La domenica del villaggio: Dante, Risorgimento, camminare (e 3 Ps)
Dopo una settimana contraddistinta dalla polemica con il dottor Iantorno (polemica che ci ha fatto perdere tempo prezioso, e ce ne scusiamo con i lettori), eccoci al nostro consueto appuntamento con la rubrica cultural-domenicale del blog; si parte con la presentazione del video su Dante e Siena, che in settimana inizierà a circolare nelle televisioni e on line; dipoi, qualche parola (peraltro, su questo argomento, numquam satis) sul Risorgimento, alle prese con due contemporanei anniversari; per la rubrichetta manzoniana, siamo arrivati al Capitolo XVI: inizia la fuga di Renzo da Milano verso Bergamo, con sosta a Gorgonzola…per concludere, tre Ps.
DANTE E SIENA: UN GIUDIZIO DA RIVEDERE (UN POCHINO, ALMENO)
In occasione del “Dantedì” dell’ormai prossimo 25 marzo, ci siamo magno cum gaudio dedicati a registrare un video (della durata di 40 minuti), con il patrocinio del Comune di Siena, che ha l’ambizione di descrivere il complesso rapporto fra l’Alighieri e Siena; diciamo subito che – nei suddetti 40 minuti – tante tematiche sono state trascurate, per mera mancanza di tempo, ed anche che – in modo del tutto consapevole – si è deciso di quasi non rammentare quella Pia tanto citata, quanto di fatto inutile per aggiungere sostanza al rapporto fra Dante e la allora grande nemica della sua Firenze, dalla quale come risaputo l’Alighieri partì, esule, dopo la doppia condanna del 1302.
Procedendo per tabulas, è davvero così negativo, il giudizio dantesco sulla città di Siena e sulla sua collettività? Ecco, per rispondere a siffatta domanda, un po’ di sano revisionismo – nel senso più nobile del termine – ci sta davvero tutto: la risposta è che, tutto sommato e sottratto, l’Alighieri non fu così duro; corrosivo, sferzante, tagliente, questo sì, e quanto lo si voglia. Ma se si analizza comparativamente la questione, il Sommo verso molti altri popoli (i pistoiesi, definiti “bestiali”; Genova, “piena d’ogne magagna”; Pisa, notoriamente “vituperio delle genti”, per sottacere di Firenze, della sua Firenze), la vanità dei Sanesi non è certo roba da poco, ma si tratta di un giudizio tollerabile, suvvia. E poi, quando per la prima volta scrive della vanità senese (Inferno, Canto XXIX ), con il celebre “Or fu già mai gente sì vana come la sanese?”, Dante affianca ai Senesi i Francesi: beh, un attacco comunque nobilitante, non vi pare?
Oltre a questo, nel video (con letture di terzine qualificanti ad opera di due maturandi del Liceo Galilei, Ginevra Brogi e Francesco Di Cioccio), si parla anche di lapidi dantesche in città: quelle lodevolmente poste dal Comune giusto un secolo or sono, in occasione del seicentesimo anniversario; e qui, tireremo fuori una piccola, grande chicca, conosciuta solo da pochi esperti o appassionati (per la quale ringrazio Alessandro Leoncini, fra l’altro): una di queste lapidi, è del tutto “falsa”. Chi vorrà, vedrà perché…
IL DOPPIO ANNIVERSARIO RISORGIMENTALE
Il Risorgimento, questo sconosciuto: a fronte di passaggi storici che sono stati vivisezionati fino a spaccare il capello, in quanto capaci di suscitare passioni partitiche ed identitarie, il povero Risorgimento, non avendo nessun erede politico più o meno diretto (dicendosi tutti liberali, ovviamente non lo è fino in fondo nessuno, oggidì), è negletto all’ennesima potenza (ed invece, spazio in abbondanza, sul web, alle deliranti tesi dei cosiddetti “neoborbonici”); se il 150esimo dell’Unità d’Italia, dieci anni or sono, si capiva che sarebbe stata gloria effimera, figuriamoci il 160esimo, in piena pandemia: diciamo che il Presidente Mattarella ha fatto il suo, ma nessuno gli è andato dietro.
In più, a scuola, dopo decenni e decenni di retorica risorgimentale agiografica, questo ormai è un argomento da fare – con le lodevoli eccezioni, che sono però tali – in fretta e furia, essendo tra l’altro un contesto che si presta anche al nozionismo; domanda (dello scrivente) classica: quando, in quali anni, furono combattute le “doppie battaglie” più famose (una volta, sic) del Risorgimento, vale a dire Novara e Custoza? Non solo non lo sanno i ragazzi, il dramma è che molto spesso non lo sanno neanche fior di professori…
A proposito, volendo aiutare chi si stesse spremendo i neuroni (Novara ci entra, in questo caso): oltre ai 160 anni dalla prima riunione del Parlamento del Regno d’Italia, nel 2021 (8 aprile, per la precisione), ricorrono anche i due secoli, precisi precisi, dal fallimento del primissimo moto insurrezionale, quello piemontese del 1820-1821 (pregnante articolo di Pietro Fornara sul Domenicale del Sole 24 ore del 14 marzo, pagina VII). Peccato che, oggi, Carlo Felice sembri un aggettivo riferito a qualcuno battezzato per l’appunto Carlo, invece di essere additato alla pubblica esecrazione di antiitalianità; e Santorre di Santarosa – fulgido esempio di patriota, invece – rimandi ad una confezione di marmellata.
Fatta l’Italia, c’erano da fare gli Italiani; i quali sono venuti fuori un gran bel popolo, di sfacciati ignoranti delle loro stesse origini…
“PROMESSI SPOSI 4.0”, CAPITOLO XVI: RENZO, IL CAMMINATORE
Il Capitolo XVI del capolavoro manzoniano è il Capitolo dell’inizio della fuga di Renzo: ricercato, quasi un wanted dead or alive, a Milano, deve fuggire dal cugino Bortolo, a Bergamo, allora (1628) facente parte della Repubblica di Venezia; a circa metà della narrazione, arriverà nella osteria di Gorgonzola, ove maledirà la curiosità degli osti ed ascolterà la relazione sui fatti milanesi da parte del ricco mercante, anch’egli di passaggio (ma arrivato a cavallo, lui); ricco mercante, il quale rappresenta il punto di vista – all’insegna del trumpiano law and order – della agiata borghesia mercantile, che vorrebbe passare per le armi il maggior numero possibili di insorti (punto di vista aborrito dal moderato, liberale, Manzoni: anche in questo, degno nipote del Beccaria).
Uno degli elementi più stimolanti del Capitolo è, a nostro modo di vedere, la descrizione della fuga, da Milano (Porta orientale, ovviamente), verso Bergamo, con sosta appunto a Gorgonzola, per la cena; come già si era visto, Renzo non ha mezzi di locomozione, che non siano i suoi piedi e le sue temprate gambe. “Cammina, cammina; trova cascine, trova villaggi, tira innanzi senza domandarne il nome; è certo d’allontanarsi da Milano, spera d’andar verso Bergamo”. E mentre “cammina, cammina”, il giovane montanaro pensa (“un guazzabuglio di pentimenti, di inquietudini, di rabbie, di tenerezze; era uno studio faticoso di raccapezzare le cose dette e fatte la sera avanti”, da ubriaco, all’osteria della Luna piena).
Il suo procedere pedibus calcantibus è assai simile a quello del pellegrino (l’uno animato dalla Fede, lui dal pragmatismo della fuga), e solo apparentemente avvicinabile a quello di noi camminatori odierni; non solo per l’ovvia mancanza di strumentazione geolocalizzante, ed anche di cartellonistica: ma soprattutto perché allora si camminava per mera necessità logistica (salvo forse – come sopra – l’elemento del pellegrinaggio), mentre oggi si cammina, nella stragrande maggioranza dei casi, per sacrosanti motivi fitnici, per non dire direttamente sanitari.
Oggi, dunque, il camminare è una libera scelta, allora era una cogente necessità data dalla mancanza di mezzi (per quelli come Renzo, si capisce); lui, macinava chilometri su chilometri per spostarsi da un posto all’altro; noi, invece, molto spesso maciniamo chilometri per poi tornare da dove siamo partiti: vale a dire a quella macchina, con la quale magari, il giorno dopo, si pretende di arrivare fino a non più di dieci metri dal luogo in cui si lavora (coloro che ancora ce l’hanno)…
Ps 1 Un secolo or sono, nasceva il grande Nino Manfredi; in settimana, fra i vari film riproposti, ci siamo goduti – per la ventesima volta? – quel “Brutti, sporchi e cattivi” di Scola (correva l’anno 1976), in cui Manfredi è un pater familias di straordinario cinismo ed avidità, capace di ribaltare tout court lo stereotipo della povertà da abbinare, in quanto tale, all’onestà morale. Oggi, con la cancel culture e la dittatura del politicamente corretto, si troverebbe un produttore disposto a finanziare un film così?
Ps 2 Nei giorni scorsi, è uscito l’ultimo lavoro di Gabriele Maccianti; in attesa di leggerlo, e poi di presentarlo in futuro con piacere, per intanto lo segnaliamo ai lettori tutti: “Costruire il regime – Fascismo e tradizione a Siena 1925-1943”, pubblicato dall’Accademia degli Intronati, con prefazione di Robertino Barzanti; moltissime immagini, note ben curate as usual, bibliografia, indice dei nomi, pare davvero tutto a posto, ad una primissima occhiata domenicale: piatto ricco, anzi ricchissimo, mi ci ficco!
Ps 3 Abbiamo scritto di Dante (e di Manzoni, eh!), ma non dimentichiamoci che oggi – con un anno esatto di ritardo a cagione della pandemia – sono iniziati gli eventi per il centenario della morte di Federigo Tozzi (on line trovate i vari riferimenti); Robertino Barzanti e Riccardo Castellana primi inter pares, ma insomma, di qui a qualche tempo, anche noi diremo la nostra su Federigo, suvvia.
Visto il momento mi sarei aspettato un ricordo, seppur breve, di Achille Sclavo
Caro Alberto,
ieri ricorreva anche un anno dalla scomparsa del grande Gianni Mura: tutto non si può fare, ed i lettori possono integrare, da par loro.
A Mario: certo, già corretto, e hai fatto bene a puntualizzare.
L’eretico
Veramente, il “celebre” suona:
Or fu già mai/gente sì vana *come la sanese?*
Il tempo di Lorenzo Tramaglino: quando i milanesi venivano chiamati “baggiani” ed erano i “terroni” del Nord Italia. Almeno così diceva il suo cugino Bortolo. Addirittura gli consiglia di non essere fumino con i bergamaschi, di abbozzare, perché li si stava meglio che sotto Milano. Il Ducato di Milano era più povero della vicina Repubblica di Venezia, mica come ora, con la “Milano da bere”, i milanesi hanno la spocchia e la puzza sotto il naso. Sul giudizio di Dante sui senesi sono in linea con quanto scritto. Quelli trattati peggio sono i fiorentini, ma, si sa, l’odio è spesso legato stretto all’amore, causato dal dolore di non potere tornare a Firenze, vicino al “suo” Bel San Giovanni”.
Su Dante ed i Senesi, in attesa di vedere il video dell’Eretico: in effetti, se non ricordo male anche i lucchesi vengono trattati in modo durissimo, e molti altri. Questo giudizio così unilaterale su Siena andrebbe davvero rivisto.
Comunque, gran bel pezzo domenicale (anche sul Risorgimento sono molto d’accordo), quasi al livello delle cose che scrive sui social il dottor Iantorno. Un po’ sotto, anzi, perché Fiorino è inarrivabile, però accontentiamoci…
Per Dante e Siena aspetto di vedere il contributo ereticale, mentre la mia la vorrei dire sul Risorgimento, aggiungendo una cosa a quanto scritto molto efficacemente dall’Eretico: non solo nessun Partito di oggi ha titolo per richiamarsi in alcun modo a quel fondamentale periodo (i 5 stelle quanto ne sanno, per dire?), ma quello che per tutti i sondaggi è il primo Partito italiano, la Lega, è risaputo che, fino alla furba svolta salviniana, era al limite del secessionismo, fra ampolle padane e frescate del genere. Anche per questo Santorre di Santarosa è oggi una marmellata e basta….
bene per Dante! ma dove si vedrà? non ho vISto nessun comunicaTO!
Io ho nel frattempo caricato una riflessione sull’Unesco e i 25 anni (difficili) del sito senese…accesso gratuito al link: https://www.academia.edu/45570526/lUNESCO_E_SIENA_25_ANNI_DOPO_2021_
a PROPOSITO, RAF! Gli Intronati riprendono alla grande on line con incontri culturali: la Biblioteca?
Eccoci: per quanto riguarda l’Alighieri, oggi uscirà il comunicato del Comune ad hoc.
Quanto agli incontri culturali, stiamo predisponendo una serie di eventi primaverili-estivi, en plein air: tra Logge del Papa e Fortezza, ad essere precisi. Meglio posticipare un po’, ma farli in presenza, a mio modo di vedere…
L’eretico
Buon anno a tutti
Mi associo al Cacaccia: l’anno scorso, il 25 marzo bandiere delle Contrade esposte, l'”andrà tutto bene” a destra e a manca. Momento brutto, ma l’attuale è decisamente peggio. Speriamo bene: leggere che il Mazzuoli abbassa i canoni di locazione fino al 50% fa rizzare i capelli.
A proposito, visto dal sito Facebook del Sindaco il video dell’Eretico su Dante. Non mi piace esagerare, ma è a livello senese il più bel lavoro di alta divulgazione culturale mai visto.
Ottimo video di “Dante e Siena”. Questo è veramente CULTURA.
Scrivo per la prima volta al blog del collega Raffaele, per dirgli che ho vissuto in modo più intenso il Dantedì grazie al suo pregevole lavoro su “Dante e Siena”. Io sono in pensione, ma lo raccomando con tutto il cuore ai colleghi che non lo sono: fatelo vedere, ci sono almeno una dozzina di spunti che un docente può trarre dalla visione di questa opera. Davvero complimenti, a colui che non da ora io considero l’effettivo Assessore alla Cultura di Siena, non me ne voglia nessuno.
Riguardo il Risorgimento: un popolo diviso da secoli e dopo vicissitudini tra alti e bassi riunito sotto un’unica bandiera poi qualcuno con l’idea balzana del regionalismo lo rende di nuovo diviso in Regioni, tante quante le sedi ricche di poltrone per i politici del momento. Anche con la pandemia ogni Regione ha fatto la propria politica, senza nessuna collaborazione e coordinamento con le consorelle. Ah già poi ci sono i TAR con quello del Lazio in testa a creare più confusione. Questa è l’Italia di oggi. Il Sommo se vedesse tutto questo non sarebbe certo clemente nel giudizio ed avrebbe ragione. Una riflessione sugli attuali provvedimenti per i vaccini anti covid, all’inizio ci avevano promesso che il blocco sarebbe stato decisamente allentato dopo Pasqua, ora si prevede già di allungarne la durata fino alla metà di aprile. Poi chissà quando saremo vicini a quella scadenza andremo ai primi del mese successivo perché col 25/4 ed il primo maggio ci potrebbero essere degli affollamenti per le relative celebrazioni. Poi dato che vogliamo essere sicuri perché non rinviare alla metà di maggio? E così via. Che ci salvi San Vaccino perché solo quando ci saranno tanti vaccinati forse avremo l’immunità di gregge e forse tutto questo finirà. Intanto purtroppo è stato fatto poco, molto poco e disorganizzato. Intanto l’economia sta morendo e pure tante persone fragili. Povera Italia.
L’Italia di oggi: una donna giudice milanese ha emesso la sentenza di assoluzione per un uomo che nel marzo 2020 durante il blocco totale per il covid era stato fermato dai vigili e per evitare la sanzione amministrativa aveva scritto il falso nella autocertificazione. Dice la bella signora che perché “un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge” e, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo”, previsto dalla Costituzione. Quindi finora ci hanno preso in giro? Il decreti governativi a che servono? I fogli delle autocertificazioni servono per farci gli aeroplanini? Libera uscita per tutti? Viva l’Italia!