chi lo sa scrivere, quel tipo di romanzi, si faccia avanti…
POLTAVA, LA BATTAGLIA
Venerdì l’esercito russo ha bombardato la pista di atterraggio dell’aeroporto di Poltava: nella messe di informazioni che arrivano cotidie dal fronte della guerra, niente di nuovo, e neanche la cosa più drammatica; ma Poltava è un luogo che, per gli esperti di cose russe, ha un significato davvero particolare, un sapore diverso da altre località – magari oggi ben più importanti – interessate dalle operazioni belliche.
A Poltava, infatti, nel luglio del 1709 le truppe dello Zar Pietro il Grande fermarono quella che pareva essere l’inarrestabile avanzata delle truppe svedesi di Carlo XII, dominus di quella Svezia che, assurta al rango di potenza ai tempi della Guerra dei 30 anni (1618-1648), cercava di fare ciò che avrebbero fatto in seguito Napoleone e poi Hitler. Invadere la Russia.
Venendo, però, sempre sconfitti: la Russia – la historia questo insegna – vince, con devastanti costi umani, quando viene attaccata, e può fare valere il clima, l’immenso retroterra e, molto spesso, il numero dei militi; ben diversamente vanno le cose, allorquando è lei ad attaccare. Anche in questo caso, è la historia ad insegnarcelo, solo a conoscerla un po’ (poi – come si sa bene – la questione è ben più complessa, si capisce).
A proposito di Poltava e non solo, segnaliamo il denso “Invincibile Russia Come Pietro il Grande, Alessandro I e Stalin hanno sconfitto gli invasori”, di Andrea Santangelo (uscito per Carocci): uno dei non pochi testi, usciti in questi perigliosi tempi, che a qualche saltimbanco del web, improvvisatosi storico militare, farebbe assai bene leggere e – perché no? – meditare (se non è troppa fatica, si capisce: e verosimilmente lo è)…
Ps 1 Ci ha lasciati l’avvocato Carlo Saracini, un legale che, sin dai Settanta, ha lasciato una impronta importante nell’avvocatura senese; chi scrive, in contesti del tutto diversi l’uno dall’altro, lo ha avuto un paio di volte contro, ed i ricordi – in tutta franchezza – non sono rinfrancanti (illo tempore, si arrivò quasi alle mani). Negli ultimi anni, in occasioni di incontri casuali, ci eravamo almeno chiariti, e le cose si erano assai stemperate; di certo, era un avvocato che interpretava il suo complesso ruolo con passione: questo non lo si può, né lo si deve, disconoscere.
Ps 2 Programma della Comunale, per questa settimana (ore 17,30): martedì, conversazione su Antonio Tabucchi, con lo scrivente e Pino Di Blasio (La Nazione), che tratteggerà il rapporto di Tabucchi con la realtà senese dei Novanta.
Ps 3 Domenica prossima – con partenza da Piazza del Campo alle 10,30, as usual – lo scrivente effettuerà la terza Passeggiata nella Storia, questa volta con tema “Siena durante il Fascismo”. Dopo il grande successo delle due pregresse (sulla visita di Carlo V e sulla Grande Guerra), siamo dunque al terzo appuntamento, con il quarto che riguarderà la Siena del Risorgimento.
Caro Eretico, è un po’ che non scrivo, ma leggo sempre con grande attenzione e piacere, e anche questa domenica gli argomenti sono centrati. Non sapevo del libro sulla Russia da te citato, ma mi interessa molto.
Su Pinocchio, non saprei proprio cosa dire, mentre interessante è questo programma del nuovo Direttore della Pinacoteca. Scusami, passami questa battuta: abbiamo sentito qualche cosa da Hemery, ora aspettiamo il programma culturale del neo Assessoire…
In proiezione dell’ 8 marzo 2022, ho avuto occasione di incappare nell’ intervento giornalistico più arguto che abbia potuto leggere da molti anni . Era un pezzo della direttrice della NAZIONE, Agnese Pini . Da coerente femminista non fanatica (mi permetto di giudicare), la direttrice dava il proprio contributo mettendo in guardia le donne da un pericolo che esse corrono, per sé e per la società, nel perseguire in questi anni l’ intento di emergere anche in campo politico, in quanto sul mondo occidentale (l’ unico in cui una problematica di tal fatta abbia pratico senso di porsi) da tempo incombe un inceppamento, dei meccanismi della democrazia, in forza del quale in politica possono prevalere quasi sempre i mediocri ! Siccome la realtà dei fatti, purtroppo, mi persuade in tal senso, non ho potuto fare a meno di ipotizzare che essa abbia contribuito a far muovere Putin nella sfida all’ occidente, tramite l’ Ucraina . Nazioni fondamentali offrono quadri preoccupanti . Negli USA, su 4- personalità in carica dal 2016 fra Presidenti e Vice, solo 1-, Mike Pence, può essere accreditato di sufficiente affidabilità per il ruolo svolto. La Germania presenta un sistema elettorale più simile al nostro; ciò deve indurre a prestare attenzione alle disfunzionalità che vi possano emergere: ebbene lì si è materializzato un elefante in Camera: i governi di larghe intese (Grosse Koalition), senza distinzione maggioranza/opposizione, quando non hanno natura emergenziale provocano gravi danni al paese . Un cimento fondamentale attende l’ Italia tra un anno: le elezioni politiche . Non illudiamoci che la riduzione dei parlamentari da 1000 a 600 automaticamente farà emergere i migliori della società italiana: già la rincorsa generale al sistema proporzionale non lascia presagire niente di buono. Se mi ponessero l’ alternativa tra un nuovo parlamento popolato da personaggi come gli attuali ed altri 5 anni di covid, sarei incerto su cosa scegliere. Pertanto, esigenza minimale per l’ interesse dell’ Italia dovrebbe essere quella dei collegi uninominali generalizzati (non è vero che coincidono solo con sistemi di voto maggioritario). Venendo ai contenuti, personalmente auspico che ci siano in ballo persone che si impegnino ad ancorare l’ Italia ai valori liberal-democratici e quindi all’ occidente, Giappone incluso, il che vuol dire essere strenuamente inseriti nella UE, nell’ EURO e nella NATO, nella piena consapevolezza che sono istituzioni non adatte alle mammolette quando si tratta di difendere gli interessi di ciascun Paese . A questo proposito, una insidiosa forma di antioccidentalismo sta circolando in Italia nella forma di attacco all’ EURO: qualche pifferaio addita la nostra comune moneta come elemento estraneo, sottintendendo che il controllo ne sarebbe in mano ad altri stati, essendo in tale logica (perversa) la BCE solo una prestanome della Germania (anche durante la Presidenza Draghi) e concludendo: quanto bene farebbe alla nostra economia tornare alla LIRA , che, potendo essere svalutata a piacimento della politica italiana, correggeva automaticamente ogni debolezza del mercato: questo almeno nelle favole . Peraltro, il solo vagheggiare di mettere la moneta nazionale direttamente in mano all’ attuale classe politica, pur coadiuvata dalla Banca d’Italia, è idea folle quanto, purtroppo, l’ atomica in mano a Putin. Sì, perchè la moneta, più che svalutata, va difesa: più è sicura, più è forte l’ economia che la sottende. A questo proposito dovrebbe essere educativo quanto accadde nell’ estate 1992, allorché (Primo ministro Amato e Presidente della Banca d’Italia Ciampi, non il ragioniere dell’ ultimo Comune) l’ Italia impegnò oltre 50 mila miliardi nel tentativo di difendere il valore della LIRA, purtroppo vanamente perché la moneta poi dovette essere comunque svalutata in misura tale da condurre l’ Italia fuori dallo Sme.
Mentre parli, l’euro rispetto al dollaro Usa passando da 1.22 di Maggio 2021 a 1.09 di oggi si è svalutato del 10.65%. Non male ti pare? Naturalmente dipenderà dai nostri politici di merda non trovi? Se tu leggessi lo studio di Robert Mundell sulle AVO del 1956 o anche la tesi di Laurea del da te citato Draghi allievo di Federico Caffè, potresti capire, o non capire tante cose, dai un’occhiata anche ai tassi di disoccupazione anni 80 e 90 poi confrontali con gli attuali poi mettici anche le quote salari. Ma che dico parole al vento, tu infilati nei pannicelli caldi del vincolo esterno perché tanto i nostri politici inetti non sarebbero capaci.
Nonostante i nostri riferimenti ideologici sono all’ evidenza molto distanti, non riesco a credere che tu sia effettivamente convinto che la composizione del nostro parlamento, intesa come media delle qualità individuali, sia una variabile indipendente rispetto ai temi economici in senso lato che l’ Italia si trova ad affrontare . Capisco che il tempo è tremendamente poco rispetto al 2023 …
Che ti devo dire, sarà che sono parecchio affezionato all’articolo uno, dunque alla sovranità che appartiene al popolo, tu preferisci invece mettere al riparo le decisioni politiche dal processo elettorale attraverso il vincolo esterno. Trent’anni di antipolitica saranno pur serviti a qualche cosa. Hai letto la teoria delle aree valutarie ottimali? Ecco leggi anche agganci valutari e cicli di Roberto Frenkell così capisci cosa sia capitato in Argentina.
Amici americani, docenti al college, mi dicono che da noi manca l’aspetto pedagogico del ‘debate’ (dibattito). Il dibattito infatti è considerata una materia a tutti gli effetti che fornisce crediti formativi agli studenti. Formare un’opinione e saperla argomentare è infatti un aspetto importante della formazione dei ragazzi.Per quanto tristemente mi ricordi, noi al liceo non solo non avevamo un’opinione, ma non eravamo neanche stiolati ad averne. Anzi, credo che non fosse proprio gradita dagli insegnanti.Uno studente con un’opinione solida e argomentabile può essere pericoloso.Un’ amica britannica che lavora alla Royal Academy of arts, mi chiedeva come mai nelle scuole italiane si dà più importanza a leggere e ripetere I Promessi Sposi piuttosto che formare un’idea o un’opinione.Giro a te questa domanda, sono certa che tu un’opinione ce l’hai, e sono anche quasi certa che difenderai la scuola italiana (che pur troppo invece fa acqua e sforna ragazzi sempre più ignoranti e di poco spessore, ma certamente gli allievi ereticali saranno una felice eccezione).
P.S.: off topico, spero presto scriverai degli orribili fatti di Buchae delle violenze subite dalle donne. Grazie.
Cara “anonima perplessa”,
non difendo assolutamente la scuola italiana, anzi: credo che il rischio sia semmai quello di troppo “debate”, ma cialtronesco e male informato – con docenti che, con le dovute eccezioni, spesso non parlano neanche della guerra -, e di troppo scarsa ripetizione dei Promessi sposi (come sanno i lettori, qui in redazione siamo dei fan del capolavoro manzoniano).
Se ce la faccio, della guerra in Ucraina scrivo stanotte stessa…
L’eretico
Fa piacere che finalmente ci sia una persona competente a dirigere la Pinacoteca di Siena, un piccolo tesoro d’arte colpevolmente trascurato. Durante la mia ultima visita ricordo un senso di quasi abbandono del museo (io e mia moglie eravamo gli unici visitatori). Speriamo che la nuova direzione riesca a migliorare e promuovere la pinacoteca e a dargli l’importanza che merita.