La domenica del villaggio: Siria, De Gregori, Mein Kampf (e 3 Ps)
Musica, Storia, Geopolitica, et alia: questo il menù odierno della rubrica cultural-domenicale del blog; si parte con un’analisi di ciò che è accaduto sui cieli della Siria nelle scorse ore; si prosegue con una riflessione su Francesco De Gregori, partendo da un film a lui dedicato; poi, la rubrica scolastica: ed è di “Mein Kampf”, che oggi scriveremo…
Per chiudere, una manciata di Ps culturali, purtroppo con molti lutti da segnalare.
Buona lettura a tutti, dunque!
SIRIA UNDER ATTACK: IL GIOCO DELLE PARTI
La Siria di Bashar al Assad, dunque, è sotto attacco aereo, per mano di una eterogenea forza tripartita (USA, Gran Bretagna e Francia); attacco, per ora, poco più che dimostrativo, nonché così chirurgico da non fare male ad alcuno, e tale da fare uscire vincitori tutti quanti gli attori presenti sul palcoscenico, a partire proprio dall’autocrate siriano che sfoggia platealmente normalità comportamentale (in questa guerra, che è sempre più guerra di immagine), e dice – in questo caso, con ragione – che l’attacco esterno, di potenze occidentali, compatterà il Paese verso di lui.
Da parte degli attaccanti (con Israele che gioca per conto suo, puntando piuttosto all’Iran, uno dei tre grandi sponsor di Assad, insieme alla Russia putiniana ed alla Turchia di Erdogan), a parte il fatto che Trump, di tweet in tweet, aveva annunciato l’uscita, dal teatro siriano, dell’esercito Stars and stripes solo pochi giorni or sono, c’è da aggiungere che è la posizione inglese, ad essere particolarmente complicata dal punto di vista politologico, giacché la Premier May non è passata dal Parlamento, prima di ordinare l’attacco: cosa che in Francia ed in America – Repubbliche presidenziali, con il Presidente che rappresenta anche il dominus delle Forze armate – è del tutto fisiologica, ma a Londra lo è molto, molto di meno.
Nel big game siriano che si è venuto a complicarsi ulteriormente ad inizio 2018, dunque, l’unica cosa certa e garantita è che siamo solo all’inizio; e diciamo questo, allorquando – dopo 6 anni di Guerra civile e per procura, fra potenze altre rispetto a quella siriana – dovremmo invece essere alla fine…
“FINESTRE ROTTE”: DE GREGORI SUPERSTAR
Visto solo in settimana (riproposto dalla meritoria Rai 5), il docu-film “Finestre rotte”, di Stefano Pistolini, una sorta di road movie sull’estate dei 60 anni di Francesco De Gregori, uno dei massimi cantautori (ma lui non ama questa etichetta) del panorama canoro italiano, da almeno 40 anni a questa parte. Chi scrive, da bambino, ha avuto il privilegio di conoscerlo ben presto, il poeta-cantante romano, grazie alla passione musicale materna: è un privilegio, davvero, che si comprende al meglio con il passare degli anni.
C’è un passaggio del docu-film, fra i tanti, che merita di essere divulgato; fra musica e politica, ci sono tutti gli anni Settanta (rectius: tutto il peggio degli anni Settanta): il giovane De Gregori, durante un suo concerto milanese, fu di fatto sequestrato da un gruppetto di esagitati, che inscenarono una sorta di “processo” ad un autore che, oltre a scrivere canzoni politicamente connotate (a sinistra, si capisce), osava scrivere anche canzoni in cui – pensate un po’ – si affacciavano i sentimenti, le delusioni amorose (trattate peraltro in modo molto più profondo e poetico rispetto ad un Claudio Baglioni, che solo l’attuale rincoglionimento collettivo può fare ritenere un autore di livello). Ebbene, De Gregori dice una cosa molto chiara, ricordando quello sgradevolissimo episodio: cioè che lui, a distanza di tanti anni, le stesse canzoni che cantava, le può riproporre, tali e quali, oggi, in ogni suo concerto; quei gruppettari che lo sequestrarono, invece, nel 2018 le stesse cose non potrebbero neanche dirle a mezza voce, quantomeno per senso del ridicolo.
E ascoltare/vedere l’esecuzione di “Generale” – capolavoro insuperato di canzone sulla guerra, antiretorica verso il dulce et decorum est pro Patria mori, ma anche verso la facile retorica antimilitarista – a 1800 metri, vicino ad una malga dolomitica, crea financo un po’ di amarezza: quella di non essere stati presenti, in quel luogo ed in quel momento.
l
L’ANGOLO DEL PROF: CHE “MEIN KAMPF” SIA!
Venerdì mattina, dunque, lezioncina su Hitler ed il “Mein Kampf”; un volume devastante, che proprio per questo va proposto, ovviamente con tutte le contestualizzazioni ed i filtri che sono del tutto necessari, come e molto di più che per altri libri.
Fatta un’introduzione generale sull’opera, ci siamo soffermati su un tipico tema interdisciplinare, quello concernente il legame fra Hitler e la musica di Wagner (non si può dire di conoscere il Terzo Reich, senza conoscere almeno un po’ la saga musical-germanica del musicista in questione); per poi passare, dritti dritti, a ciò che il Fuhrer pensava della scuola nazificata: con la Storia che, all’interno delle aule, doveva essere teleologicamente indirizzata all’avvento della sua figura, e con il ribaltamento del monte ore; almeno un’ora al giorno, infatti, a livello di orario, doveva essere dedicato alla cura del corpo, per evitare “una generazione di gobbi”, come scrive il dominus assoluto del Terzo Reich. Meno ore per le materie tradizionali – sia scientifiche che, soprattutto, umanistiche -, e maggiore spazio all’Educazione fisica: il posto di noi docenti di humanities – per dirla tutta -, sarebbe stato a forte, fortissimo rischio…
Ps 1 Come sempre, non sono mancati i lutti nel mondo della Cultura, in settimana: il grande dantista Saverio Bellomo, stroncato da un infarto a 65 anni, era stato autore di un commento all'”Inferno” (per Einaudi) davvero notevole; per il cinema, se ne è andato Milos Forman (a 86 anni, dopo breve malattia): difficile dire quale sia stato il miglior film del regista ceco. Il più premiato, certo “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, ma come dimenticare “Amadeus”, o “L’ultimo inquisitore”? Aveva in progetto un film sulla Conferenza di Monaco del 1938, rimasto nel cassetto; notizia della penultima ora, è morto anche il grande regista Vittorio Taviani, malato da tempo (fra i due fratelli, era quello che usava portare il cappello). Classe 1929, ha fatto la Storia del cinema italiano, sic et simpliciter.
Ps 2 Ne scriveremo in settimana, ma da subito dobbiamo purtroppo segnalare l’uscita di scena di Giancarlo Galardi: una lunga militanza a sinistra, nonché selvaiolo incontenibile.
Ps 3 Domani, lunedì 16 aprile – Biblioteca comunale, ore 17,30 – Duccio Balestracci e Simone Collavini (Università di Pisa), introducono e presentano il volume Maria Elena Cortese “L’aristocrazia toscana. Sette secoli (VI-XII)”, edito dal Centro italiano studi sull’Alto Medioevo. Opera che – così ci immaginiamo, prima di conoscerla – unirà il rigore della documentazione, alla piacevolezza della lettura.
Caro Professore
La storia dovrebbe aiutare le persone a una riflessione e quindi ad aumentare le proprie potenzialità intellettive. Invece è scritta alla bassezza di una partita di calcio… Quello è primo …quello è secondo…quello è cattivo…quello è buono.
Ecco provo io a dirti perché il popolo Siriaco e iracheno sono stati martirizzati e bombardati perché non democratici….
Supponiamo che una ferrovia a quattro binari partisse dal golfo persico e arrivasse a Tartus nel mediterraneo. E le merci partenti dalle Indie, compreso Indocina arrivassero ai porti del sud europa molto velocemente. Le seguenti nazioni. Indocina India, Iran, Arabia Saudita, Giordania, Siria Irak, Turchia, Grecia, Libano, Egitto Italia, Francia, Spagna, Austria, vedrebbero le loro potenzialità economiche aumentate di una decina di volte. Questo a scapito della city di Londra. Allora si soffia sulle religioni, sulle etnie e si massacrano i popoli. E in aggiunta si fanno sanzioni alla Russia per fermare la Cina e la sua via della seta… Speriamo che questi popoli smettano di odiarsi capiscano il grande gioco e si uniscano…. Chiaro…
Eretico ti piace De Gregori? Come si dice? Tutti i gusti sono gusti. Ce l’hai con Baglioni? Per me i due pari sono; sono solo canzonette. Il primo spesso criptico nei testi, il secondo il solito canzonettaro melodico, ma ci vuole anche quello. Per me l’unico è solo Guccini, insuperabile in tutte le sue cantate, sia politiche che romantiche. Ho letto una biografia di Hitler in cui si dice che non era nemmeno bravo a scrivere e commetteva numerosi errori di grammatica; le bozze del suo capolavoro “Mein Kampf” gliele correggevano i suoi amici di prigionia, in particolare Rudolf Hess. Nella sua carriera politica, quando non otteneva ciò che voleva era uso gettarsi a terra e, se ce n’erano alcuni nella stanza, mordere i tappeti. Strana gente i tedeschi essersi fatti abbindolare da un tipo del genere ex pittore, ex imbianchino. Almeno Mussolini era stato insegnante, giornalista e quindi dotato di una certa cultura. Riguardo al popolo iracheno e siriano si dovrebbe ricordare il famigerato ‘Accordo Sykes-Picot’, in cui, in cambio di un loro appoggio contro l’Impero Ottomano, la Francia e l’Inghilterra promisero agli Arabi la futura formazione di uno loro stato autonomo; cosa che non avvenne, invece ci fu la spartizione territoriale dei pozzi di petrolio tra le due potenze europee. Di questo imbroglio ancora ne paghiamo le conseguenze.
Caro Vedo nero, sul parallelismo De Gregori-Baglioni rabbrividisco e raggelo, ma rispetto il tuo pensiero (anche sui complimenti a Guccini, peraltro); giusti i rilievi sul “Mein Kampf”, che credo di essere uno dei pochi ad avere letto dall’inizio alla fine, illo tempore (non so neanche se sia un merito, eh); e giusto anche mettere l’accento sull’Accordo Sykes-Picot, non c’è dubbio.
L’eretico
Volevo chiedere all’anonimo se Siriaco era un omaggio a De Mita, ma poi mi parlate di canzonette e mi scaldo. Alla facoltà di Aix facevo imbufalire una collega sostenendo che Battisti era cento volte meglio di De André, e ne sono ancora piuttosto convinto. Guccini invece, nonostante possieda un suo autografo con il disegno della locomotiva fattomi all’Enoteca in Fortezza, non ce la faccio più ad ascoltarlo. Baglioni e De Gregori li amo entrambi, grandi ricordi di concerti in Piazza del Campo. Ma poi amori come Jannacci, o Ciampi, o anche un certo Dalla, superano tutto il resto. E la settimana scorsa, in gita a Torino, mi sono pesantemente commosso perché in un ristorante girava il disco di Lilly di Venditti… ma come diceva un altro benemerito, sono solo canzonette.
Più che altro: siamo ancora a De Gregori e i testi criptici? Non c’è niente da capire, come cantava circa 45 anni fa…
Per quanto riguarda il cantautorato italiano concordo su Guccini, che ha dei pezzi invecchiati malissimo (specialmente in versione su disco), per me De Gregori è una spanna sopra agli altri, su De André mi ha francamente annoiato la santificazione postuma. Battiato non è stato ancora citato ma direi che ha un suo posto nel Pantheon. Baglioni decisamente inutile.
Battisti vs De Andrè, de gustibus non disputandum.
Chiedo, ma Battisti ha mai scritto un testo?
Perdoni Lenzi per me non c’è partita trattandosi di due categorie artistiche diverse, è un po’come confrontare un poeta con un musicista interprete.
Battisti scriveva la musica, che in un pezzo mi pare parte preponderante (infatti il suo disco con diversi pezzi musicali era un disco della madonna secondo me, quello seduto sotto un platano ecc ecc). Ok, ma allora smettiamo di dire che De André è un poeta, che secondo me è peggio che bestemmiare in chiesa, e comunque De André per diventare De André ha saccheggiato alla grande da Brassens, Cohen, Dylan et alia. E poi De André è santificato perché piace a sx, Battisti invece era un po’ fascio e quindi si storce il naso. Italietta da canzonette.
Secondo me la musica italiana ha quattro grandi: Guccini, Gaber, De André e De Gregori. A me piacciono in quest’ordine e, come Vedo Nero, penso che Guccini sia insuperabile in ogni tipo di canzone, ma è un fatto di gusti. Invece veder paragonare De Gregori a Baglioni, effettivamente, fa restare di sasso. Detto questo… l’altra sera agli altoparlanti della sala d’aspetto di uno studio medico, imperversava Radio Kiss Kiss; dopo 40 minuti di martellamento di timpani e nervi con Ghali, The Kolors, Alessandra Amoroso e compagnia bella, avrei pagato tutto l’oro del mondo per poter ascoltare Poster.
Beh Guccini, è il migliore, ma De Andrè, Gaber, Dalla ecc. non sono da ignorare ovviamente. Sono creatori di cantate, poesie moderne che fanno pensare. Baglioni come Battisti sono bravi creatori di canzonette che puntano sui sentimenti, fanno piacere, ma restano sulla superficie. Il confronto Guccini ed altri è come dire nella poesia che c’è il “Sommo” Dante in un gradino più alto, ma poi c’è Petrarca, Leopardi, Manzoni, Pascoli, Carducci ed altri Poeti. De Gregori l’ho anche conosciuto dal vivo ad un suo vecchio concerto al momento degli autografi, ai tempi di Generale; si dimostrò un “fricchettone”, molto diverso dall’immagine che dava come cantante, trattava i suoi ammiratori con molta sufficienza e distacco, mi deluse molto e se mi piaceva poco, mi piacque di meno.
E non vogliamo parlare di Bobby solo e little Tony?
Abbiamo capito Lenzi a Lei de André non piace e non tanto per le canzoni che ha scritto piuttosto per le idee politiche.
A questo punto alzo le mani ha ragione da vendere, anzi no,
perché vorrei ricordarle che De André era un anarchico dichiarato e per questo fatto più biasimato che lodato dalla classe politica di sinistra dell’epoca, tanto è che nel 1970 all’uscita dell’album la buona novella dalle colonne dei giornali di sinistra piovvero stroncature a non finire. Di che parla Lenzi? Saccheggi? Se per questo l’intero album non al denaro non all’amore né al cielo riprende l’antologia di Spoon River di Lee Masters se a Lei sembra un saccheggio.
Ne avevo sentite tante su De André ma questa dei saccheggi è davvero la più singolare.
Buona vita.
Forse dovrebbe informarsi un po’ meglio, De André per le musiche (in particolare per gli arrangiamenti) si affidava spesso ad altri artisti: Piovani, De Gregori, Pagani, Fossati. La sua poetica musicale fu profondamente influenzata dagli artisti citati da Federico, omaggiati infatti con cover. È impossibile pensare che un artista “pop” non abbia influenze più o meno marcate e quelle di De André sono evidenti e dichiarate.
Per quanto riguarda il Battisti “fascio” credo che sia una leggenda ormai ampiamente smentita, favorita dai testi non politicizzati e dalla riservatezza dell’uomo.
Si caro, forse Lei non ha letto il mio post, io mi riferivo ai testi e non agli arrangiamenti e alla definizione data da Federico di saccheggio. La forma in questo caso è sostanza.
Saluti.
A me De André piaceva moltissimo, e piace sempre abbastanza. Fra l’altro ebbi la fortuna di vedere dal vivo l’ultima sua tournée, a Pontassieve nell’estate del ’98. La buona novella credo di conoscerlo a memoria, e Non al denaro, non all’amore né al cielo è un disco clamoroso. Via della povertà, Susanne, il gorilla, sono traduzioni di canzoni straniere. E poi Fra, a me m’ha fatto alterare leggere l’ennesima volta che De André è un poeta. E’ un cantautore leggendario, ma non un poeta. Caproni, Montale, Ungaretti sono poeti. E potrei continuare la lista per tre ore. Secondo me c’è molta meno distanza fra Battisti e De André che fra De André e un poeta, poi credo che dormirò lo stesso stanotte.
Non so quanto Federico si riferisse solo ai testi…vorrei comunque sottolineare un punto fondamentale che qui pare sfuggire: quando si parla di canzone “pop” testi e musica sono a mio parere inscindibili. Esempio banale: il succitato Guccini, su disco, ha degli arrangiamenti spesso noiosi che fanno passare la voglia di ascoltarlo, nonostante i testi siano altrettanto spesso significativi. Per me non è corretto separare ed analizzare le due componenti ognuna per conto proprio.
Scusi ma Lei legge i post prima di commentare oppure tira i dadi e poi commenta? Le sto dicendo che io mi riferivo ai testi delle canzoni, le parole, dicendo in primis che battisti non ne scriveva, poi arriva Lei mi suggerisce d’informarmi meglio sugli arrangiamenti perché nella musica pop anche le note hanno la sua importanza, dunque non posso che ringraziarla, questa volta ha indovinato.
Mi sembra che le sia sfuggito il senso dei miei commenti, mi ritiro in buon ordine