La domenica del villaggio: Putin, De Gregori, Ingrao e un film…
Corposa, la rubrica culturale della domenica (della festa selvaiola – per chi fosse interessato – si dirà in settimana): un film particolare (“Corn island”), i 40 anni della splendida “Rimmel” di De Gregori, le similitudini fra la Russia putiniana e quella zarista per lo sbocco al mare, nonchè un ricordo di Pietro Ingrao.
Buona lettura!
IERI LA CRIMEA, OGGI LA SIRIA: E MARE SIA!
Leggendo la densa e stimolantissima presentazione di Valerio Castronovo del libro di Orlando Figes (“Crimea. L’ultima crociata”, Einaudi, pagg. 532), sul Sole 24 ore dello scorso 6 settembre, balza subito agli occhi un elemento di grande attualizzazione: la guerra di Crimea di metà ottocento (presentata come “preludio della Grande Guerra” da Castronovo), fu nei fatti motivata dalla stessa spinta che oggi permea l’intervento dei cacciabombardieri Sukhoi in Siria (primo intervento russo fuori dal “cortile di casa” dal tempo dell’URSS, si rifletta su questo, magari con attenzione…).
E questo elemento è, appunto, il “secondo mare”, lo sbocco russo al Mediterraneo: diretto oggi (Tartus, base navale siriana, imperdibile per Putin); indiretto ieri ( attraverso il Mar Nero, appunto con la Crimea, al tempo di Nicola I).
A Nicola I a metà XIX secolo, come a Putin oggi, lo sbocco al “secondo mare” in buona sostanza interessa sopra ogni cosa, o quasi. Una priorità geopolitica di assoluta, cogente rilevanza.
In questo caso, dunque, la Storia si ripete, un secolo e mezzo dopo (circa): non in farsa, ma sotto le vesti di un’attualità, già pronta per i futuri libri di Storia…
“CORN ISLAND”: UN FILM DA NON MANCARE
Presentato dalla sempre meritoria rassegna curata da Mapi Corbelli, martedì scorso abbiamo visto un film indubbiamente particolare, da raccomandare: “Corn belt”.
Particolare, certo: sommamente antitelevisivo e contrastivo rispetto ad un cinema holywoodiano (che ovviamente non va tutto disprezzato, anzi), questo piccolo film – con la sua sontuosa, studiata, lentezza – ci mostra come la quotidianità di due personaggi – un anziano contadino e la sua adolescente nipote – possa in re ipsa essere oggetto di arte, nell’originalità assoluta della situazione (una casetta di legno, da costruire in una minuscola striscia di terra adibita alla coltivazione del mais, da cui il titolo della pellicola).
La Natura, leopardianamente, è assolutamente matrigna, ed in più ci si mette la Storia, con la fragilità dell’autonomia antirussa della Georgia: un mix che, in effetti, non può che essere foriero di danni. Non va forse spesso così, la vita, anche fuori dal grande schermo?
PIETRO INGRAO: TROPPA VITA PER LA COERENZA
Domenica scorsa, ci ha lasciati Pietro Ingrao: grande figura di comunista tutto di un pezzo, ha vissuto la bellezza di 100 anni. Più del secolo breve, dunque: e troppo, per conservare coerenza. Succede, a chi vive così a lungo!
Ha vissuto così a lungo, da avere tempo di esaltare, in versi, una delle imprese più fasciste del ventennio, la nascita di Littoria, l’attuale Latina; ha vissuto così a lungo, da avere tempo di passare dall’esaltazione di Stalin a quella di Mao, per poi approdare ad un pacifismo senza ma e senza se (bel salto, no?).
Da giornalista (facile indovinare dove scrivesse), e da politico, è stato in primis uomo di partito, pur considerato eretico (ma votò a favore dell’espulsione dei comunisti del Manifesto).
Ciò detto, è stato da Presidente della Camera un autentico galantuomo, e fu poeta tutt’altro che banale; soprattutto, con figure come Ingrao la politica aveva un senso, un ideale – discutibile quanto si voglia -, una prospettiva rivolta alla collettività.
Ancora: dietro l’attività politica, c’era studio, applicazione, buone letture, volontà di emancipazione rispetto ad una provenienza umile. Un mondo, fuori da ogni passatismo, davvero perduto, e forse per sempre.
RIMMEL: E QUALCOSA RIMANE. ANZI PARECCHIO…
Nei giorni scorsi, celebrati i 40 anni dall’uscita della canzone-cult di Francesco De Gregori “Rimmel”.
Uscita quindi nel 1975, in piena controtendenza rispetto alla iperpoliticizzazione dei cantautori di sinistra di allora (cui pure De Gregori apparteneva con distaccato orgoglio), fu subito un grande – e meritatissimo – successo, di pubblico e di critica. Nessuna altra canzone, forse, ha saputo rendere così bene un addio fra un uomo ed una donna: quel che resta, quel che no.
E la voce di De Gregori è suadente e tagliente come quella di Bob Dylan (l’ultimo album del cantautore romano si rifa direttamente allo straordinario menestrello statunitense, non a caso).
Anche qui, non per stucchevole passatismo, ma solo per un minimo di senso storico: cosa resterà, fra 40 anni, di una qualunque canzone di oggi?
Ps Una precisazione rispetto al pezzo di venerdì sul Rettore dell’Opa Indrizzi; che precisa – tramite amico comune – che lui si è laureato a 22 anni, non da adulto. Ce ne scusiamo con l’Indrizzi stesso, per quanto – sia consentito – il tutto non alteri in nessun modo il senso dell’articolo stesso.
insomma…della serie “il 24 aprile tutti fascisti,il 25 tutti comunisti”…anche ingrao come bocca,montanelli e quell’altro che ha il cognome,al plurale,di uno dei peggio presidenti della repubblica…mi cadono le braccia!
rimmel: da ragazzo comprai l’lp in vinile. beh, erano gli anni di piombo e anche la musica di quei tempi era quella della “bomba proletaria che illuminava l’aria” …o si sentivano i gruppi anglo-americani (perchè un ci si hapiva nulla,ma i’ ritmo c’era)o forse qualche cantautore italiano che cercava di distaccarsi un pochetto…ma non troppo però,sennò gli avrebbero dato del fascista come fecero (ingiustamente) con lucio battisti.
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Domanda fuori di argomento: ma il processo ‘Time out’ il cui principale imputato è il Minucci che fine ha fatto? La prescrizione è in arrivo? Tutto insabbiato. Speriamo che la manifestazione dei tifosi bianco verdi (io c’ero) abbia un esito positivo, ma i giornali hanno dato molto in sordina la notizia. Siena, nuova Bulgaria, ancora resiste. Ma l’autunno è vicino e le foglie (Valentini) dovranno cadere e tanti altarini saranno scoperti. Se uno di loro cade non vuole certo essere da solo. Intanto una bella manifestazione ci starebbe bene.
L’inchiesta si è arenata quando si è scoperto (guarda caso) che il “grande ladrone” pagava tangenti, oltre che al Gran Maestro, anche a giornalisti importanti del nord italia e vari politici senesi e non. Le pressioni per andare alla prescrizione sono fortissime da varie parti, a quanto si dice.
Detto questo noi non ci rassegniamo e continueremo a farci sentire in tutti i modi!
Pietro Ingrao fu fascista quando quel regime non aveva noie, poi partigiano comunista perché da quella parte non si avevano noie, poi membro di un Parlamento liberale dove nessuno poteva dargli delle noie, e dal quale Parlamento lui, ex partigiano comunista armato, chiese la pena di morte per i comunisti armati delle Brigate Rosse che avevano rapito Aldo Moro. Davvero un bel tipo…
Hai ragione molto camaleontico. Sempre sul carro dei vincitori. Difatti le sue commemorazioni non m’hanno fatto né caldo, né freddo.
scusate se sono fuori tema ma vorrei ringraziare la contrada della torre per aver avvisato tutti gli abitanti del proprio rione e zone limitrofe (torraioli e non come il sottoscritto) sui disagi alla viabilità e sulle alternative ai parcheggi (parcheggio coperto fontanella) sostituendosi in maniera efficientissima ai totalmente inesistenti ed inefficienti sistemi di comunicazione del nostro caro comune…..martedi 29 settembre dopo un giorno di divieto di sosta e divieto di transito nei vicoli intorno a salicotto, alcuni vigili di “quartiere” non erano a conoscenza della possibilità di parcheggiare gratuitamente a fontanella ….sulla nazione è apparso un articolo solo il 29 settembre…..grazie per il continuo abbandono a cui è sottoposta la cittadinanza tutta….ma perché non ci abbandonate davvero!!!!
E’ l’ennesimo segno che la nostra amministrazione è allo sbando. A quando le dimissioni forzate del Valentini? Spero presto.
E con rispetto per le consorelle, dico forza Torre.
Tutto si può dire di Ingrao, fuorchè sia stato una persona che ha vissuto “per non avere noie”.
E’ stato uno dei pochi politici del secolo scorso(per non dire di questo) che ha sempre messo in dubbio le proprie certezze ideologiche per poter decidere liberamente, ma sempre con l’obbiettivo di far avanzare la società civile.
Una persona dalla parte degli ultimi e mai accodiscentente col potere, un uomo delle Istituzioni, nel senso migliore della parola.
Ce ne fossero di politici come lui!
Quindi Ingrao, fascista quando il fascismo andava per la maggiore; partigiano comunista dal 1943 al 1945, quando era rischioso essere fascista e si contava poco ad essere partigiano bianco; nel 1956 da direttore dell’Unità esaltò l’impresa dei russi quando con i carri armati invasero l’Ungheria; parlamentare comunista chiese nel 1978 la pena di morte per le Brigate rosse perché queste avevano rapito un suo collega, ma non lo aveva fatto prima anche se le Brigate rosse era dal 1974 che ammazzavano gente; aderì al partito non più comunista PDS, anziché a Rifondazione comunista che ha molti meno voti (quindi conta meno) del primo, non è un’opportunista che sceglie la parte che più conviene ma uno che mette in dubbio le proprie convinzioni ideologiche. Guarda caso, però, che lo fa sempre per lasciare chi perde ed andare da
chi vince. E ti pare un politico come ce ne sono stati pochi?
E’ certo il maestro per molti nostri politici di oggi, opportunista e sempre dalla parte dei vincitori. E’ stato uno dei tanti pionieri in questo campo.
Non ricordo molto bene Ingrao, ero troppo giovane durante il suo periodo di attività politica, dopo lo ricordo solo come un vecchio rudere, un relitto del passato.
Mi pare però, leggendo la sua biografia, che siate n po’ ingenerosi con lui accusandolo di opportunismo: lui era antifascita già dal ’36 quando il fascismo era al suo apice, e c’era davvero da rischiare molto grosso a far parte di un partito clandestino (altro che qualche noia sul lavoro come lamentano alcuni “oppositori” senesi di oggi).
Leggo però in’ un’intervista alla Rossanda,uscita alla morte di Ingrao questo passaggio:
Cosa era il comunismo per Ingrao?
“Cosa fosse nei suoi pensieri non lo so. Dello sviluppo dell’Urss, della Cina e di Cuba non abbiamo mai parlato,né lui ha scritto nulla.
Però va fatta un’osservazione: la storia del comunismo reale di questi paesi non l’ha fatta lui come non l’ha fatta nessuno di noi. Se la storia è andata come è andata, chiunque di noi oggi può dire “forse ho sbagliato anche a tentare”.
A Pietro non è venuto mai questo dubbio, di avere cioè sbagliato anche a tentare”.
Della parola comunismo voleva preservare il valore evocativo?
“Non credo, piuttosto ritengo che lui pensasse che fosse il solo modo di uscire da una crisi molto grave
della società contemporanea”.
Ecco, secondo me la politica è una cosa molto concreta, si tratta di proporre soluzioni reali ai problemi di una città, di una regione, di un paese:
ed una persona che ragiona in modo così astratto, che non prende in considerazione la realtà non può essere stato un buon politico, può essere un poeta, un professore, un teorico ma non un politico; e forse questo
atteggiamento, questo modo di pensare fumoso e astratto spiega molte cose su cosa è stata la sinistra in Italia nel dopoguerra.
Così, per avere un’informazione completa sul compagno Pietro Ingrao: ma i funerali li ha pagati la famiglia o sono a carico dello Stato?
Non che la cosa mi turbi, ma mi pare che il mio indirizzo email sia pubblicato ben due volte