Incendio in Curia: lunedì se ne riparla (e 3 Ps)…
Articoletto (neanche poi tanto) di presentazione del Big event di lunedì prossimo 4 aprile (ore 18,00), alla libreria Senese (Via di città); saranno presenti – insieme ovviamente allo scrivente – il Superavvocato Luigi De Mossi (che le carte processuali molto bene conosce), ed il professor Franco Nardi (ex archivista della Curia), cioè colui che in un primo momento era stato indagato per l’incendio doloso in Curia di quel maledetto 2 aprile 2006.
SIENA HA CAMBIATO PAGINA? UN’OCCASIONE PER SCOPRIRLO…
La manifestazione a favore della riapertura del caso David Rossi è stata grande e partecipata (a maggor ragione, vista l’inclemenza del tempo); e tutti – quorum ego – l’hanno letta in modo positivo, come un piccolo, minimo segnale di una città che, dopo avere dormito sonni profondi, si sta un pochino risvegliando (giusto un pochino, eh). La Grande addormentata nel bosco degli scandali e delle bancarotte (fraudolente), si è dunque desta?
Wait and see, aspettiamo e vediamo; un’occasione credo stimolante – ci sarà concesso – è quella di lunedì prossimo, in cui l’eretico ripercorrerà, in modo rigorosamente documentale, ciò che accadde quella domenica mattina del 2006 nei locali curiali, quasi minuto per minuto (come il buon vecchio programma calcistico delle 18,10 domenicali: “Tutto l’incendio minuto per minuto”…); e poi parlerà dell’indagine di Polizia giudiziaria, che portò – grazie al Rinvio a giudizio del febbraio 2008, deciso dal Giudice Annese – al Processo; Processo che, a sua volta, porterà ad una assoluzione che definire dubbia sarebbe riduttivo, e che infatti avrebbe meritato un bell’Appello, a Firenze: neppure iniziato, grazie alla Santa, Santissima, e Trisantissima PRESCRIZIONE, cui monsignor Acampa avrebbe potuto rinunciare, se avesse voluto farlo (indovinate che cosa ha scelto di fare? Fuoco, fuochino, fuocherello; sì, giusto, azzeccato: NON ha rinunciato alla prescrizione…).
Una curiosa curiosità: ad assolvere – in I grado – Acampa Giuseppe, fu il Giudice Monica Gaggelli; lo stesso Giudice che accolse la richiesta della Procura sul suicidio di David Rossi. Si fa per dire, ovviamente…
Ci sarà da discettare dunque sulla Curia, ma anche su chi in modo sistemico era schierato, in un modo o nell’altro, con i poteri fortissimi della stessa: il dominus della Misericordia, per esempio, il misericordiosissimo Mario Marzucchi, che nelle intercettazioni tirava in ballo Mastella e sembrava molto meno misericordioso di come sicuramente sarà; l’allora Sindaco Maurizio Cenni – oggi scomparso dalla scena, salvo qualche comparsata in cui fa finta di non essere stato il Sindaco dell’Antonveneta – , che preferiva non parlare al telefono con l’unica giornalista (non a caso non senese) che trattò la cosa, Franca Selvatici di Repubblica; per non parlare, last but not least, del tandem difensivo del monsignore: l’avvocato degli imputati eccellenti, De Martino, nonché un certo Mussari Giuseppe, allora incidentalmente, oltre che legale di Acampa, Presidente di una importante banca in quel momento ancora senese (l’incendio accadde un anno e mezzo prima della ganzata di Antonveneta). Per non parlare della tristissima, miserabile figura che il giornalismo senese fece in quella storia: la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per Acampa Giuseppe, fu CENSURATA da tutti e due i giornaloni locali, e fu conosciuta solo grazie alla suddetta Franca Selvatici.
Cambiato qualcosa, a dieci anni di distanza? Qualcosina sì, a livello di diffusione delle informazioni almeno; ma a livello politico, mica tanto. Prendiamo il bisindagato Valentini Bruno (sotto Lui Sindaco, Acampa fu il demiurgo del Palazzetto costoniano in terra di Monteriggioni): alla manifestazione su David Rossi, era ben presente, a farsi intervistare a destra e manca. Disse di essere stato invitato dalla famiglia, e sarà vero. Noi, non lo invitiamo di certo, ma l’incontro è pubblico, e se vuole venire, nessun problema (non ci sarà, tranquilli).
Anche perché, in conclusione, una cosa deve essere chiara (l’abbiamo già scritta, ma la ripeteremo usque ad mortem): il caso più drammatico degli ultimi anni, è senz’altro quello di David Rossi, e non c’è bisogno di dire perché; subito dopo, però, viene l’incendio in Curia, senza dubbio.
Ove il morto non c’è scappato (anche se il buon Franco Nardi c’è andato vicino: reduce da un brutto infarto, trovarsi sotto indagine senza nemmeno sapere perché, non pare cosa raccomandabile dal cardiologo di fiducia), ma c’è comunque chi è morto solo e triste (don Mino Marchetti, e non solo lui), solamente per avere osato affermare ciò che sapeva sulla vita personale di don Acampa.
E soprattutto: in quella che è stata una “guerra” tra chi denunciava certe cose, e chi invece le difendeva a spada tratta (e venendo ben pagato per questo), il povero David Rossi stava dalla parte di chi difendeva l’esistente (il Groviglio armonioso); altri, stavano nella trincea direttamente opposta, antitetica.
Altri ancora – come il professor Franco Nardi – pensavano quietamente alle loro occupazioni (di alto profilo culturale, peraltro), prima che qualcuno – secondo l’ipotesi della Procura – li accusasse, all’improvviso, di essere diventati piromani…
Ps 1 Lo rimarchiamo per l’ultima volta (forse, chissà): i siti piddini NON riescono proprio a scrivere il nome ed il cognome di Bisi Stefano, nei loro aulici articoli; e pensare che, in senso formale, Bisi Stefano non è neanche piddino, pensate un pochino voi…
Ps 2 Domattina lo scrivente accompagna – insieme ovviamente ad altri colleghi – gli studenti in una gitarella diurna al Parco dell’Uccellina; secondo le ultime disposizioni ministeriali, il docente in questi casi dovrebbe controllare – fra le altre cose – financo lo stato dei pneumatici del pullman. Credeteci: non è un pesce d’Aprile!
Ps 3 Sempre sul big event di lunedì: sono davvero tutti invitati, gli interessati, chiunque essi siano e qualunque idea abbiano. Meglio ancora, se cattolici praticanti e devoti (anche a San Pio da Pietrelcina, non ci si fa mancare niente). Unici paletti, per due noti personaggi pubblici: non per altro, davvero: per meri motivi logistici.
La Assessore Pallai preferiremmo si astenesse dal venire: alla fine dell’evento, non ci sarà infatti alcuna allegra bicchierata. E nessuno fra i presenti dormirà in una struttura ricettiva del Senese.
Il cittadino Antonio Buoncristiani: un pochino, il paletto è per carità di Patria; ancora di più, perché non solo non ci sarà una sana bicchierata finale, ma non ci sarà nemmeno un rinfresco…
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Con l’incendio della Curia la Religione c’entra poco; questi prelati sono quasi alla pari dell’ISIS perché danno il cattivo esempio a detrimento di quei tanti religiosi che davvero si comportano da veri Cristiani anche a rischio della propria vita. Sono solo dei ‘sepolcri imbiancati’ e non solo, purtroppo, i soli tra i vari alti prelati a comportarsi male, Bertone ne è l’esempio più lampante. Queste persone sono nocive per chi veramente ci crede e speriamo che Papa Bargoglio faccia qualcosa se no saremmo solo alle sole parole velleitarie del ‘Papone politico’, turista di Dio, Giovanni Paolo Secondo che di danni ne ha fatti o non ha fatto nulla per evitarli. Almeno il papa tedesco ha avuto il coraggio di farsi da parte perché si è accorto di non sentirsi abbastanza forte a rimediare tutti i guai del precedessore. Era un po’ troppo tradizionalista, ma almeno ha il merito di aver riconosciuto la propria debolezza. Quanto a Valentini, Mussari e ‘groviglio armonioso’ spero che arrivi presto la resa dei conti, ma dipende molto da noi cittadini a toglierci il prosciutto dagli occhi.
Correggo: predecessore e non precedessore. Comunque Eretico sono sempre con Te. Candidati a Sindaco ed il mio voto sarà tuo. Intanto goditi le continue vittorie sulle varie querele con cui cercano inutilmente di zittirti.
Oggi dobbiamo obtorto collo saltare la rubrica culturale della domenica: ci scusiamo, e riprenderemo as usual domenica prossima!
Per recuperare tutto il materiale processuale del benefattore Acampa Giuseppe, in effetti, ci vuole molto tempo, parecchia attenzione e tanta, tanta, tanta capacità di autocontrollo: chi verrà, si accorgerà ben presto perché…
L’eretico
Nella rubrica precedente, quella su Lubiana per intenderci, continua a non esserci lo spazio per le risposte.
Mussolini e lira a quota 90 e Lei che lega ogni erba diversa in unico fascio:
la rivalutazione artificiale(non supportata dai fondamentali macroeconomici) della Lira, attuata a partire dal 1926 per mere finalità ideologiche monetariste, rispetto a sterlina e dollaro si tradusse in un fallimento economico prima perchè affamò la classe subalterna(operai e contadini) tramite politiche deflattive forzose(taglio dei salari del 20% per legge)e inasprimenti fiscali, poi perchè aggravò la situazione debitoria con l’estero già elevata causa i debiti della IGM. Del resto l’inflazione al 14% toccata nel 1923, di gran lunga più bassa rispetto alla media europea dell’epoca non giustificava la politica monetarista restrittiva messa in opera.
Così come l’EURO si traduce in vantaggi in conto capitale per i creditori(e in questo caso Lei ha ragione da vendere tanto che gli artefici hanno usato il grembiule rosa per mimetizzare gli schizzi rossi del popolo) così la lira a 90 significò uno svantaggio per i debitori e la classe subalterna.
Ripeto:
La LIRA a quota 90(novanta) avvantaggiò(temporaneamente) i creditori e i recepitori di rendite finanziarie o fondiarie mentre fu il disastro per la classe subalterna e comunque per i debitori.
Spero di essere stato chiaro
Tutt’altro che chiaro, con tutti quei tecnicismi e affatto condivisibile, ma per sua sfortuna io possiedo quasi tutti i numeri del Compendio Statitistico Italiano dall’anno 1928 al 1942. Quindi porterò dati oggettivi e, a differenza di lei, citerò le fonti.
1) Il taglio agli stipendi ci fu ma accompagnato ad un controllo di tutti i prezzi che, logicamente, portò ad un più basso costo della vita: si passò da un indice generale del costo-vita di 691,35 dell’agosto 1926 ( Compendio del 1928, pag.198), a 379,03 del 1930 (Compendio del 1930, pag.180). Una sciocchezzuola, vero bankor?
2) Non vi fu nessun inasprimento fiscale, è vero esattamente il contrario: il 16 ottobre del 1924 fu varata la legge tributaria n. 1613 con aliquote fiscali dal 10 al 24 per cento, in dipendenza se il reddito proveniva da capitali o da stipendi e pensioni. Queste aliquote avrebbero subito una diminuzione nel 1927, passando rispettivamente al 22 ed al 9 per cento, per scendere ancora nel 1929 e arrivare rispettivamente al 20 ed al 8 per cento. L’IVA non esisteva, per averla gli italiani dovettero aspettare gli antifascisti. Può trovare questa norma e alcune spiegazioni al riguardo a pag. 88 del mio libro.
Quindi ribadisce la teoria che pagare la sterlina 90 lire anziché un valore maggiore fu un disastro per gli italiani (quale le sarebbe piaciuto, 200, 300, 500 o anche di più? Ci faccia sapere) e qui capisco che è meglio non insistere, tanto più che i miracoli non li so fare.
Lei dimostra di padroneggiare la storia politica economica del ventennio e non solo, visto che si spinge fino a quantificare il giusto concambio della lira rispetto all’euro, ignorando che il mercato dei cambi è regolato dalla legge della richiesta e dell’offerta.
Se la LIRA rivalutò di oltre il 40% rispetto alla sterlina passando da una quota di circa 150 fino a 88 del 1927, e stessa cosa avvenne rispetto al dollaro, significa che le politiche economiche messe in atto furono tali da spingere gli operatori economici mondiali a domandare lire. Aspettative di miglioramento dei conti pubblici attraverso politiche di taglio del deficit di bilancio e aumento della competitività attraverso la deflazione salariale furono le molle di tali aspettative. Ora se lei mi dice che la pressione fiscale in quel periodo scese io ci credo(detto da Lei) tuttavia gli operatori finanziari comprando lire si convinsero del contrario. Una rivalutazione monetaria del 40% rispetto al taglio dei salari del 20% significò l’aumento reale dei beni prodotti in Italia di un buon 20%(il listino prezzi ITALIA rispetto al resto del mondo) causando un peggioramento della bilancia dei pagamenti, Egr. Fantini la nostra cara e amata Patria aumentò le importazioni di beni e di capitali indebitandosi gravemente con l’estero.
Lei mi chiede di quanto? Io rispondo di molto considerando che è di quel periodo il prestito di 100 milioni di dollari concesso al Duce dalla casa Morgan di New York.La calmierazione dei prezzi delle derrate alimentari? Un provvedimento d’emergenza reso indispensabile per ravvivare il consenso del popolo: il taglio della capacità di spesa dei salariati(deflazione salariale) e l’austerità imposta dalle politiche restrittive di bilancio mal si conciliavano con i prezzi dei prodotti d’importazione(crescenti perchè nel resto del mondo c’è comunque inflazione) comunque meno cari rispetto a quelli nazionali. Che la difesa della quota 90 sia stata più che una sconfitta una disfatta è scritto su tutti i libri di storia economica, capisco che essendo i più scritti da liberali antifascisti a lei non interessino, tuttavia le garantisco che il valore di una moneta rispetto ad un’altra interessa in maggior modo chi di monete ne possiede in quantità, immagino che al bracciante agricolo di Buonconvento o al minatore di Boccheggiano se avesse potuto scegliere tra una lira a 400 rispetto alla sterlina e il taglio del salario del 20% non avrebbe avuto dubbi.
Caro bankor, ecco come gli americani consideravano le manovre economiche italiane del 1926-1927-1928. Ciò è riportato da Sergio Romano che non è mai stato fascista. “…E allora, per tornare al titolo di questo pezzo e di Sergio Romano “Che cosa unisce e cosa divide il New Deal e il Fascismo”, riprendiamo uno stralcio del lavoro di Lucio Villari: «Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato che, senza distruggere il carattere privato del capitalismo, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza produttiva». Roosevelt inviò Rexford Tugwell a Roma per incontrare Mussolini e studiare da vicino le miracolose realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda il fatto tratto dal diario inedito di Rexford Tugwell in data 22 ottobre 1934 (Anche l’Economia Italiana tra le due Guerre, ne riporta alcune parti; pag. 123): «Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio… La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana, è il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto. Mi rende invidioso… Ma ho qualche domanda da fargli che potrebbe imbarazzarlo, o forse no». Però oggi si legge che il fascismo sbagliò tutto o quasi, chissà perché…
Anche il Gran Maestro sembra alla ribalta…
Per aggiornamento di chi, come me, non è sempre e assiduamente presente su Siena…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/04/massoneria-grande-oriente-spaccato-su-bisi-il-gran-maestro-indagato-a-siena-rischio-frattura-come-ai-tempi-della-p2/2605556/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/04/massoneria-grande-oriente-spaccato-su-bisi-il-gran-maestro-indagato-a-siena-rischio-frattura-come-ai-tempi-della-p2/2605556/
http://www.liquida.it/search/bisi/?coolbox=0_99_0_36850819
Caro professore
Noto che molti parlano di massoneria a siena. Quaisi che la città fosse il centro moniale di quella fratellanza.
Una volta ancora giovane conobbi a Gievra un massone, trentratresimo grado rito scozzese e parlando dissi da dove venivo. Esso mi rispose che non aveva notizia di nessun fratello in quei luoghi……..
fascismo e new deal
Egregio signor Fantini, le rispondo per educazione e per un’irrazionale simpatia nei suoi riguardi giustificabile forse solo da quel sentimento mio personale di ammirazione e solidarietà nei confronti di chi va “sempre in direzione ostinata e contraria” finendo poi per arrampicarsi sui muri con pochi appigli.
Tra il 1926 e il new deal americano(1933) passano 7 anni e di mezzo c’è il 1929 con la più grande crisi finanziaria fino ad allora conosciuta nel pianeta. La politica economica del governo Mussolini comprendente la difesa della quota 90 con tutte le conseguenze appena dette ha chiare impronte LIBERISTE( vedi legge sulla liberalizzazione dei movimenti dei capitali) e deflazionistiche(vedi anche la legge sul divieto di sciopero) quindi del tutto antitetiche dal punto di vista tecnico economico e politico rispetto al new deal americano di chiara matrice keynesiana. Il forte indebitamento con l’estero ed in particolare con gli stati uniti, amplificato dal rientro della Lira nel sistema gold standard( con un cambio fisso i creditori incrementano le posizioni creditizie poichè si annullano i rischi di perdite in conto capitale dovute alla oscillazioni del cambio; strano che questa cosa assomigli un pò all’EURO), che queste misure economiche comportarono a seguito del crollo del sistema finanziario del 1929 diventarono insostenibili, per questo quando wall street chiuse i rubinetti(per capirsi i creditori rientrarono dei crediti)e la crisi esplose in europa le economie più deboli risposero con più deflazione(strano che assomigli al nostro più europa) e la disoccupazione conseguente spinse la germania nelle fauci di Hitler. Credo che l’economista ammiratore delle politiche del duce che lei cita fosse mosso più dalla spinta dei suoi connazionali creditori di wall street e dalle loro esigenze di rientrare dei capitali prestati possibilmente con le minori perdite possibili. Come non ricordare infatti che in quel decennio in Italia fallirono importanti banche private che avevano prestato ad imprese e famiglie italiane capitali provenienti da Morgan ed altri che il duce prontamente salvò nazionalizzando così che debiti privati diventarono pubblici e Morgan potette rientrare in parte dei crediti prestati( strano che tutto questo assomigli alle vicende attuali di banche tedesche e francesi). Semplificando molto è ormai assodato che la chiusura dei rubinetti dei creditori statunitensi nei confronti di uno stato e un paese in default quale l’italia fascista spinse il nostro duce, obtorto collo credo, nelle braccia mortali di Hitler con tutte le conseguenze del caso.
La politica Mussoliniana ebbe, testuale “…chiare impronte LIBERISTE…” la disoccupazione spinse la Germania nelle fauci di Hitler, la chiusura dei rubinetti dei creditori statunitensi spinse il nostro duce nelle braccia mortali di Hitler…Ce li prestava Hitler i soldi, bankor? Mamma mia.
Caro Raffaele
il giornalismo è come la potatura : taglia i fatti irrilevanti per conservare gli avvenimenti da ricordare.
La realtà preminente (tronco) e i suoi effetti (rami) portano ai frutti (interessi e dinamiche).
Perciò ogni volta che ascolto il tuo racconto e la minuziosa ricostruzione che lo avvalora – si tratta di un incendio doloso avvenuto in locali dove non entra chiunque – mi rendo conto che a Siena si sono fatti giornali quotidiani di sole foglie (d’autunno ?).
E nemmeno per citare Ungaretti.
Ieri sera sei stato particolarmente asciutto quanto denso.
La vicenda è apparsa talmente nitida e chiara, da risultare clamorosa.
Anche per la mancanza di clamore.
L’assenza di una minima rassegna stampa all’altezza dell’accaduto e della storia che ne è derivata , grida in silenzio la propria incredulità.
Quei 15 minuti di attesa “retorica” per mimare il tempo intercorso fra la “visione” del fuoco e l’allarme ai vigili, sono stati interminabili e quindi significativi.
Hai parlato per un’ora circa ma sono sembrati attimi.
Un’eternità per chi si è trovato – da innocente- al centro dell’inchiesta.
Si rimane veramente increduli (tanto da far nascere una nuova fede) nell’apprendere che non ci sia stata – su questo episodio – una campagna di stampa (almeno per capire).
Una rubrica…
La sensazione è che sia mancato il tronco perché non c’erano le radici etiche.
Non è un giudizio è una constatazione.
L’autonomia e l’indipendenza della stampa avrebbero potuto evitare o limitare questa tragedia complessiva, tragedia peraltro estetica).
Siena è stata sfregiata da chi doveva difenderla.
E poi è veramente brutto immaginare che a nessuno sia venuto in mente di cambiare attività ( o di chiedere scusa).
Carissimo,
intervento da incorniciare: sto per pubblicare il pezzo sulla serata di ieri, se vuoi ripostalo, sarebbe da fare leggere in calce!
L’eretico