La domenica del villaggio: Trump, Gramsci, Ottone (e 4 Ps)
Dopo la puntata nizzarda di domenica scorsa dedicata soprattutto alle elezioni francesi (il cui esito invitiamo a non dare del tutto per scontato, per quanto il vantaggio di Macron sia notevole), torniamo all’abituale tris di argomenti culturali della domenica: si parte con i Cento giorni di presidenza Trump; per poi approdare ad un ricordo del grande giornalista Piero Ottone, scomparso in questo aprile; gran finale gramsciano, in occasione degli 80 anni dalla prematura morte: il pensatore sardo, infatti, pare essere più vivo che mai…
Buona lettura a tutti, dunque!
I (PRIMI) CENTO GIORNI DI TRUMP
Avevamo pronosticato di avere a che fare con un Presidente “jazz”, cioè improvvisatore: non è che ci volesse molto ad indovinare, e così è stato. I numeri del gradimento verso il nuovo Presidente sono in caduta libera (dal 59% al 42%), ma questo conta fino ad un certo punto.
I due dati fondamentali dei primi cento giorni – quelli, cioè, che entreranno nei libri di Storia – ci sembrano essenzialmente questi: in primo luogo, il revirement in politica estera (dall’isolazionismo nazionalista sbandierato platealmente in campagna elettorale, ad un interventismo muscolare di stampo quasi bushista; non a caso iniziato in Yemen, ove è morto il primo marine dell’era Trump); se la coerenza è dunque mancata in toto in politica estera, c’è (purtroppo) stata in pieno a livello di salvaguardia dell’ambiente, ove la coerenza trumpiana è stata davvero granitica (carbonifera, verrebbe da dire, sic): mano libera allo scempio aveva promesso, mano libera è stata data; negazionismo ambientalista aveva predicato, negazionismo sta drammaticamente mettendo in pratica.
Con un’aggiunta – denunciata da molti scienziati Usa in occasione dell’Earth day dello scorso 22 aprile – che sarebbe devastante: l’obbligo, per gli studi prodotti dalla comunità scientifica (cui ha provveduto a tagliare i fondi in modo drastico), di essere filtrati dal Governo stesso. Con una quasi imbarazzante conseguenza: quella cioè di fare divenire la Cina (sì, la Cina!) l’apripista – almeno a parole – della salvaguardia ambientale a livello planetario, fra i grandissimi inquinatori. Chi dice che la Storia non smette mai di stupire, con le sue contorsioni ed i suoi colpi di scena, ha ancora una volta colto in pieno nel segno…
PIERO OTTONE, TRA LUCI ED OMBRE
Pier Leone Mignanego, alias Piero Ottone, ci ha lasciati lo scorso 16 aprile; è stato uno dei giornalisti più importanti della seconda metà del Novecento italiano; se ne è andato in silenzio – come forse non gli è dispiaciuto fare -, soprattutto per un fatto non così nobile: viviamo (e moriamo) in un Paese che non sa illuminare chi meriterebbe, pur con le sue umanissime zone d’ombra.
Piero Ottone, chi era costui, domanderebbero schiere non solo di giovanotti lobotomizzati dai social, ma financo ben più colpevoli cinquantenni/sessantenni cresciuti in un tempo in cui il quotidiano era la hegeliana, laica, messa quotidiana.
Fattosi le ossa alla prestigiosa Gazzetta del popolo torinese, passò al Corrierone (corrispondente da Mosca nei Cinquanta!); poi direttore del genovese “Il Secolo XIX” (profeta in Patria, dunque), per dopo approdare – voluto da Giulia Maria Crespi – al top del curriculum giornalistico: la direzione del Corriere della sera (1972), ove fece esordire – tra gli altri – Pier Paolo Pasolini. Il grande Indro si arrabbiò di brutto, per questa virata timidamente progressista del Corrierone, e se ne andò a fondare il Giornale (ancora ben lungi dall’essere vampirizzato da Berlusconi). Negli ultimi anni, Ottone scriveva sul Venerdì di Repubblica (rubrica denominata “Vizi e virtù”, sovente stimolantissima per l’ampio respiro che veniva permesso ad un grande vecchio): con grande dignità, qualche mese prima di morire, ha tolto signorilmente il disturbo, annunciando che era arrivato il momento di farsi da parte.
Resta una macchia, certo: la lite con Montanelli aveva assunto tale livello di rabies, fra i due, che il giorno dopo il vile attentato terroristico (gambizzazione) subito dall’Indro nazionale (1977), Ottone relegò lontano dalla prima pagina la clamorosa notizia. Montanelli pare non gliel’abbia mai perdonata: con piena ragione, ci verrebbe da dire.
E questo a riprova che il giornalismo cui tendeva Ottone (i fatti separati dalle opinioni), è una mera chimera: perché chi scrive – e a fortiori chi dirige un quotidiano – sa bene che non conta solo ciò che si scrive, ma anche COME lo si scrive e – vedasi appunto il caso di specie – DOVE, in che parte del giornale, si colloca un certo articolo. Offrire, o meno, una prima pagina, vuole già dire commentare, dunque: compresa, magari, una non omeopatica fiala di veleno…
GRAMSCI, UN PURO CUI AGGRAPPARSI
Sono trascorsi giusto 80 anni, da quando Antonio Gramsci – dopo un decennio di galere fasciste – è entrato, con pienissimo titolo, nel Pantheon della Sinistra internazionale: più citato che conosciuto, ma questo è un altro discorso; Segretario, dopo esserne stato uno dei fondatori nel 1921, del Partito comunista d’Italia dopo Bordiga, poi direttore de L’Unità (che, decorosamente, farebbe bene a togliere il suo nome dal quotidiano, ma oggi è domenica e non si fa polemica politica diretta…); eccellente studioso – fra i tanti temi al centro della sua riflessione storica e filosofica – della plurisecolare “questione meridionale” (che, per il pensatore, si sarebbe potuta risolvere solo con un’alleanza organica fra élite operaia del Nord e proletariato contadino del Sud), Antonio Gramsci pare vivere una sua second life in molte università statunitensi, e non solo; e noi ce ne rallegriamo non poco, credendo che di lui i giovani studiosi possano apprezzare almeno due cose, oggi così clamorosamente rare in chi fa politica: l’idealismo (da non confondere con quello propugnato da Benedetto Croce, che tanto il pensatore comunista avversò), l’avere cioè degli autentici ideali, senza però, al contempo, rimanere del tutto ingabbiato, ingessato negli schemi dell’ortodossia partitica (che, nel suo caso, voleva dire la moscovita Terza Internazionale); in secondo luogo, l’altissima preparazione intellettuale, che ne fanno – insieme alla quasi leopardiana precocità intellettuale – una sorta di alter ego comunista del liberal-rivoluzionario Piero Gobetti.
Prescindendo infine da eventuali (alquanto probabili) responsabilità personali nella tormentata faccenda della non liberazione di Gramsci, resta il fatto che Palmiro Togliatti – Lui sì, ben dentro le logiche staliniane intra moenia, e nel periodo del Terrore – ne fece un nume tutelare del Pci del dopoguerra: proprio come Stalin aveva fatto con Kirov (nonché, già prima, con Lenin, ovviamente). Deve essere una coazione a ripetere, quella della forma mentis bolscevica: più uno viene contrastato da vivo, più lo si idealizza da morto. Ma tant’è, evidentemente…
Buon Primo Maggio a tutti, dunque (soprattutto a chi il lavoro non ce l’ha, pur volendolo): ricordando – come facciamo tutti gli anni – che questa Festa venne conservata da Hitler durante il periodo del Terzo Reich. Così, per fare comprendere a tutti quanto siano complesse e sfaccettate le vicende storiche…
Ps 1 Uscito, nei giorni scorsi, il romanzo “Caterina nella notte”, della giornalista dell’Espresso Sabina Minardi (Piemme editore, pagine 384, 18,50 euro); il libro non l’ho ancora letto, ma vedo che l’ambientazione principale è collocata nell’oratorio di Santa Caterina della notte, nel ventre del Santa Maria della Scala. Beh, ancora una volta lo scrivente ha precorso i tempi, giacché in “2019” – a partire dalla copertina – proprio di quel luogo specifico (anche) si narra…
Ps 2 Ci ha lasciato nei giorni scorsi (a 92 anni) Ermelinda Marchetti in Tancredi, per quasi tutti Linda, storica giornalaia dell’Arco dei Pontani: visto che oggi si è scritto non poco di quotidiani, come non ricordarla con simpatia? Da qualche tempo viveva in una casa di riposo ad Asciano, dopo una vita nel rione di Fontebranda. Molti, inevitabilmente, la ricorderanno come “incorniciata” dal gabbiotto dei giornali: e non crediamo sia un brutto modo di ricordarla.
Ps 3 Visita, mercoledì scorso, agli Uffizi, con la scuola; non che ci si aspettasse molto di diverso, sia chiarissimo: però lo straordinario museo fiorentino – parliamoci chiaro – è ai limiti della fruibilità. Se non ci fossimo entrati (dopo più di mezz’ora di coda, ovviamente con tutto iperprenotato!) con spirito di servizio professionale, ma invece come turisti-visitatori, ne saremmo usciti assolutamente disgustati…forse è il caso di fare qualcosa di serio, anche a costo di rinunciare a qualche biglietto in più.
Ps 4 Sabato prossimo, inaugurazione di una assai promettente mostra, in quel di Asciano (anche se la sede naturale sarebbe stata, per ovvi motivi, il Santa Maria della Scala…), dedicata a Domenico di Bartolo. Fra gli organizzatori, Cecilia Alessi ed Enrico Toti; lectio magistralis – sabato 6, ore 17,30 – di Vittorio Sgarbi, che quando parla di pittura dà il meglio di sé. Inaugurazione, dunque, nella chiesa di Sant’Agostino; mostra, invece, in quel di Palazzo Corboli.
Vittoria di Renzi alle primarie con più del 70% di consensi. Sarà una svolta positiva o tutto resterà come prima? Pd disorientato o senza idee? L’importante che tipi come Rossi (gli era contro) o D’Alema Valentini (troppo compromesso, credeva di vincere)si facciano da parte. Poi verrà il giorno di Valentini che dove si appoggia farà sempre la sua brutta figura.
Caro Vedo nero, ovviamente scriveremo delle soporifere Primarie piddine domani, e ne parleremo su Siena tv in trasmissione (ma non aspettatevi chissà quali rivelazioni, tutto da copione).
Nel frattempo, mi scuso per l’ovvio errore concernente Antonio Gramsci, reattivamente segnalato da chi di dovere: essendo morto nell’aprile del 1937, va da sé che si sono celebrati gli 80 anni, non i cento come erroneamente da me scritto nel pezzo domenicale.
Ed infine, visto che di giornalismo si è scritto: grande scoop del Corrsiena di oggi, che pubblica la “clamorosa” notizia della donna a seno nudo in un ristorante in Stalloreggi (la notizia, la fornisce anche La Nazione), ma corredandola anche di foto. E vai…
Buon Primo maggio a tutti i lettori, l’eretico
Che tempi, che more!
Caro Eretico, vorrei aggiungere un particolare sul grande scoop (premio Pulitzer in arrivo?) del Corriere di Siena: nella foto della pulzella (che pare parlasse russo, scrivono i noti poliglotti) i capezzoli della ragazza sono coperti da stelline..grande trovata, no?
Caro professore
Il Truppa per ora non ne ha azzecata una, ma mi sembra che non abbia consiglieri adatti . E lo facciano lottare contro un vento orama cosi contrario, che perderà per forza…..
Lenin fu inviato in Russia a fara la rivoluzione proletaria, pagata dai soliti noti. Chiaramente per prendere le risorse dell’impero Cristiano ortodosso. E rivoluzione fu
e fu fatto un olocausto del popolo Russo. Vedi Solgenizin.
Gramsci frequentò persone vicine a Lenin. Questo mi basta per non continuare a leggerlo. E più semplicemente non lo voglio capire.
leggerlo. Insomma non rieso a farmi un opinione.
Io, professore non ero a conoscenza
Caro Raffaele
nel lungo periodo saremo tutti morti , avrebbe detto J.M.K.
Ma – fuor di battuta – il problema attualissimo di dove andare e di come arrivarci, rimane.
Solidarietà, investimenti intelligenti, economia circolare e moltiplicatori compatibili con il pianeta , restano una necessità immediata e direi già decisa (almeno nel segno di svolta).
Vedi le conferenze internazionali.
Però l’uomo che inconsciamente mi rimuove il rifiuto delle tesi lombrosiane , nega tutto questo.
Tecnicamente è un negazionista.
E qui torna il bel dilemma dell’egemonia e della sua efficacia.
Se ho capito qualcosa della lezione gramsciana, l’egemonia vive e prospera se si lega alla rappresentanza vera di bisogni sociali, che sono anche bisogni economici.
Endogeni prima, esogeni dopo.
L’egemonia clientelare è mobile (troppo mobile ed esposta alle correnti…).
In Italia poi l’abbiamo (l’abbiamo ?) sperimentata con debito alle stelle ed evasione fiscale.
L’egemonia sovrastrutturale (meramente ideologica) può virare facilmente verso l’estetica veloce della rete (la famosa “documedialità”), lasciando l’etica in ambasce.
L’egemonia strutturale invece , lasciata l’uguaglianza alla deriva, mira sempre di più a consolidare il dominio e ci sta riportando indietro alle Nazioni divise.
Potremmo perdere l’orizzonte pacifico post-muro ( quello della fine della storia…) e passare dalla successione di creazione/condivisione/distribuzione a quella di non ti pago il debito, ti schiaccio il capo, ti considero come uno schiavo.
Insomma : la solita celebrazione dei rapporti di forza (tristezza dico io , tenerezza direbbe Francesco).
Se sarà possibile rappresentare qualcosa, in questo prossimo casino che ci aspetta, io spero di poter rappresentare il lavoro (soprattutto il lavoro su se stessi).
Che meraviglia lo studio !
Tu citavi paradossalmente la Cina… (che ha dovuto correre per recuperare posizioni e che – fammelo dire – è di un’altra pasta, ha un’altra saggezza di fondo).
Noi tra sofia ed episteme (saggezza e verità) ci siamo spiaccicati su questa cosa calvinista dell’ accumulo come segno divino della grazia (perfino nella biglietteria del Duomo…).
E dunque devo ammettere che l’oriente concentrato sui processi ( sul come e non sul perché) forse ha una marcia in più.
Ciò detto l’unica certezza, l’unico valore condiviso, o se preferisci l’unico luogo politico culturale dove ancora è possibile “combattere” civilmente è quello delimitato dall’egemonia.
Quindi sarà lì che ci dovremo confrontare.
Stando bene attenti alla apparenze (perché io non scorderò mai di aver sentito Borrelli ripetere “resistere, resistere, resistere” di fronte all’arco costituzionale…).
Quindi occhio a chi non trova più la base dell’egemonia nella classe e la cerca nella trasversalità (del proprio interesse politico/personale).
A chi non va oltre la propria immaginazione e si serve della comunità per coltivare i propri fini dedico questi due estratti dal pensiero di un grande fisico, Richard P. Feynman :
“ Questa bella equazione, per esempio, mi dice tutti i modi in cui l’elettrone si può accomodare in un atomo, o attorno a un atomo.E questa è la logica.La poesia sta nel fatto che la stessa equazione mi dice perché l’oro brilla, come mai le pietre sono dure, che cosa rende verde l’erba, e perché non possiamo vedere il vento. E un milione di altre cose sul funzionamento della natura. “
“ La gente vuole delle risposte, e chi è in grado di darle è meglio di chi non le dà (ma nella maggior parte dei casi è vero il contrario, perché quando ne sai abbastanza ogni riposta ti sembra insufficiente). Così i politici ostentano certezze e si spingono a fare promesse che poi non potranno mantenere. E quindi alla fine nessuno ci crede più, ed ecco allora il rifiuto della politica e una generale mancanza di rispetto per chi , magari, i problemi cerca di risolverli davvero”.
A proposito (e questo è il momento adatto vista la “forza” derivante dall’esito delle primarie) , ma la promessa fatta da Scaramelli su MPS durante la tua intervista televisiva che fine ha fatto ?
Carissimo Simone,
rispondo solo alla domanda finale, anche se il tuo lungo intervento stimolerebbe anche altro, di ben più alato che Scaramin; la promessa fatta da Scaramelli nella mia intervista televisiva ( domanda: se Renzi fallisce su Mps, allora si può dire che ha fallito anche Scaramelli?), ovviamente – citando il Nobel – is blowin’ in the wind…
Riguardato or ora in tv un pezzo di “Apocalypse now redux” (che con la pubblicità diventa davvero impraticabile): sempre strepitoso, nulla da aggiungere al riguardo…
L’eretico
E cosi dopo solo 100 giorni tutte le roboanti promesse della campagna elettorale si sono sciolte come neve al sole: niente muro con il Messico, niente riforma sanitaria,niente riforma fiscale, niente piano di infrastrutture, il “muslim ban” bloccato dai giudici, la sua amministrazione sotto esame dell’FBI per le presunte connessioni con la Russia di Putin…niente male per iniziare, direi che il presidente che doveva cambiare il mondo sta diventando il solito presidente repubblicano.
Del resto, per utilizzare le parole di Trump stesso «C’è più lavoro da fare che nella mia vita precedente. Pensavo sarebbe stato più facile» come confessa candidamente in un’intervista alla Reuters (http://www.reuters.com/article/us-usa-trump-100days-idUSKBN17U0CA). Triste destino di ogni populista alla prova dei fatti. SAD!
Gramsci, come Che Guevara, ormai è un’icona, un santino nella religione laica della sinistra, ma lo trovo decisamento superato: già i concetti di “Elite operaia” e di “bracciante” citati dall’eretico sono tremendamente datati, ottocenteschi e probabilmente già superati all’epoca di Gramsci, ma è tutto il concetto di egemonia culturale che non mi piace; egemonia culturale per indottrinare le masse sottoproletarie da usare come esercito nella lotta di classe e nella rivoluzione. Insomma, rispetto per l’uomo e per la sua vicenda personale, ma direi che nel suo pensiero ormai non c’è nulla di attuale.
Io su Gramsci non conosco molto, mi sembra che fosse una persona molto sfortunata nella vita, era deformato da una malattia, giustamente pessimista di come andavano le cose, era comunista, lo fanno apparire un martire dell’antifascismo, ma leggendo varie fonti ho letto che tutte concordano dal fatto fu tradito da Togliatti e c’è anche il sospetto che proprio il suo ‘caro’ amico e compagno avesse fatto la spia ai fascisti per farlo arrestare. Non so il vero motivo politico di questo tradimento, ma da come sono andate le cose anche con altri comunisti non ligi alla linea ufficiale del partito, che era quella della Russia di Stalin (ricordiamo la fine di Trotsky, una delle tante) arrivo a questa soluzione: il comunismo era solamente una feroce dittatura come il fascismo, non c’era libertà di pensiero e tutti dovevano rispettare i comandi del Potere. Tutta la retorica sulla Resistenza non mi ha mai completamente convinto, per anni ci hanno propinato idee e bugie che facevano comodo ad una sola parte politica; secondo il mio modesto parere l’unica forma valida di governo è e sarà sempre la democrazia nella quale chiunque ha il diritto di parlare, esprimere liberamente la propria opinione; l’unica discriminante deve essere che chi governa lo faccia onestamente. O di destra o di sinistra ci deve essere onestà e correttezza e non retorica velleitaria. Se Gramsci sia stato un grande o meno mi interessa relativamente, avrà avuto delle belle intuizioni, riflessioni sul campo della letteratura filosofia, non era uno stupido e forse nemmeno in malafede, ma avere scelto in partenza una dittatura lo ridimensiona e parecchio. Mi espongo ad una ipotesi: se fosse rimasto in vita di sicuro sarebbe stato ucciso dai suoi compagni, come per esempio i partigiani dissidenti a Porzus o in altri brutti episodi del dopoguerra. In questa Italia non c’è più posto di ideologie e altre masturbazioni politiche ci vuole solo gente onesta, fatti e non parole vuote. E Gramsci lasciamolo agli studiosi di filosofia e simili.
La Resistenza tradita, il ricordo dirottato. Quante vie Togliatti, Lenin, Stalin e altri (buoni?) comunisti, ma anche un Viale Almirante, alla faccia dell’antifascismo. Ci stanno prendendo in giro. Io forse un nome lo proporrei: Perlasca un ex-fascista che ha salvato migliaia di ebrei, uno che si è accorto di sbagliare ed ha cercato di rimediare senza farlo sapere e gloriarsi delle sue buone azioni. E’ uno dei tanti esempi, se andiamo ad approfondire ce ne sarebbero molti altri. Oppure dedicare un parco alle vittime delle foibe. Macchè, figuriamoci non ci pensa nessuno, non conviene politicamente. Pensare con la propria testa ed essere sempre pregiudizialmente diffidenti con i nostri politici. Fatti e non vuote parole.