L’Afghanistan, e l’Italietta di contorno
L’unica cosa positiva portata dalla tragedia di Ferragosto in terra d’Afghanistan, è che per qualche giorno si parla e si parlerà di politica estera (che poi, inevitabilmente, si riverbera su quella interna), più che del Covid. Durerà poco, ma intanto così è. Detto ciò, vediamo di fare qualche considerazione – fra le tante che si affacciano a livello neuronale -, nell’ottica di offrire anche solo un granellino di conoscenza ed uno spunto di riflessione in più ai lettori.
LA VIGLIACCHERIA: DELL’OCCIDENTE, MA ANCHE DEGLI AFGHANI
Le immagini da Kabul che abbiamo negli occhi non abbisognano di commenti particolari: hanno solo necessità di essere elaborate e, in qualche misura, razionalizzate. La psiche umana di ciò ha bisogno, in casi come questi. Insieme alla parte emotiva, però, noi siamo impastati anche di una componente razionale, sebbene ormai relegata, molto spesso, sotto le scarpe.
Dunque, non possiamo sottrarci, anche su questo blog, dal cercare di trovare colpe e responsabilità: dobbiamo fare lavorare la Ragione, pur senza farne una dea come in altri momenti storici. Le responsabilità occidentali sono enormi, devastanti, aberranti: con questo climax ascendente, si spera di avere chiarito il tutto, senza alcun fraintendimento. Chi potrà più vedere gli USA come faro della democrazia e dell’interventismo umanitario, per qualche decennio a venire?
Oltre a questo, però, dobbiamo anche porci la questione afghana: mosaico di etnie all’interno dell’Islam sunnita, certo; con i civili che sono vittime, dal 1979, di uno stato di guerra permanente (un sessantenne, per dirne una, non ha praticamente mai vissuto in pace!). Se lo scenario degli Americani e degli altri occidentali è desolante (e – lo ribadiamo – lo è all’ennesima potenza), cosa dire dell’esercito afghano, di grazia? C’è un tabù giornalistico e politico sull’argomento, va bene: ma insomma, i giovani soldati afghani i quali – con pochissime eccezioni, purtroppo – si sono letteralmente venduti ai tagliagole coranici, di loro cosa si deve pensare?
Il Pulchrum et decorum est pro Patria mori sarà certo superato, e ne siamo anche lieti, tutto sommato; non per questo, però, si deve necessariamente cadere dalla padella del nazionalismo esasperato alla brace della viltà sistemica. Onore autentico, quindi, ai pochissimi che, magari solo sventolando una bandiera, onorano fino in fondo la loro terra, ed a coloro che – come accade nel Panshir – ancora combattono; vergogna e vituperio senza fine verso chi, dopo essere stato addestrato e pagato dagli occidentali per anni, di fronte al suo stesso popolo, lo ha consegnato a questi macellai maledetti.
I PARAGONI STORICI
Gli aventi afghani, in effetti, si prestano assai ad andare a pescare riferimenti e precedenti storici di grandissima suggestione; il più gettonato, ovviamente, è quello con l’ultimo elicottero USA che abbandona Saigon (correva l’anno 1975): precedente che ha il merito di essere impietoso, giacché in quel caso le truppe autoctone filostatunitensi avevano resistito da sole ben due anni, al cospetto del nemico del Nord, non due minuti (quando è andata bene) come oggi davanti ai talebani.
Il Generale Petreus, da par suo, ha scomodato Dunquerke, per compararla con l’evacuazione in atto all’aeroporto di Kabul (Dunquerke fu successivo ad una sconfitta devastante, ma fu al contempo il primo passo per vincere la guerra, cosa in Afghanistan ormai impossibile).
L’ex dominus della CIA Panetta – oggi politico democratico -, sul Corriere della sera di ieri (intervistato da Viviana Mazza, pagina 7), nel finale dell’intervista ha ricordato le analogie (ed una differenza) con il fallimento dello sbarco stars and stripes nella Baia dei porci, per rovesciare il regime castrista in fasce: “un piano concepito dalla Cia che si trasformò in un disastro” (detto da lui, che è promanazione della Cia stessa…). Con una formidabile differenza, fra il J.F. Kennedy di allora ed il Biden di oggi: che allora, il Commander in chief non scaricò in alcun modo sull’intelligence o sui militari, ma si addossò la colpa piena del fallimento.
“E fu un grande esempio di come i Presidenti dovrebbero gestire decisioni ed errori”, conclude Leon Panetta. Lui, di origini italiane (calabresi); non certo Biden, che di sangue italiano non ha proprio niente: mentre come mentalità, è italianissimo, anzi un arciitaliano…
L’ITALIETTA DRAGHIANA DI FRONTE AL BIG GAME
Quello afghano è, ancora una volta, un big game, come lo era stato nell’Ottocento fra Russia ed Inghilterra: gli USA che si disimpegnano, la Cina che – tramite il Pakistan, Giano bifronte come spesso gli accade – gli subentra; la Russia che gongola, di fatto riconoscendo i Taliban al potere, mettendo su un altro tassello di riconquista di un’egemonia pregressa (e godendo del fatto che gli Americani sono riusciti a fare peggio di loro prima di andarsene nel 1989, quantomeno a livello di durata: 10 anni i sovietici, 20 gli statunitensi).
In tutto ciò, ci sarebbe anche l’Italia di Draghi: gongolante per i successi sportivi di questa estate da ingordigia di vittorie, quando poi si tratta di gestire una crisi geopolitica di siffatta portata torna ad essere l’Italietta che ben conosciamo. Con Di Maio in bermuda nell’acqua incantata del Salento (insieme ad Emiliano e Boccia), perché – caschi il mondo, caschi la terra -, a Ferragosto come si fa a non farsi un bagnetto con photo opportunity annessa? Con Conte – uno che è stato Premier fino a 8 mesi or sono – che lancia sconsiderati messaggi di apertura ai taliban (da buon devoto di Padre Pio, lui quando vede una barba lunga si inebria a priori?), sconfessato financo dallo stesso bagnante di cui sopra (il quale Di Maio, in versione istituzionale, posta le sue foto al lavoro dal 16). Per non parlare del duello sull’accoglienza (di certo, questi sono migranti umanitari: ovviamente con quote da concertare, ci mancherebbe).
Di fronte a siffatti nani, uno come Draghi non ci vuole molto a capire che faccia come gli pare e piace: il Parlamento non viene convocato (siamo in ferie, no?), gli altri sono come sono, Lui primeggia senza alcun argine politico. La domanda è: c’è da essere contenti, oppure anche no? Di tutto un po’, come spessissimo accade; l’importante è avere almeno capito che Donnarumma, Jakobs e Tamberi sono una cosa, ma nei posti chiave, nei gangli del Potere a decidere delle nostre vite, abbiamo Di Maio, Conte, Speranza, Letta e Salvini. That’s the great problem…,
Ps Già trapelata sul blog, va rimarcata la notizia dell’ingresso imminente della dottoressa Dalla Riva in Unicredit; mentre ieri è arrivata la notizia che, per indorare ulteriormente la pillola ai neoacquirenti, il morituro Monte avrebbe bisogno di un aumento di capitale di 3 miliardini. Ma sì, dai…
Il MPS e il Ministero a Roma (metà anni trenta); Fabio Bargagli Petrucci, Mario Tadini, Luigi Socini Guelfi, l’Arcivescovo di Siena.
E’ una storia da raccontare talmente interessante da meritare un pomeriggio del tipo La Lunga Gioventù.
Parliamone
Di colpo, la tragedia dell’Afghanistan ci butta fuori dal tran tran politico casalingo, con l’esplodere di problemi globali dovuti a cecità e fallimenti delle democrazie occidentali, che aprono spazi d’azione sempre più ampi per governi dittatoriali e sinistre “democrature”. Ma errori, ed orrori, non riescono ancora a soffocare i desideri di libertà, presenti in tutti gli angoli del mondo: soprattutto tra le popolazioni che più di altre hanno sperimentato sulla propria pelle cos’è la repressione. Non si dovrebbe dimenticare, ad esempio, la spettacolare catena umana che nel 50° anniversario del patto Molotov- Ribbentrop attraversò tutti e tre i paesi baltici. Ancora oggi, sono centinaia di migliaia le persone che guardano al pur disastrato Occidente in cerca di un po’ di liberta. E’ un grande paradosso quello che stiamo vivendo.
L’unica cosa che non condivido dell’articolo è questa faccenda della presunta vigliaccheria dell’esercito afgano, mi spiego meglio: sono vent’anni che gli Usa sono sul territorio, sono loro i promotori dell’embrione di società democratica, sono i creatori, gli addestratori ed i finanziatori del cosiddetto esercito afgano: non è che forse in vent’anni si è fatto finta di costruire una società democratica ed un esercito ma in realtà non si è costruito un bel niente? Quando ho sentito Biden incolpare il presunto esercito afgano di essere responsabile della presa del potere dei talebani ho avuto un conato, mi è tornato in mente quel genio di Cadorna che incolpava le truppe italiane della disfatta di Caporetto. Due cose soprattutto mi lasciano poco tranquillo in questa faccenda: primo che non si può fare finta che il trattamento riservato alle donne in quel paese non sia degno del peggior apartheid sudafricano, solo che qui la discriminazione avviene per genere e non per razza e che quindi anche solo le relazioni diplomatiche non credo siano opportune se non per permettere auspicabili corridoi umanitari non dimenticandosi di tutti quelli che hanno collaborato con l’occidente credendo veramente di poter migliorare la propria società e che adesso rischiano di essere torturati e uccisi; secondo il nostro ruolo come Italia: benchè Draghi si sia affrettato ad apostrofare come eroi i nostri caduti come possiamo spiegare ai genitori, ai coniugi ed ai figli che i loro cari sono morti in una guerra giustificata dal fatto che volevamo portare in quel paese la fine della discriminazione delle donne e che adesso siamo costretti al ritiro in fretta e furia lasciando le cose come vent’anni prima? Con questo non voglio gettare nessuna ombra sulla nostra presenza militare che a quanto traspare è stata encomiabile sia per l’impegno profuso che per gli obiettivi raggiunti, purtroppo la mosca tira il calcio che può e sebbene ci siamo ben comportati non siamo stati noi a volere ed a comandare la missione, forse l’alleanza Nato necessita di una bella revisione nel futuro prossimo.
In Afghanistan ci hanno battuto la bocca tutti. I fenomeni storici però vanno letti ‘trasversalmente’, penso che i veri vincitori della guerra siano coloro che hanno incassato i 2300 miliardi di dollari spesi in 20 anni, in primis l’industria bellica, soprattutto americana.
Di Maio ormai mi fa ribrezzo, ma è meglio vederlo al mare che in qualche foto in posa dove finge di fare o contare qualcosa. I politici sanno che se vogliono stare a galla non devono pestare i piedi ai colonizzatori (non solo Usa) e fare quel che chiedono. L’unica via (pacifica) per far fuori questi nani è smetterla di votare i partiti ‘traditori’, cosa che invito a fare sia a dx che a sx, solo di fronte a disastri elettorali i partiti potrebbero adeguare le loro politiche… premiamo i partiti, anche piccoli, che non hanno contribuito allo scempio, documentatevi, ce ne sono.
Never bet against America (W. Buffett). In futuro potrebbe cambiare ma è da considerarsi un concetto al momento valido.
Esce malconcia la narrazione su democrazia e diritti universali. Alla lunga certe tematiche si riducono a vuoto marketing geopolitico (buono per gli europei meno in altre parti del mondo).
Gli eventi sono un educativo schiaffo al covidcentrismo italico: più della protezione da vaccino dovremmo preoccuparci di quella garantita dalla Nato (UE si conferma comunità esclusivamente economica).
La classe dirigenziale è in genere specchio della collettività (come il presidente afgano che fugge).
Evidentemente questi siamo e questi politici meritiamo (a Siena vale doppio: se un Mussari ha attecchito è perché il terreno era predisposto).
Come al solito, mi trovo concorde al 101% con l’Eretico, che ha la capacità di andare al sodo sui problemi più gravi. Qui non si tratta certo di colpevolizzare il popolo afghano in quanto tale (donne e bambini vanno certamente aiutati), ma certo quei 350mila che per anni sono stati discretamente pagati (quelli di Herat in modo indiretto anche dalle nostre tasche di contribuenti italiani) ed addestrati dagli occidentali, credo che due o tre colpi, prima di arrendersi, li potessero anche provare a sparare, per Zeus (come direbbe l’Eretico)! Anche perché chi fossero i talebani lo sapevano tutti, a parte Conte…
Grande Biden! Vero paladino della sinistra progressista!
A grande (reiterata) richiesta trattandosi di storia patria, vi scriverò, in due parti, di come Siena risolse il problema del MPS nel 1936-1938.
Nel 1936 fu emanata la “Legge bancaria ’36” che, fra le altre cose, prevedeva una breve ma significativa modifica allo statuto per le banche di diritto pubblico.
Fino ad allora il consiglio direttivo era composto da 4 consiglieri nominati a Siena e 4 nominati da Roma mentre il Presidente di tale consiglio era nominato a Siena.
La modifica prevedeva che in futuro il Presidente doveva essere nominato da Roma.
Si evince facilmente che le decisioni di carattere economico/politico di evidente spessore sarebbero state prese 5 a 4 a favore di Roma.
Non piacque molto questa cosa a Fabio Bargagli Petrucci, potestà di Siena (il miglior amministratore dai tempi del Cav. Bianchi) ed immediatamente si profuse in viaggi al Ministero per chiedere una deroga per il MPS ma se ne tornò sempre a mani vuote.
La delusione per non essere riuscito nel suo intento e i prodromi della malattia che lo avrebbe portato alla tomba lo convinsero a rassegnare le dimissioni.
Fu nominato potestà Mario Tadini Buoninsegni.
Fine della prima parte
Se lo giudichiamo alla stregua di un esercito diciamo “convenzionale” (cioè a seconda della concezione che noi, occidentali, abbiamo d’un esercito), è innegabile che la resa delle truppe afghane senza combattimenti né alcuna resistenza, ha costituito una vergognosissima diserzione, una mera vigliaccheria.
Ma, trattavasi veramente d’un esercito “convenzionale” ?
A me pare che ci sia proprio da dubitarne. Perché ?
Perché, a differenza della piupparte degli stati occidentali, l’Afghanistan è una costruzione artificiale relativamente recente, un mosaico composto da più etnie (stando alle stime del 2008 della Library of Congress degli Stati Uniti, la popolazione sarebbe cosi’ suddivisa : pashtun: 36%, tagiki : 27% hazara : 15%, uzbechi : 9%, aimak : 4%, turkmeni : 3%, baluchi : 2%, altri, tra cui nomadi Kuchi : 4% — Fonte : Wikipedia), che in passato si sono spesso battute tra di loro.
Quindi, pare lecito pensare che, in questo Stato, non vi sia un vero e proprio sentimento di appartenenza a una “nazione”, a una “patria” e che, per conseguenza, l’esercito afghano, ideato e sistemato dallo stato maggiore statunitense, non fosse nient’altro che un’armata composta essenzialmente da “mercenari”.
Ora, è una cosa nota : il proprio del mercenario è di combattere al servizio di chiunque lo paghi.
Pertanto, tutti questi mercenari, assistendo al completo ritiro delle truppe NATO, sapendo i Talebani, determinati e pericolosissimi, alle porte di Kabul, hanno fatto presto a capire che, a brevissimo termine, non sarebbero verosimilmente più pagati (né nutriti, né forniti di armi e munizioni), e inoltre, considerato che, seppur “nemici”, i Talebani sono comunque fratelli loro di religione (magari con molte dottrine non condivise), hanno pensato e agito come Don Abbondio, cioè innanzitutto “scansandosi dal pericolo” per “salvare la propria pelle” ; insomma, cambiando “casacca” o voltando “gabbana”, “dolce” o “amara” quest’ultima sia…
Da questo punto di vista, i peggiori vigliacchi non sono loro, ma i Governi degli Stati membri della NATO, che non potevano di certo ignorare che le cose sarebbero andate a finire a questo modo, perché essi disponevano necessariamente di tutti i dati e di tutte le informazioni in merito.
Dunque, quando fingono di stupirsi e meravigliarsi del tragico esito del riritiro delle loro truppe, i Governi occidentali (segnatamente il Governo USA) mentiscono “come dei cavadenti” (modo di dire mutato dal francese). Le loro lacrime sono quelle dei coccodrilli.
https://www.corriere.it/video-articoli/2021/08/18/i-talebani-sono-nuovi-narcos-eroina-miliardi-geopolitica/8d708f36-ff7c-11eb-afac-f8935f82f718.shtml
Questo articolo (che sicuramente conoscerete già) mi sembra una lettura molto interessante di quello che succede in Afghanistan
Questo articolo, io non l’avevo visto e quindi la ringrazio per la segnalazione.
In effetti, è un articolo molto interessante e ottimamente documentato, scritto da Roberto Saviano che, in materia di narcotraffici e di narcotrafficanti, se ne intende proprio e che, percio’, è indubbiamente attendibile.
Purtroppo, non direi di lui la stessa cosa rispetto ad alcuni dei suoi scritti in campo politico, specie quelli in cui insulta pesantemente chi la pensa diversamente da lui. Peccato, perché egli è davvero una buona penna…