Eretico di SienaXXV aprile: poteva essere un ponte, invece è un fossato (e 3 Ps divisivi)... - Eretico di Siena

XXV aprile: poteva essere un ponte, invece è un fossato (e 3 Ps divisivi)…

- 25/04/15

 

Cade oggi il 70esimo anniversario della Resistenza, vittoriosa, al nazifascismo: una celebrazione che dal 1945 avrebbe potuto unire gli italiani democratici (che non necessariamente rappresentano TUTTI gli italiani), e che invece non ha fatto altro che dividerli.

Come testimoniato dalle menti più lucide anche dell’immediato post-1945 ( porteremo, in questo nostro contributo, un esempio davvero illuminante), la colpa di tutto ciò sta nei partiti – a partire ovviamente dalla Dc e dal Pci di allora -, tutti tesi unicamente ad utilizzare strumentalmente la celebrazione per interessi elettoralistici. Con il consueto contorno di intellettuali (giornalisti, in primis) sempre pronti a capire da che parte soffiasse il vento del Potere, per poterlo lusingare meglio.

L’occasione per superare lo stallo, ci sarebbe stata: non grazie ad un politico, appunto, ma grazie ad un coraggioso storico, Claudio Pavone, antifascista e resistente lui stesso; il quale, nel 1991, pubblicò il suo fondamentale contributo sulla Resistenza (“Una guerra civile”) , in cui per la prima volta (!) si definiva la stessa una “guerra civile”, differenziandola da quella patriottica (contro i nazisti), ed anche dalla guerra ideologica e classista (che ci fu, almeno in embrione) anticapitalistica, insufflata dall’esempio sovietico (ciò che era fallito nel cosiddetto “biennio rosso”, poteva essere riproposto, no?).

Ma gli storici davvero liberi non hanno partiti dietro, ed in più “scese in campo”, un paio di anni dopo, Silvio Berlusconi: non c’era più spazio per il tentativo – finalmente maturo, una cinquantina di anni dopo gli eventi – di portare avanti una celebrazione autenticamente condivisa.

Ed occoci dunque all’hic et nunc: nonostante gli appelli “unionisti”, abbiamo il centrodestra che snobba colpevolmente la celebrazione (leggete Il Giornale di oggi, per avere un’idea), come se la lotta partigiana non avesse avuto un impatto importante (per quanto non decisivo), e non avesse mostrato (insieme a non poche ombre, fatte di sangue innocente) autentici episodi di eroismo, soprattutto con il presupposto di base di essere dalla parte GIUSTA della Storia; dall’altra parte, troviamo stanchi sacerdoti di una religione che ha più dogmi di quella cattolica, ed eretici da combattere, non sempre con argomenti e fatti. Quest’anno – manco ce ne fosse stato bisogno – si è aggiunta (se ne è occupato a lungo Furio Colombo, sul Fatto) la stucchevolissima polemica sulla partecipazione alle manifestazioni della Brigata ebraica, che un suo ruolo comunque lo ebbe, all’interno del fenomeno resistenziale.

Fra i tantissimi contributi di questo settantesimo anniversario, uno dei più stimolanti (nonché documentato per tabulas) mi è sembrato quello dell’eccellente storico Emilio Gentile sul Sole 24 ore di domenica scorsa (“Le divisioni della Resistenza”, incentrato sul fatto che dopo il primo anniversario celebrato in modo unitario, dal 1947 tutto cambiò, con la Dc che arrivò ad impedire le manifestazioni del 1948, ad una settimana dal 18 aprile…). Il Ministro Scelba vietò infatti le manifestazioni pubbliche per la ricorrenza in questione.

Due le chicche storiografiche, davvero notevoli, scovate da Gentile:

1) “Non siamo stati soli, né pretendiamo alcun merito esclusivo. Abbiamo avuto accanto a noi operai e lavoratori socialisti (si pensi a Sandro Pertini, Ndr), lavoratori ed intellettuali del Partito d’azione, del Partito democratico cristiano e di altre correnti democratiche e liberali”.

Firmato Palmiro Togliatti (V Congresso del Pci, 29 dicembre 1945). Veritas filia temporis: c’era da accreditarsi come forza responsabile e di Governo, in quel momento…e ci permettiamo di aggiungere: dato per assodato il ruolo importante dei partigiani comunisti, resta un dato di fatto, che non pare di poco conto. Questo: la stragrande maggioranza dei crimini che ci furono DOPO il XXV aprile (già conosciuti anche prima di Pansa, in gran parte), furono di matrice comunista. Le altre componenti resistenziali – nel 1945 accreditate come tali dallo stesso Migliore – non se ne macchiarono.

2) Straordinariamente lungimiranti le parole del prete don Primo Mazzolari: antifascista convinto (arrestato nel 1944), riconosciuto prete-partigiano; anticomunista altrettanto convinto e deciso (ma lui a discutere con i rossi andava); infine inviso, ovviamente, alle gerarchie ecclesiastiche.

Emilio Gentile ha ripescato un suo scritto (immaginiamo semiclandestino) del 1949:

“La resistenza continua ma in nome della parte contro la Patria, perpetuando ed aggravando la frattura…Se la Resistenza PER COLPA DEI PARTITI non avesse perduta la sua iniziale nobiltà, se avesse conservato intatto il patrimonio dei suoi Morti,se invece di scavare una trincea avesse costruito un ponte, avrebbe salvato l’Italia”.

Pare del tutto evidente che non sia andata così: ben lungi dal diventare un ponte tra democratici ed antifascisti, è stata un fossato (una “trincea”, scrive Mazzolari).

Un’altra occasione malamente perduta – in nome del particulare partitico – per fondare un’Italia diversa, altra, meno conformista, ipocrita ed autoassolutoria di quella che ci troviamo cotidie davanti…

 

Ps 1 Oggi alle 14,30 a Sant’Anna di Stazzema il Ministro Boschi commemorerà la strage omonima (sic). Che Liberation day sia, dunque (straordinario Crozza ieri sera).

Da dopodomani, mi raccomando: i renziani non dimentichino di comprimere ulteriormente il diritto di voto, svuotandolo del tutto di senso con il vergognoso Italicum. Forse il prossimo XXV aprile potremo attualizzare la celebrazione…

Ps 2 Questo pomeriggio, consueta – logora – cerimonia in Piazza del Campo. Fra i presenti sul palco, guardate coloro che hanno meno di 70 anni: parleranno di coraggio, determinazione, eroismo. Ma cosa hanno detto, scritto, soprattutto fatto, per impedire il disastro della città? Parlando, loro, di coraggio, infangheranno la memoria dei partigiani.

Ps 3 Forse è il momento di svelare un piccolo particolare biografico dello scrivente: 4 anni or sono, c’era un posto vacante, per i docenti di scuola media e superiore, alle Stanze della memoria in Via Malavolti. Decisi di partecipare. Ci presentammo in quattro, se non erro: c’era solo il colloquio, che fu generico e, da parte mia, fu svolto senza problemi. Arrivai terzo (sic); molto gentilmente, per mail chiesi chiarimenti sull’andamento della prova (sulla valutazione), senza alcun successo.

Non mi interessa fare polemica personale (stranamente), e difatti non cito né chi era in Commissione (non c’era Alessandro Orlandini, a scanso di equivoci!), né chi risultò alla fine vincitrice (con stipendio pagato dallo Stato, per inciso): sarà stata sic et simpliciter più brava e preparata. Lo dico sul serio.

Peccato solo per una cosa, che avevo immaginato bene (ho testimoni a poterlo riferire: i Processi insegnano…): mi sarebbe piaciuto moltissimo vincere!

Perché un secondo dopo la vittoria, avrei ringraziato e salutato tutti, dicendo di NON accettare l’incarico. Le Chiese, con le loro liturgie ed i loro dogmi, decisamente non fanno per me…

50 Commenti su XXV aprile: poteva essere un ponte, invece è un fossato (e 3 Ps divisivi)…

  1. Edoardo Fantini scrive:

    Caro Eretico, siccome insegni Storia (la maiuscola ė tua perché, per lo meno in tema di fascismo, ti assicuro che insegni niente più che storielle) ci spieghi quale differenza c’ė fra le funzioni dello stato liberale (che ritieni giusto) e quelle dello fascista contro il quale fu GIUSTO (maiuscola sempre tua) combattere?

  2. Anselmo F. scrive:

    Un piccolo appunto che non cambia la sostanza: già nel 1983 Indro Montanelli titolò il suo volume della Storia d’Italia, “L’Italia della guerra civile”

    • Eretico scrive:

      Caro Anselmo F.,
      hai fatto benissimo a ricordare il volume di Indro Montanelli. Ma, come di certo saprai, Montanelli non era uno storico di professione, e la comunità accademica non lo prese in nessuna considerazione. Semmai è interessante notare come anche Norberto Bobbio, sin dal 1965, ritenesse la Resistenza come una Guerra civile: ma non ebbe il coraggio di dare concretezza pubblica alle sue idee…

      Ad Edoardo Fantini: visto che racconto “storielle”, permettimi di non spiegarti la differenza fra Fascismo e Stato liberale. Non ce la faccio proprio…

      L’eretico

    • Edoardo Fantini scrive:

      A onor del vero, negli anni 1965-1966, quindi “solo” venticinque anni prima di Claudio Pavone, fu Giorgio Pisano’ a scrivere una monumentale opera dal titolo: ” Storia della guerra civile in Italia”.

      • Eretico scrive:

        Caro Edoardo,
        ringraziandoti per l’esemplare spiegazione sulla differenza tra Stato liberale e fascista (ovviamente meglio il secondo: più lavoro, grazie al corporativismo, e treni in orario per tutti), ti aggiungo che ovviamente su Pisanò hai del tutto ragione. Ma il mio ragionamento verteva sul fatto che un’opera di un fascista convinto, non poteva essere accettata come opera di pacificazione nazionale. Soprattutto a soli vent’anni di distanza dagli eventi. L’occasione giusta era il 1991, ma non fu colta.

        Come vedi, non c’è bisogno di sparare a zero: ci si può confrontare. Poi è chiaro che vinci sempre tu…

        L’eretico

        • Edoardo Fantini scrive:

          Pisano’ non affidabile perché di parte, ma Claudio Pavone antifascista e resistente (parole tue) intellettuale da seguire…mah. Non è che vinco sempre io, Eretico: ė la Storia che, prima o poi, seppellisce le storielle.

          • Eretico scrive:

            Premesso, caro Edoardo, che tu vinci sempre perché più preparato e documentato, sei andato a battere esattamente dove ti aspettavo: Pisanò inaffidabile, ma anche Pavone. Par condicio, dunque.
            Peccato, però, che Pavone fosse (nel 1991) uno storico da tutti riconosciuto di grande levatura, mentre Pisanò – che non va certo denigrato aprioristicamente – fu prima di tutto un fascista, poi uno storico (filofascista). Nessun fascista (che io sappia) mai criticò le tesi di Pisanò, molti antifascisti criticarono invece (e criticano) il libro di Pavone: è il dibattito culturale democratico, baby.
            Se non cogli la differenza, non c’è problema: ma esiste, eccome.

            Concordo infine con Foloso (che ha colto l’importanza delle parole – autolesionistiche ex post – del Migliore), ed ho apprezzato, fra gli altri, l’intervento di A.B.

            In attesa del prossimo commento del Fantini (non so se risponderò, avendo ancora un minimo di vita sociale), buona domenica a tutti i lettori…

            L’eretico

  3. Edoardo Fantini scrive:

    La differenza fra stato liberale e stato fascista te la scrivo io perché tu non la sai, caro Professore: il primo ha tre funzioni, quella legislativa, che svolge con il Parlamento; quella amministrativa, per la quale ė vocato il Governo; quella giudiziaria, esplicata dalla Magistratura. Lo stato fascista di funzioni ne ebbe quattro, aggiungendo alle prime tre la funzione corporativa, che fu ideata per organizzare il lavoro di tutti gli italiani. Questa ė Storia ( della quale non ti abbiamo mai visto trattare), Professore, il “nazifascismo” invece ė una storiella che scrivi tutti i giorni.

    • A.B. scrive:

      Sarei curioso di veder organizzare dall’immaginifico Fantini la quarta funzione corporativa nella società odierna. Vorrei vedere la corporazione degli hacker o quella delle wedding planner o quella dei personal trainer.
      Forse però l’ impero romano era ancor più funzionale di una democrazia liberale. Schiavi, liberti, cittadini e nobili. Semplice, multiculturale e funzionale. Con il vantaggio che almeno in quel periodo dominammo realmente il mondo piuttosto che far finta, con una dittatura di operetta, di essere un popolo espressione di una razza superiore, salvo poi soccombere a destra, con i pastori macedoni ed a manca con i francesi giá annichiliti dai nazisti.
      Questa è la storia, il fascismo è stato sconfitto in guerra, ma soprattutto dopo, in pace, perché non più attuabile in un mondo che ormai era cambiato.

      • Edoardo Fantini scrive:

        Caro A.B. non credo affatto che nel mondo di oggi sarebbe possibile dare ad una qualsiasi nazione un’organizzazione giuridica come quella del Ventennio, ma il punto di questa discussione è diverso: L’Eretico scrive che era GIUSTO combattere contro lo Stato fascista e io gli chiedo il perché, di fatto, sia GIUSTO sparare contro uno Stato che si prende cura del lavoro di tutti i cittadini. Di righe ne ha scritte tante ma di risposte non me ne ha date neanche una.

        • Eretico scrive:

          Caro Edoardo, non ti ho risposto semplicemente perché dicendo che il fascismo pensava solo a tutelare il lavoro degli italiani, parmi che tu abbia già detto tutto…piuttosto, un’ultima (forse) cosa: invece di ingolfare questo blog – che certo NON ha una visione sacralizzata ed agiografica della Resistenza – di tuoi interventi, perché non ti fai vivo a casa dei sacerdoti resistenziali, tipo i martinellati? Almeno un accenno di par condicio, no?

          In serata, articolo stimolante su Robespierre e Bezzini, tanto per riscaldare i motori della campagna elettorale…

          L’eretico

          • Edoardo Fantini scrive:

            Ti ingolfo il blog? Ti faccio notare che per la tua assoluzione hai fatto passare 80 interventi e su questo siamo ad appena 25.

  4. Guido Elia scrive:

    E’ uno splendido cortocircuito logico quello di coloro che si fanno scudo delle Libertà concesse dalla democrazia per criticare la democrazia stessa. La cosa bella è che questi vaneggiamenti aggiungono ulteriore valore a questa Festa. Perciò esprimetevi liberamente su quanto fossero buone e giuste le camicie nere del crapulone che si alleò a quella brava persona che era baffino: se lo potete fare è solo grazie alla Resistenza e agli Alleati. Sono convinto che non si sentiranno offesi se non li ringraziate.

    • Edoardo Fantini scrive:

      Se sono le alleanze militari che, secondo te, qualificano i leader politici, ti ricordo che Stalin stava con Churcill, De Gaulle e Roosvelt, cioè con i Liberatori…

      • Guido Elia scrive:

        Fantini, se lei e io possiamo liberamente esprimere le nostre opinioni è solo perché non siamo in un regime totalitario. Siamo invece in una repubblica parlamentare grazie a delle vicissitudini storiche, non certo perché chi aveva il potere decise di rimettersi alle urne. Il resto sono chiacchiere…che comunque non avremmo potuto fare se ci fossimo trovati in una condizione diversa dalla democrazia. Ognuno si sceglie i suoi esempi di vita, le lascio volentieri i suoi. Saluti.

        • Edoardo Fantini scrive:

          Caro Guido, un regime totalitario (come quello fascista) è diverso da uno liberale perché è statalista, cioè legifera su tutti gli aspetti economici che avvengono entro i propri confini. Per questo si chiama totalitario: perché norma la totalità (o quasi) dei rapporti che intrattengono i suoi cittadini. Come vedi il totalitarismo non c’entra niente con la possibilità di esprimere le opinioni. Quanto alla libertà sociali di quegli anni, vai a guardare la storia di Alan Turin, e troverai che era un omosessuale che fu castrato chimicamente nella democratica (e liberatrice…) Inghilterra degli anni ’50. L’avesse fatta il Duce una cosa simile, apriti cielo e spalancati terra!!! Solo che è avvenuta dai vincitori e allora…

          • Guido Elia scrive:

            Il Duce più tollerante della perfida albione nei confronti degli omosessuali! Quale apertura mentale! Quale campione di umanità! Lei è fantastico, mi farebbe anche ridere se stessimo parlando di Tolkien e non di Storia.

  5. Roby scrive:

    Complimenti prof. per il suo articolo. Lasci perdere chi vuol difendere ad oltranza il “Ventennio Fascista”. Insegnamo a vedere la realtà per quella che è, non per quello che ci vogliono far apparire ogni volta.

  6. desdichado scrive:

    Ieri il grande Saviano ha celebrato il 70esimo della Resistenza rivelandoci che fu un moto multietnico…Non lo avevo mai saputo né mai sentito dire e allora mi domando…”ma perché gli illuminati ce lo hanno taciuto per 69 anni? Ma in che mani siamo, noi del popolo non laureato? Così non si fa! Ma che intellettuali abbiamo in questo povero Paese? Perché ci nascondono le verità essenziali?”
    L’anno prossimo verremo a sapere che la Resistenza la fecero i ghanesi, i magrebini, gli iracheni e tutti i migranti, con la benedizione della CEI…Che meraviglia! Che bella cosa!
    Eretico! Se hai qualcosa da dire, batti un colpo.

  7. Anonimo scrive:

    Certo che il Corriere di Siena è una delusione continua. Non dà il giusto spazio a notizie importanti per la città, ultime delle quali l’assemblea MPS e l’assoluzione dell’Eretico, relegato in un trafiletto, e da una pagina a quel Lorenzo Rosso, ovvero un politico datato e già ben (o mal?) conosciuto a Siena per una “carriera” politica assai discutibile. Non solo, ma ho anche scoperto oggi che il sig. Rosso, nonostrante si voglia definire “senese delle lastre”, dopo la trombatura a Siena, non ha esitato a raccattare una poltrona a Castelnuovo, togliendo spazio ai residenti di quel comune. Bell’esempio di radicamento. Eretico, te che sei informato, guiarda se riesci a capire che gioco ci possa essere sotto. Un altro Groviglino? Ma è sempre il Gran Maestro direttore di quel qutidiano? Fortunatamente la notizia dell’accordo tra Lega e Fratelli d’Italia di Rosso mi leva qualsiasi dubbio, pur lieve che avevo, di votare Borghi alle Regionali.

  8. Billy scrive:

    La quarta funzione, oltre a soffrire delle stesse magagne delle altre 3 anche in epoca moderna, soffre soprattutto del male della sua stessa natura, cioè lo spirito corporativo che nell’italietta degli italianetti acquisisce sempre l’accezione peggiore perché significa protezionismo e mancanza di iniziativa. Lungi da me osannare la falsa competizione derivante dal cosiddetto liberismo all’occidentale, ma ogni corporazione di età moderna ha voluto solo dire impossibilità di accedere alle cariche per meritocrazia, tassazione insulsa delle capacità e classismo inossidabile.
    Gli ordini odierni ( notai, farmacisti, geometri, etc….) sono il retaggio di quella cosa lì e sono la cosa che ha meno senso nel mondo moderno. Certo, uno stato organizzato diversamente ed in senso più statalista potrebbe dargli un significato diverso, ma allora perché non parlare di stato socialista anziché fascista? Lascia stare Fantini. Non è che dici cose sbagliate per definizione è che sei un po’ troppo partigiano!
    Un saluto

    • Edoardo Fantini scrive:

      Caro Billy, è evidente che scambi le lobbies con le Corporazioni fasciste, ma lo fai solo perché quest’ultime non te le hanno mai insegnate. Eppure sai quanti Professori di storia hai incontrato!

      • Billy scrive:

        Non scambio lobbies e corporazioni perchè non sono da scambiare. E’ il concetto che ti volevo palesare e cioè il fare di un mestiere una casta. Vedi, se la corporazione è quella dei contadini lo possono fare tutti, se la corporazione è quella dei notai lo possono fare solo i figli dei notai. Nell’italia, dall’impero romano in poi dal quale il fascismo mutua parecchio, il problema è sempre stato questo. Se puoi mi vuoi parlare di quanto sarebbe stato bello che fosse stato così….vabbè allora si parla di teoria pura e allora va bene qualsiasi concetto compreso il comunismo!

  9. foloso scrive:

    La sinistra italiana dei figli del’ 68 è la maggiore responsabile del fossato ideologico che rende impossibile una memoria condivisa. Cari sessantottini non furono solo i compagni a combattere e a liberare l’ Italia ma tanti altri valorosi partigiani che col comunismo non c’ entravano niente. Per anni si è voluto accostare la Liberazione agli eroi di una parte sola fino ad impossessarsi del significato stesso di Liberazione come una vittoria dei comunisti. NON È COSÌ. I comunisti così come i fascisti HANNO PERSO non perché lo dico io ma perché lo dice LA STORIA . Entrambi travolti dai limiti dell’ ideologia totalitaria, non sono stati capaci di rielaborare i propri dogmi .L’ unica cosa che sono stati capaci di fare questi figli della rivoluzione è stata quella di sedersi nella poltrone dei vari CDA di aziende politicizzate e portate costantemente alla rovina da lor signori. SIENA è un esempio LAMPANTE.
    Le indagini svolte su Mafia Capitale hanno dimostrato come i nemici di un tempo da anni facevano affari insieme.
    Liberiamoci di questa gente, di questi ex rivoluzionari che sono diventati peggiori dei borghesi a cui volevano dare battaglia.
    W l’ Italia liberata. ….da chi la governa.

    • ghino di tacco ....quello di radicofani scrive:

      finalmente un compendio di verità, senza il prosciutto sugli occhi o il cervello all’ammasso.

    • Marco scrive:

      Foloso apprezzo quanto hai scritto con la speranza che quelli della martinella in primis l’orlandini legga e rifletta. Si puo’ migliorare…. sempre

  10. Licione scrive:

    Impruneta, 4.402 tombe e 1.409 nomi di dispersi….questi sono stati i liberatori dell’Italia.
    Santa Anna di Stazzema, una banda che spara sui tedeschi e poi scappa sulle montagne lasciando la popolazione inerme ed indifesa…..ebbene questi non saprei come chiamarli…

    • Edoardo Fantini scrive:

      Quei 4.402 erano venuti ad occupare non a liberare. Le guerre servono a conquistare, se non ci credi vai a leggere il trattato di pace firmato a Parigi nel 1947, per vedere se gli Alleati ti hanno portato o ti hanno preso.

  11. Mauro scrive:

    Quoto quasi tutto, come sempre.
    Non è tuttavia possibile vivere il 25 aprile in questo modo : rifiuto da una parte (sono sconvolto : come si fa a difendere una dittatura?) e apoteosi dall’altra (sono sconvolto : come si fa a non vedere ciò che è stato ?).
    Il 25 aprile è troppo divisivo. Sarebbe bene sostituirlo. I drammi italiani vengono dalla fondazione del Regno (Sud – Nord; oligarchie al potere; scontro cattolici – non cattolici; cultura cortigiana…) non potremmo festeggiare il 18 marzo?
    Saluti cordiali

  12. Cecco Angiolieri scrive:

    …risposta a Licione…

    All’inizio dell’agosto 1944 Sant’Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco come “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione, in quell’estate, aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto 1944, tre reparti di SS salirono a Sant’Anna mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
    In poco più di tre ore vennero massacrati 560 civili, in gran parte bambini, donne e anziani. I nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra, bombe a mano colpi di rivoltella e altre modalità di stampo terroristico. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva 20 giorni. Gravemente ferita, la rinvenne agonizzante una sorella miracolosamente superstite, tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell’ospedale di Valdicastello. Infine, incendi appiccati a più riprese causarono ulteriori danni a cose e persone.
    Non si trattò di rappresaglia (ovvero di un crimine compiuto in risposta a una determinata azione del nemico): come è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia, infatti, si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la popolazione, la loro volontà e tenerla sotto controllo grazie al terrore. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.
    La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’Eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi al Tribunale militare di La Spezia conclusosi nel 2005 con la condanna all’ergastolo per dieci SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase processuale si è svolto, grazie al pubblico ministero Marco de Paolis, un imponente lavoro investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna. Fondamentale, nel 1994, anche la scoperta avvenuta a Roma, negli scantinati di Palazzo Cesi, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi “armadio della vergogna”, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra.
    Prima dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, nel giugno dello stesso anno, SS tedesche, affiancate da reparti della X MAS, massacrarono 72 persone a Forno. Il 19 agosto, varcate le Apuane, le SS si spinsero nel comune di Fivizzano (Massa Carrara), seminando la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla, Bardine e Vinca, nella zona di San Terenzo. Nel giro di cinque giorni uccisero oltre 340 persone mitragliate, impiccate, financo bruciate con i lanciafiamme.
    Nella prima metà di settembre, con il massacro di 33 civili a Pioppetti di Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portarono avanti la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido furono fucilati 108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), a Bergiola i nazisti fecero 72 vittime. Avrebbero poi continuato la strage con il massacro di Marzabotto.

  13. Simone Poli scrive:

    Caro Raffaele

    per esprimere l’ardua sentenza dei posteri occorre affidarsi alle fonti storiche.

    Chi non è testimone diretto degli avvenimenti, perché nato dopo e contemporaneo solo del giudizio che esprime, deve fidarsi soprattutto delle evidenze e dei documenti.
    Una memoria da ricostruire.

    La memoria, si sa, ha varie finalità selettive e quelle dei vincitori -spesso- sono destinate a prevalere.

    Un primo filtro sulla materia è costituito quindi dall’autorevolezza degli studiosi.
    Fanno seguito concetti cornice o definizioni interpretative.
    Famose per esempio, per quanto riguarda il fascismo, quella di parentesi e di autobiografia della nazione.

    Mentre la parentesi è autoassolutoria (il fascismo è stato un incidente, un corpo estraneo) , l’autobiografia coglie gli aspetti originali di un processo storico che , per la prima volta, si è assunto il compito di organizzare la massa in Stato.
    Attraverso la legge e non attraverso la classe.

    Se si analizza Mussolini (al netto delle ambizioni personali e dello stile) si scopre che oltre ad essere stato un socialista rivoluzionario, un polemista efficace, un giornalista/editore e (come negarlo ?) un affabulatore carismatico, egli ha fallito il suo compito principale : educare gli italiani (e pensare che aveva fatto anche il maestro).

    Educarli alla libertà , ovviamente.
    E’ questo il punto dirimente.

    Se si osserva il biennio rosso nel contesto creatosi con la prima guerra mondiale si deve prendere atto che massimalismo e bolscevismo non lottassero per istituzioni liberaldemocratiche.

    Il dialogo Gramsci-Gobetti è illuminante a tal proposito.
    Rimane un dialogo meraviglioso, dove la passione politica sfiora continuamente l’estetica.

    Ci possiamo naturalmente disperare che quei cervelli siano stati privati con la forza del loro ruolo di potenziali catalizzatori ; che sia stata preclusa l’evoluzione e la guida di un’alleanza verosimile anche se difficile.

    Ma la lotta di classe , la dittatura del proletariato non sono fasi folkloristiche di una strumentale propaganda: sono l’orizzonte di un’azione , di una fede politica.

    Certo : il sovversivismo delle classi dirigenti , farà il paio.
    Ma tutti volevano cambiare uno Stato che non funzionava, se non come fenomeno di elite.

    Guerra civile però è una definizione che rischia di apparire troppo neutra (se il discrimine è la libertà).

    La libertà ha un tempo necessario : quello da dedicare all’avversario per confermarlo tale.
    L’avversario è la libertà.

    Perfino la compatibilità logica che ci porta a conservare la libertà elettorale e di pensiero dei nemici, accetta questo paradosso.
    Solo la libertà può uccidere se stessa : non si può uccidere una cosa che non c’è o che deve nascere.

    La dittatura, lo stato totalitario, la negazione dei diritti civili e politici non sono la libertà.

    Con le leggi razziali il discorso si chiude.

    Se non ti venisse riconosciuta la minima cittadinanza politica (tutti i diritti dell’individuo) la tua sarebbe sicuramente una guerra di liberazione (doverosa) ; cosa diversa da una guerra civile o da una guerra contro l’occupante straniero.

    Lo scenario da guerra civile (una definizione che nega alla vittima il dovere di ribellarsi) presuppone la mancanza di reciprocità. Qualcuno cioè che combatte soltanto per la propria libertà.
    Fosse anche la libertà di negare quella degli altri (leggi razziali).

    Combattere per una patria di questo tipo (che avrà il compito di negare la libertà a qualcuno per motivi politici, razziali, religiosi od economici) significa negare anche la giustizia.

    E invece : giustizia e libertà !

    La vera guerra di liberazione avviene quando questa viene riconosciuta e garantita a tutti.
    Se il fine condiviso sarà quello di vivere in pace, il mezzo più importante sarà rispettare l’avversario.
    E rispettare l’avversario significa avere bisogno di qualcuno che è libero, proprio in quanto avversario.

    Libero dalla tua influenza (anche minima).
    Figuriamoci dal tuo potere (politico od economico).

    Lo spirito di servizio (cosa diversa dalla bulimia del potere) cerca le voci critiche proprio per confermare la bontà delle proprie scelte.
    E sarà felice di confrontarsi continuamente con l’art. 3 della Costituzione.

    Se sono al governo (e non al comando) avrò bisogno certamente di persone esecutive, gestionali.Bravi e onesti realizzatori per mettere a frutto il principio di maggioranza nel rispetto del principio di legalità.
    Persone cioè con cui amministrare (non legiferare).

    Per legiferare invece (strategia di lungo periodo e conoscenza della realtà) avrò bisogno di persone libere, soprattutto di avversari.
    Avrò bisogno di sapere quello che da solo non posso sapere (da qui la bellezza della politica che è il discorso in comune).

    Allo statista non serve la servitù.
    Allo statista servono uomini e donne libere, senza vincolo di mandato.

    Mussolini è stato uno statista ?

    La guerra civile quindi occulta la guerra di liberazione.

    Se poi la cartina di tornasole sono le Istituzioni che ne sono derivate, allora qui è tutto più chiaro.

    L’Italia scelse di privilegiare la rappresentanza perché con il fascismo aveva avuto un eccesso di governabilità.

    Il Parlamento però (che doveva essere il trionfo della rappresentanza organizzata, della possibilità di scegliere i migliori – gli onorevoli , per l’appunto -) ha tradito la sua funzione.

    Lo testimonia la pessima legislazione di questi ultimi anni, la superfetazione caotica di interessi privati, l’esplosione del debito pubblico, il consociativismo irresponsabile.

    Tuttavia , chi voleva la rivoluzione (la rivoluzione tradita…) voleva anche la democrazia ? Le libertà ? .

    Se fosse una questione nominalistica basta pensare alla Repubblica Democratica Tedesca.

    Il patriottismo costituzionale invece è fatto innanzitutto da Organi che potevano funzionare in perfetto e plurale equilibrio se solo gli uomini e le donne ne fossero state all’altezza.

    Sul timbro e la mano ispiratrice bastano queste semplici domande.

    Chi ha voluto gli organi di garanzia ?
    Chi ha voluto l’indipendenza della magistratura ?
    Chi ha voluto il bicameralismo perfetto ? (che ovviamente era nato per fare poche e ragionate leggi, senza fretta , possibilmente senza ambiguità interpretative e a fronte di stipendi-remunerazioni dignitose ma non esose).

    Poi certo abbiamo avuto la guerra fredda e la sovranità limitata.

    Ma ora ne vogliamo uscire con una nuova investitura, con l’ennesimo uomo della provvidenza.

    E’ che non ci piace sentirci responsabili e quindi preferiamo offendere la nostra intelligenza.

  14. Cecco scrive:

    Penso che la divisione nasca dal fatto che forse la Resistenza ed i suoi valori siano stati nei fatti spesso traditi dall’Italia repubblicana: lavoro, diritto alla salute, ripudio della guerra, diritto allo studio, libertà di espressione … sono i valori che l’Assemblea Costituente ha racchiuso nella Carta Costituzionale, il fatto che spesso la Repubblica li abbia disattesi non è certo colpa dei partigiani combattenti. Forse la reale condivisione, non della percezione di un periodo storico, ma di questi valori e uno sforzo comune per realizzarli concretamente sarebbero il naturale antidoto ad ogni polemica ideologica.

  15. VEDO NERO scrive:

    Ho letto tutte le opinioni, le diatribe, i pareri anche il ‘trattato’, pesante, di Poli e dico che l’unico che ha detto in poche parole chiare e giuste è stato Foloso. Se siamo arrivati a questo punto di rottura sociale è anche merito di quei radical-chic del maledetto ’68, pensiamo a Capanna a quei tempi sempre sulle barricate contro la società borghese ed ora più imborghesito di quelli che allora contestava. E come lui quanti ce ne sono trai nostri politici.

  16. John Doe scrive:

    http://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/11782562/Pansa–tutte-le-falsita-sulla.html

    L’unica possibilità di creare un popolo che si senta tale, una nazione vera è la creazione di una memoria storica condivisa.
    La cattiva retorica politica ha accuratamente evitato, dall’una, ma anche dall’altra parte che ciò accadesse in 70 anni.
    La categoria di nemico dovrebbe tramutarsi in avversario, cui viene concesso l’onore delle armi, per potersi sviluppare una democrazia compiuta.
    Ovviamente i delinquenti ed i criminali di ogni supposta idea andavano processati e puniti.
    Ciò non è avvenuto invece per i vincitori, ed a parte una iniziale giustizia spesso sommaria, nemmeno per i vinti.
    Anche questo ha pesato e pesa enormemente sulla nostra società.
    Per questo l’attuale XXV aprile è solo fuffa.

  17. ale benve scrive:

    ho letto con attenzione tutti i post in merito al 25 aprile;

    Premesso che la storia è piena di gente che è MORTA per i propri ideali, perchè a SIENA non abbiamo il coraggio di fare nomi e cognomi di chi a distrutto questa città?

    Rischiare di perdere il posto di lavoro è forse da mettere sullo stesso piano rispetto al rischio di essere impiccati o fucilati?

    Di destra, di sinistra e di centro, tutti ci siamo dimenticati per cosa hanno combattuto i nostri nonni; è una vergogna

    ciao
    alessandro benvenuti

  18. Fede Lenzi scrive:

    Senti come si ringalluzzisce il sig. Fantini col XXV aprile… Complimenti tardivi per i fatti nei tribunali, Eretico, e anche per questo post. Sono totalmente d’accordo con l’idea di un’occasione persa, ma è anche vero che in un paese dove i sostenitori dei partiti somigliano a ultrà del calcio è difficilissimo far passare un’idea che possa essere condivisa. Penso all’immediato dopoguerra, all’armadio della vergogna, alle elezioni del ’48, a un bellissimo romanzo di Testori (Il Fabbricone). In Italia non si riesce ad andare oltre alle contrapposizioni comunisti / fascisti, o comunisti / cattolici. Problema di maturità, di educazione civica, di scarsa dimestichezza con la democrazia. Il sig. Fantini dice che non gli rispondi, ma mi pare che nemmeno lui risponda su certe cose: per esempio, come erano equipaggiati i soldati italiani mandati in Russia? Mussolini si preoccupò tanto del lavoro degli italiani, ma quando si trattava di mandarli a morire era più elastico. Viva il 25 aprile, ma un 25 aprile un po’ più vivo, meno “figé”, che attragga le persone, soprattutto i giovani.

    • quello di gracciano scrive:

      Le cose secondo me vanno anche viste con l’occhio di allora,adesso viviamo tutta un’altra realtà e certe situazioni le giudichiamo diversamente,nessuno ha i familiari bastonati da questa o quella fazione.

  19. Edoardo Fantini scrive:

    Per tua norma, Fede Lenzi, il Capo del Governo non si occupava (né si occupa) degli equipaggiamenti degli eserciti, essendo quegli allestimenti di responsabilità dei capi di stato maggiore delle armi aeronautica, marina ed esercito. Il capo di stato maggiore generale di quei giorni, che doveva coordinare i primi tre, era Badoglio che non si può certo considerare un fascista, visto che, dopo essere succeduto a Mussolini come capo di governo, con il suo primo consiglio dei ministri sciolse il Gran Consiglio, la Camera dei fasci e delle corporazioni e il Partito nazionale fascista. Non so se hai capito che che ho risposto alla tua domanda, comunque stai tranquillo che io a te non ho da farne neanche una

    • quello di gracciano scrive:

      Badoglio da chi fu nominato capo di stato maggiore generale? E non mi rispondere dal re…su segnalazione di? Dai..non è difficile…

  20. Edoardo Fantini scrive:

    Badoglio fu nominato Capo di Stato Maggiore Generale dal Re nel 1925. Il Re era il capo delle Forze armate italiane e per fare quelle nomine non aveva alcun bisogno di segnalazioni. Già perché l’Italia era un Regno retto da una monarchia costituzionale. Sai cosa vuol dire monarchia costituzionale, graccianese?

  21. quello di gracciano scrive:

    Rinunzio….

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