La domenica del villaggio: operai, un film, le gite (e svariati Ps)
Eccoci al consueto appuntamento cultural-domenicale del blog, con gli abituali 3 argomenti forti, seguiti da 3 Ps d’ordinanza (ancora su Oriana Fallaci, nonché sulla scomparsa di Folco Quilici); si parte con il parlare di un libro che a tutti raccomandiamo con convinzione, per riflettere sul tema del lavoro nel XXI secolo: “Concetta – Una storia operaia”, di Gad Lerner (Feltrinelli, 176 pagine, 15 euro); poi, la recensione di un film davvero notevole: “Il filo nascosto”, forse – tra le altre cose – l’ultima interpretazione del grande Daniel Day Lewis; per la rubrica “L’angolo del prof”, infine, una riflessione sul tema delle Gite (per capirsi, anche se il formalismo burocratico-scolastico non le chiama più così) all’estero: tutto oro, ciò che luccica?
Buona lettura a tutti, dunque!
DARSI FUOCO, PER IL LAVORO NEGATO
27 giugno 2017: nella sede dell’Inps di Torino nord (non lontano dalla ThyssenKrupp, luogo del drammatico rogo di esattamente dieci anni prima), una donna all’improvviso si cosparge il corpo di alcol, e si dà letteralmente fuoco; faceva l’addetta alle pulizie in una grande birreria di Settimo torinese, in una cooperativa creata ad hoc dagli stessi titolari. Licenziata (senza liquidazione, ovviamente), il sussidio di disoccupazione che le è dovuto ma non arriva per disguidi burocratici, Concetta Candido, sei mesi dopo il licenziamento, giunge all’apice della disperazione. Salvata (da un italiano e da un marocchino, entrambi disoccupati, che le erano vicini), ha ustioni di terzo grado sul 27% del corpo, dopo avere lottato tra la vita e la morte per mesi.
Gad Lerner torna a ciò che meglio gli riesce, cioè la descrizione di quel “Profondo nord” che è stata, forse, la sua migliore trasmissione; con un racconto, dolente e polifonico, che narra una storia tanto drammatica quanto esemplare dell’Italia di oggi, con il mondo del lavoro che è sempre più una giungla; ed in cui la solidarietà, purtroppo ed inevitabilmente, si palesa solo DOPO la tragedia, molto raramente PRIMA: non potrebbe essere altrimenti, allorquando si assiste ad una guerra fra poveri, tra gente che lavora per cercare di tirare avanti senza prospettiva alcuna di attivazione dell’ascensore sociale, con la rabbia e la frustrazione di cui quasi nessuno si fa carico.
Perché il tempo delle lotte operaie è finito, e ognuno fa storia a sé: la lotta di classe è finita – come dice Revelli -, ed hanno vinto i padroni ; nell’anniversario del Manifesto dei lavoratori di Marx ed Engels (febbraio 1848, 120 anni or sono), non possiamo che ripetere ciò che ben sappiamo: la Storia non ha un andamento progressivo, teleologico; a tornare indietro, ci mette spesso meno, molto meno, che ad andare avanti…
“Il FILO NASCOSTO”: L’AMORE COME DOMINIO
Reynolds Woodcock è un brillante e pignolissimo sarto d’altissima moda, nella Londra dei primi anni Cinquanta del Novecento (ma la vicenda, potrebbe benissimo essere ambientata altrove, ed in altri tempi: la sostanza del film ne resterebbe inalterata); è un uomo ricco, di grande successo personale e di indubbio fascino, ictu oculi: oggi forse sarebbe paragonabile ad uno chef di successo, ad un Cracco…
Il film di Paul Thomas Anderson (regista, ed anche sceneggiatore nonché coproduttore) narra la storia d’amore del suddetto sarto – implicitamente violenta, senz’altro tossica, patologica con ogni evidenza – con una cameriera, che diventa poi sua Musa e collaboratrice (senza dovere intralciare il suo genio, si capisce), insieme all’onnipresente sorella-manager.
In questa lotta, non ad armi pari, fra lui e lei, fra uno straordinario Daniel Day Lewis ed una avvenente Vicky Krieps, la vittoria parrebbe dovere arridere senza dubbio alcuno al sarto di gran successo: e così è, infatti, all’inizio; ma poi, pian piano, le cose cambiano: l’ex cameriera di paese, capisce come riuscire a stringere morbosamente a sé l’uomo che ama fino al puro masochismo, togliendogli financo quella patina di insopportabilità domestica che lui si autoritaglia così volentieri. Grazie alla cucina, lei raggiungerà il suo scopo: ma usando la cucina in che modo, scrivere questo non si deve, per non guastare in modo irredimibile l’effetto sorpresa. Effetto che non risiede tanto nel fatto in sé, ma nelle finalità dello stesso…
Un film che, per certi aspetti, ricorda “L’età dell’innocenza” (non solo per la magnetica presenza del protagonista maschile); un uso del colore sapientemente modulato e dosato, a tratti – in taluni primi piani – da ritratto fiammingo; una storia – se non bastasse quanto già detto – che non si dimentica facilmente.
L’ANGOLO DEL PROF: GITE, MA NON PER TUTTI I PORTAFOGLI
Il problema non è certo inedito, tutt’altro: forse però, negli ultimi tempi, si sta accentuando; e comunque, merita di essere affrontato: prendendolo di petto, senza girarci intorno in modo ipocrita.
La programmazione scolastica prevede, per le Medie, settimane (quasi complete) all’estero, con trasferte intraeuropee (Francia, Spagna ed Inghilterra, le più gettonate); alle Superiori, si sfocia, in certi indirizzi, anche nell’extraeuropeo: fino – udite udite! – all’Australia stessa. Per tacere di mezze settimane bianche – non si sa bene con quali finalità didattiche precipue -, organizzate dalle scuole stesse.
Il problema – non c’è bisogno di avere letto l’opera omnia di Keynes per rendersene conto – è il portafoglio: spesso si va oltre il migliaio di euro effettivi; ammesso, e non sempre concesso, che ci siano dei grandi ritorni formativi (ma qui diciamo che i vantaggi per gli studenti ci sono, proprio di qui partendo per la nostra analisi critica), resta una questione, quella appunto del portafoglio: come fa una famiglia non abbiente a finanziare il tutto?
Ecco che naturaliter scatta la selezione classista: all’interno della scuola pubblica, dunque, c’è chi può, e chi non può. Non per il merito scolastico – come si dovrebbe fare -, quanto per le intrinseche possibilità economiche della famiglia; tradendo nel profondo, la ragione di essere della funzione pubblica della scuola stessa.
Ps 1 Domenica scorsa, abbiamo scritto del libro sugli articoli del 1968 della Fallaci; riprendendo in mano il bel volume, in settimana, abbiamo letto un reportage fallaciano su un incontro elettorale di Richard Nixon, nell’auditorium di Disneyland (!), nel corso della campagna elettorale che lo porterà alla vittoria: la cosa forse più notevole (oltre al fatto che gli afroamericani erano chiamati, senza troppi problemi, “negri”…), è che i commenti – critici, a tratti sferzanti – della grande giornalista fiorentina, sono del tutto sovrapponibili a quelli di molti osservatori di oggi verso Trump. Leggere per credere: “…un comizio di Nixon merita di essere visto. Non solo perché le ideologie non vi sono mai discusse: gli americani come Nixon sono tipi pratici e non si perdono mai nei meandri della dialettica e della filosofia che del resto ignorano”. E si potrebbe continuare, ovviamente.
Ps 2 Ci ha lasciato, nella meravigliosa campagna vicino ad Orvieto in cui si era ritirato, Folco Quilici, colui che rese in Italia il documentario opera d’arte: 88 anni vissuti all’insegna della curiosità intellettuale e della alta divulgazione, naturalistica ma non solo; il padre, morì nel famoso incidente aereo (incidente?) in cui, nel 1940, perì Italo Balbo; in tempi in cui i droni erano fantascienza, Folco Quilici iniziò a riprendere dall’alto, dal cielo, nonché sub aqua, da autentico pioniere del suo genere.
Su Siena – lo ricordava Massimo Biliorsi sulla odierna Nazione – resta soprattutto il bel documentario (su commissione, certo) in occasione dei 500 anni della banca Mps. Essendo domenica, non tracceremo impietosi parallelismi fra come la banca sapeva presentarsi all’esterno, al resto dell’Italia, allora, e come si è presentata una quarantina di anni dopo: chi ha orecchie…
Ps 3 Martedì, puntata succulenta de “Il martedì dell’eretico” (Siena tv, ore 20, as usual); dopodiché, ci si ferma per qualche settimana, immergendoci in pieno nella lavorazione di uno speciale cui si tiene in modo davvero particolare: e del quale, ovviamente, diremo sul blog, con dovizia di particolari…
Totalmente d’accordo sull’angolo del prof di oggi. Da tempo mi interrogo sulle modalità di organizzazione delle gite e sulle finalità spesso incomprensibili. Peró a me piace provare a pensare a delle soluzioni, e me ne vengono in mente un paio. Per prima cosa sposterei gite od affini a fine anno scolastico, quando già le famiglie devono sobbarcarsi spese come i campi scuola, prendendo così due piccioni con una fava, soprattutto considerando che i professori dovrebbero avere 32 giorni di ferie ed a me i conti da questo punto di vista continuano a tornare poco. Poi all’organizzazione della gita si dovrebbero prospettare degli esborsi differenziati in base all’isee familiare, qualcosa di simile alle rette per la mensa scolastica. Per me sarebbero soldi ben spesi.
O.t. e me ne scuso, ma: perché oggi il sindaco Valentini ha scelto di tenere aperte le scuole del comune di Siena, senza aver pulito le strade dalla neve (Due ponti con rotonda, e su fino a porta Pispini e Romana) con enormi problemi alla circolazione veicolare? E perché nemmeno ha fatto spargere sale per le strade del centro, anche e soprattutto vicino alle scuole? Insegnanti ed alunni, oltretutto, non necessariamente vengono da Siena pertanto ci sono, nella scuola dalla quale sto scrivendo, forse il 5% degli alunni e pochissimi insegnanti, tutti in ritardo perché fermi per incidenti, tamponamenti, strade impraticabili. Scegliere di tenere aperte le scuole a Siena significa essere CERTI di garantire sicurezza nelle strade e nelle vie del centro storico. La situazione è incommentabile davvero.
Altra cosa,i mezzi pubblici non circolano con regolarità e riferisce un’alunna che a Porta Ovile l’autobus ha sbandato rischiando di finire fuori strada.
Finalmente qualcuno che lo dice apertis verbis: le settimane bianche scolastiche non servono ad una lama dentata!
Mi perdonerà l’eretico se non mi addentro nel commentare il nodo cruciale dell’argomento gite (sul quale peraltro concordo in pieno, soprattutto sul punto che vi dovrebbero essere delle graduatorie di merito per l’accesso, magari anche parzialmente finanziato in base al merito stesso, ai viaggi di istruzione), ma l’occasione mi è troppo ghiotta per sottolineare una faccenda che a a me è sempre sembrata paradossale.
Al di là del fatto che non so se reputare dei pazzi o degli eroi gli insegnanti che accompagnano i ragazzi delle medie in settimana bianca(propendo per la prima ipotesi poichè so per certo che alcuni, credendosi novelli Tomba, si dilettano ad insegnare lo sci ai ragazzi più o meno esperti), anche a me qualcuno dovrebbe spiegare qual è lo scopo didattico formativo della vacanza sulla neve!
Il primo che mi risponde che la scuola si deve occupare anche di formazione sportiva prende un vaffa, visto lo zero assoluto che hanno sempre avuto le istituzioni scolastiche per la formazione sportiva (agonistica e non) dei ragazzi nel nostro paese.
Venti minuti di applausi
secondo me invece la scuola dovrebbe cominciare ad occuparsi di formazione sportiva,
Totalmente d’accordo, totalmente: ma non certo facendo le settimane bianche…
L’eretico
aggiungo
dietro la semplice gita scolastica, settimana bianca etc…..c’è un mercato turistico immenso e potentissimo.
smettere di alimentarlo ? …. non vale mai purtroppo la ricerca di una scuola migliore per gli studenti e quindi le famiglie
Complimenti all’Eretico per questa rubrica domenicale, sempre più densa di cose davvero interessanti (il libro di Lerner non lo conoscevo affatto). In particolare, vorrei ringraziare l’Eretico per il ricordo di Folco Quilici, nell’augurio che qualcuno, in città, si ricordi di lui e gli dedichi un incontro, proiettando quel documentario su Mps che ho sempre sentito lodare, senza averlo mai visto di persona.
Buonasera Eretico, concordare con te sulla proposta delle gite volevo porti un quesito al quale potrai credo rispondere vivendo la cosa da dentro: che fine hanno fatto quelle gite in giro per la nostra bella nazione nelle quali si coniugava storia, arte qualche volta musica e anche un po’ di divertimento?
Carissimo,
quelle ci sono sempre, per Zeus (agli inizi di maggio, per esempio, sarò partenopeo): infatti per le gite bisognerebbe, a mio modesto parere, trovare il giusto equilibrio tra il docere ed il delectare; sempre in modo AUTARCHICO, peraltro: i ragazzi di oggi non conoscono praticamente alcunché, quindi facciamoli partire da vicino a casina, no?
L’eretico
Scusami ma manca un “non potendo che”
Ps 2: quando rivedo certi documentari mi viene la malinconia, per cui accettiamo pure di leggere impietosi parallelismi fra come si presentava la Banca Monte dei Paschi di Siena illo tempore e come si è presentata qualche lustro dopo! Tanto ormai…….
Sulla formazione sportiva penso che non sia giusto offendere quegli insegnanti, e sono molti, che si prodigano non solo a fare didattica sportiva, ma ad insegnare l’educazione che a casa latita.
Sulle gite scolastiche, da ex alunno, devo dire che sono un bel momento educativo e di responsabilizzazione x gli alunni, se poi associate a destinazioni culturali il valore è aggiunto.
Devo altresì riconoscere che alcune “uscite” di didattico hanno poco, ma invito i tuttologi del web(cit.) A fare una visitina nelle scuso,e prima di giudicare i docenti.
Pochi ancora i commenti, è vero, ma tranne un breve accenno al libro di Lerner in un commento, nessun pensiero per la tragica vicenda di Concetta.
Scusate, ma ho sentito il bisogno di sottolinearlo.
Il gesto estremo di Concetta fece scalpore ma cosa è cambiato nel comportamento di quell’apparato burocratico che spinse quella povera donna a darsi fuoco?.Perché un licenziamento ci può anche stare ma non può essere che un cristiano venga lasciato abbandonato a sé stesso, senza risorse per mesi.Quanti casi di “normale”burocrazia sono accaduti e accadono quotidie?.
Racconto un caso che ho vissuto personalmente anni fa,da direttore di uno stabilimento industriale.Un operaio cadde in una forte depressione ,diventava sempre più problematico gestirlo mentre scivolava in comportamenti pericolosi per sé stesso,per i compagni di lavoro e per il sottoscritto in cui vedeva la causa del suo malessere in quanto,d’accordo con i compagni, cercavo di dirottarlo su mansioni di gruppo per poterlo meglio controllare.Ebbi la magnifica idea di segnalare il caso a tutte le autorità competenti per cercare di fargli ottenere la pensione di invalidità,il risultato fu che praticamente,quando lui era in fabbrica,io ero considerato responsabile della sua ed altrui incolumità.Insomma io fui nominato tutore.La “normale “burocrazia impiegò cinque anni prima di riconoscere la fondatezza della mia richiesta.La mia coscienza non mi permetteva di fare azioni di forza ma le aziende di norma non sono opere pie.
Lo so che le aziende non sono opere pie, ci mancherebbe, però non capisco la relazione fra la tua testimonianza e la vicenda di questa donna. Magari sono io che non ci arrivo.
Se non ricordo male la signora Concetta era esasperata dal muro della burocrazia che si trovò di fronte.La mia testimonianza voleva evidenziare questo aspetto cioè il paradosso di una burocrazia che ti può stritolare anziché aiutarti.