Passeggiate senesi (III): Ravacciano
Ravacciano è il quartiere che fu costruito ex nihilo a seguito del risanamento di Salicotto, tra i Venti ed i Trenta del Novecento (insieme al più piccolo Valli); centinaia di senesi (torraioli, in particolare) trasmigrarono dal tugurio in cui abitavano, in case sempre decorose, spesso più che decorose, contraddistinte dal tardo liberty ancora oggi caratterizzante buona parte del quartiere. Esperimento urbanistico-sociale complesso, ma globalmente riuscito (se pensiamo alla gran parte delle periferie senesi post 1945, riuscitissimo…).
Oggi Ravacciano è un quartiere in cui la vita trascorre tranquilla, forse anche troppo: esercizi commerciali ridotti al lumicino (nemmeno un alimentari!), la sensazione di una socialità ridotta, perpetuata giusto all’immancabile avamposto della Chiesa laica (circolo Arci) e di quella religiosa (parrocchia dell’Alberino).
Ma chi è dai 40 in su, forse terrà a mente che Ravacciano è stato, fra i Settanta e la prima metà degli Ottanta, un luogo genuinamente, prettamente popolare, tale da contendere alla periferia nord (Pietriccio in particolare) la palma – affettuosa, ed in larga parte ironica – di “Bronx di Siena”.
Uno che c’è cresciuto, mi racconta molte cose, a tal proposito: riporto solo le riferibili, perché altre sono effettivamente inquietanti. Nei giardinetti oggi intitolati al pittore Emilio Montagnani, c’era lo spaccio del fumo, en plein air; ed il gruppo dei giovani autoctoni era temutissimo, dai coevi di città (“arrivano quelli di Ravacciano, occhio!”).
Si mormora di una rissa in pienissima regola (1981, 1982?) fra i teddy boys del Pietriccio, che avevano sconfinato, ed i locali, in cui spuntò anche un’arma da taglio e le ragazze, premurose, fecero dono agli invasori “forestieri” di vasi in fiore. Raccontata da parte di chi vestiva la maglia locale, ovviamente prevalsero di gran lunga i teddy boys di Ravacciano.
Personalmente, non ho nessun ricordo diretto del quartiere, da bambino-ragazzo: credo di esserci entrato per la prima volta da pre-adolescente, non a caso, e prendendolo alla larga (cioè dall’Alberino, campino vecchia maniera: tanta polvere ed altrettanta passione)…
Isolato dal famoso ed omonimo ponte, se uno a Ravacciano non ci risiedeva o non aveva qualcuno da andare a trovare, perché mai avrebbe dovuto metterci piede, di grazia?
C’era un’aria da genuina borgata popolare, vagamente pasoliniana, con tanto di festa dell’Unità nei suddetti giardinetti: si era poveri (però più che dignitosi), ma belli ( forse neanche troppo, a vedere certe foto d’epoca, oggi esposte in una piccola mostra giusto nei locali del circolo Arci).
E c’era ancora tanta campagna, tanto verde, in loco, poi mangiato dai successivi interventi edilizi, compresi gli ultimi ed ultimissimi: guarda caso, con qualità architettonica che va a diminuire, piuttosto che a salire (mi sia consentito di segnalare, in negativo, l’ultima parte di Via del Vecchietta).
La via più bella – anche per la vista, bellissima, su San Francesco e dintorni – è la parallela di Duccio di Buoninsegna, Via di Valdambrino: tardo liberty stile San Prospero alta, appena meno ricercata. I senesi che ci andarono a vivere, un’ottantina di anni or sono, passarono da una delle zone a più alta densità di tubercolosi della città (non certo l’unica, peraltro), alle palmette che ancora oggi fanno bella mostra di sé nei giardinetti privati.
A Ravacciano, tra l’altro, ha vissuto a lungo il peggior Sindaco della storia repubblicana della città, quel Maurizio Cenni che officiò il matrimonio fra Pierferdinando Casini ed Azzurra Caltagirone davanti al Buon Governo (!), una settimana prima dell’affaire Antonveneta; da ragazzo, pare cercasse – senza troppo successo – di inserirsi nel gruppo “dominante” del quartiere, senza lesinare qualche scapaccione (subìto)…
Tra la main Street Via Duccio di Buoninsegna e la succitata Via di Valdambrino, c’è la piccola e stretta Via Sano di Pietro, tanto per restare alla toponomastica d’arte: una via di mero passaggio, tra le due vie principali.
Guardando il cartello, Sano di Pietro è divenuto “ano di Pietro”. Qualcosa della Ravacciano che fu, evidentemente, ancora esiste…
Nel 1926, cioè all’inizio delle più importanti riforme fasciste, furono varate le leggi n.237, n. 765 e n. 1910 che sostituirono il sistema di scelta degli amministratori comunali. Si passò dal criterio elettivo, proprio del mondo liberale (partitico) a quello della nomina governativa. Il primo cittadino di ogni comune cambiò il nome da sindaco a podestà, e siccome era considerato un ufficiale del governo al pari del Prefetto, si insediava in seguito ad una nomina governativa. Aveva una consulta comunale ( sembrerà strano ma di questa potevano fare parte anche le donne) che veniva scelta dal Prefetto, anch’esso nominato dal Governo. Il Podestà poteva essere coadiuvato da un vice-Podestà, sempre nominato dal Prefetto, ed entrambe le cariche erano gratuite. Il Podestà aveva carta bianca nell’organizzazione del suo Comune, ma avrebbe dovuto rispondere degli eventuali disservizi al Prefetto e questi al Ministro dell’interno. Fu a seguito di questa organizzazione che nella nostra città furono edificati i quartieri di Valli, Derna, Ravacciano, poi fu completamente demolito il quartiere di Salicotto, quindi riedificato. Il tutto in quattro anni: dal 1927 al 1931.
Scusi se la correggo ma le cose non stanno proprio come dice lei: durante il regime fu costruito solo un primo lotto, quello lungo Via Duccio di Boninsegna e Via Valdambrino ed i lavori iniziarono nel 1931, per concludersi solo nel 1938, mentre il ponte di Ravacciano venne inaugurato nel 1940.
Il resto del quartiere(Via del Vecchietta, Taddeo di Bartolo, la parte rimanente di Via Duccio di Boninsegna dopo Via Lippo Vanni ecc.) è di costruzione postbellica, grossomodo dal 1946 fino al 1961 (data di costruzione della casa dei miei genitori, ed una delle ultime case costruita a Ravacciano fino ad anni recenti).
Quando scrivo dei quartieri edificati a seguito del risanamento di Salicotto non alludo alla loro ampiezza attuale ma a quella che fu possibile ottenere con le case popolari, tutt’ora ben riconoscibili. L’amico Luca Luchini, comunque, mi corregge circa l’affermazione di Salicotto terminato nel 1931: i lavori furono continuati fino al 1938, perché venivano interrotti ogni volta che finivano i soldi, i quali non erano davvero molti e dovevano servire per costruire e bonificare in tutta l’Italia.
Forse non sai che anche don brunetto 930 ha habitato in quel di ravacciano…che sia l’aria di li’?
scapaccioni premonitori,ma non abbastanza da fermare in ovo il capriccio politico
Non solo il Cenni, ma Ravacciano ha dato i natali anche all’odierno sindaco Valentini. Stesso pianerottolo del Cenni, pare, e lì vicino è nato anche il suo fido (non più?) scudiero Chiantini. Credo che anche un paio di assessori della Giunta Valentini siano di questo quartiere. I Teddy Boy di Ravacciano hanno decisamente vinto…
Non mi vorrei sbagliare, ma ad esser precisi brunetto è nato in val d elsa, poi è , come si diceva una volta , tornato a stare a ravacciano…il pianerottolo non credo, ma la palzzina probabilmente si.
Una pagina molto bella e significativa, grazie Eretico!
Se fai una passeggiatina anche a Taverne e riesci a parlare di questa periferia in essere (Ravacciano è ormai ex periferia) con la stessa intensità e coinvolgimento con la quale hai raccontato Ravacciano ti meriti il Pulitzer. Scherzi a parte, complimenti per l’articolo.
Ot…fabrizio Nepi, sindaco di Castelnuovo veleggia verso la poltrona di presidente della provincia.
Negli anni ’60 a Ravacciano (all’imbocco di Ravacciano, sarebbe meglio dire) ci si andava anche per vedere i film al cinema Alberino che, con 100 lire (molto meno che al Moderno o all’Odeon), “regalava” proiezioni senz’altro più datate ma comunque godibili per ragazzi ….che li, tra l’altro, potevano fumare “tranquilli” anche a 13 anni tanto a nessun genitore veniva in mente di fare irruzione!! ..e quanti primi flirt consumati lassù, sulla galleria!!!….che tempi, verrebbe da dire e sottintendendo “quanto migliori”!
bellissimo, bravo! ma tutti ‘sti sindaci e ex quasi conviventi come si spiega? cooperativa dipendenti MPS?
Tante cose vere in questo “articolo racconto”…anzi diciamo pure tutte vere..il tempo non è stato sufficiente a togliere empatie e significati.
Ravacciano è qualcosa che a Siena non potrà ripetersi, i teddy boys erano fatti strani ma crescevano con dignità e il coraggio di ogni giorno.
E come hai fedelemnte trascritto, sapevano bene da chi tenere le distanze e di chi diffidare…
Grazie per questa bellissima pagina di storia, per me vissuta…
Era bella Ravacciano negli anni ’70: la casa dove sono cresciuto e ho vissuto prima di lasciare Siena è in fondo a Via del Vecchietta: fino a pochi anni fa la strada non era ancora stata completata e davanti a casa mia non c’era niente, lasciando una panorama a perdita d’occhio che spaziava dall’Osservanza a Vignano e fino al castello delle Quattro torri e giù, verso la Val d’Arbia.
E alla fine la strada diventava sterrata e si entrava nel bosco… e per noi bambini era l’avventura fuori dalla porta di casa, potevi immaginarti di essere Sandokan in mezzo alle jungle del Borneo oppure un soldato americano a caccia di tedeschi. Ricordo che arrivavamo fino al torrente Riluogo, in fondo alla vallata… sempre che la nonna non venisse a prendermi per le orecchie e mi portasse a casa. E prima del bosco , dove ora c’è un campetto da basket in asfalto, c’era il pratino dove venivano a giocare a pallone da tutto il quartiere.
C’erano ancora molti esercizi commerciali, la mesticheria di Gentilina, il fruttivendolo Romano, e in Via Lorenzetti la merceria, il lattaio, e altri piccoli esercizi commerciali, che sono scomparsi durante gli anni ’80 travolti dai supermercati. Andavo a fare la spesa con mia nonna che si fermava a parlare con tutti…
Non c’erano ancora tante macchine come oggi, e si poteva giocare anche in mezzo alla strada, soprattutto in Via Valdambrino dove passava un’auto ogni mezz’ora e dove facevamo interminabili partite di pallone.
Oggi è cambiato tutto, quando torno a Siena a trovare i miei mi sembra di arrivare in un quartiere-dormitorio. I marciapiedi sono stati ristretti per far spazio ai parcheggi, le auto in sosta invadono ogni spazio libero ( tranne ovviamente i parcheggi a pagamento…) e i vecchi negozi sono tutti chiusi. Scomparse le bande di ragazzini la popolazione mi pare composta prevalentemente da anziani e studenti. Non mi piace più il mio vecchio quartiere, se mai tornerò a vivere a Siena sceglierò un’altra zona.
Una pagina davvero bella, che fa venire voglia di tornare indietro con la macchina del tempo.
Oh Eretico, grande scoop del Fanali, che ha individuato per primo il candidato Pd alla Provincia. Come farà a trovare queste fonti interne al partito…
E come non citare il mitico Sing Sing, circolo semiclandestino dove negli anni 90 si andavano a noleggiare cd musicali che venivano poi puntualmente masterizzati?
Un’istituzione per me, che all’epoca con pochi soldi in tasca mi sono fatto un’autentica cultura musicale.
Quanto al quartiere dormitorio, ora ci pensa il Professor Sacco: l’avete letta la boiata del centro storico “beaconizzato”? Lo vedo proprio adatto per una città di lobotomizzati
A sapè che vol dí…….
……l’unica tecnologia di cui ha bisogno il senese medio e’WApp per “sbirciare”cosa fanno le pulzelle nei caldi dopo cena di contrada e la fotocamera per farsi in ogni dove miriadi di selfie per poi pubblicare su feissubucc.una citta’di mediocri ignoranti governata da ignoranti mediocri.
Dalle mie lontane, dolci ricordanze senesi spunta il Chiesino dell’ Alberino dedicato a San Francesco.
Ottima prosa, prof.
Ti do due suggerimenti
1) La prossima volta che capiti da quelle parti, fermati subito dopo il ponte (se sei motorizzato) e prendi a piedi la scesina a sinistra che porta all’eremo dove Francesco (quello vero, non quello della televisione) piantò l'”alberino” che ha dato nome al poggio. Scendi le scalette che portano alla base del ponte. Quello è il cuore del quartiere, anche se probabilmente la maggior parte degli abitanti attuali lo ignora.
2) Oltre che gli amici teddy boys (http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=38695), conviene sentire anche i coetanei un po’ più impegnati, sul ruolo della parrocchia nell’affrontare le situazioni di degrado ambientale e sociale (alcolismo -> handicap) che vi si erano trasferite dalla città. E di come la curia all’epoca provvide a “normalizzare” la situazione.
Gentile Eretico,
bello il suo pezzo …ma in certi punti troppo, troppo nostalgico.
Ravacciano oggi non è un quartiere dormitorio, esistone realtà locali di associazionismo che, grazie soprattutto alla cittadinanza attiva esistente sul territorio, sono riuscite in questi anni a ricreare vere realtà di socializzazione e di interculturalismo. Tramite il Circolo Arci e il Gs Alberino siamo riusciti ad organizzare nel giugno scorso una bella partita di calcio e successiva cena tra le “bande dei ragazzini” di Ravacciano (esistono sempre!)e i bimbi del Saharawi, che ogni anno la Pubblica Assistenza di Viale Mazzini ospita. Sempre presso il Circolo sono previste attività di volontariato e di coesione tra bimbi e anziani: insegnare ai bimbi a fare i biscotti o la pizza, tombolate di natale con la storica tombola del Circolo, merende insieme all’uscita della scuola …Oltre ciò, il Campino in fondo a Via del Vecchiettà è comunque luogo di “rifugio sociale”: dalle cene di quartiere, alle partite di basket, alle feste di compleanno, ai “giochi senza contrade” (dalla corsa dei sacchi alla palla avvelenata alla morra cinese etc) ideato e organizzato dai cittadini per 2 anni…se vuole qualche foto gliela inviamo….Se poi si volesse recare presso la nuova Palestra Mattioli, anche lì potrà notare che sono attivi da 3 anni corsi ludico- motori per bimbi e al contempo corsi per le mamme…anche questi ultimi ideati da cittadini con il fondamentale aiuto del Gs Alberino:inoltre, se le piace lo sport, venga a provare kung fu o tai chi chuan di un selvaiolo doc di Ravacciano.
E nonostante ciò, il Comune ha portato via i giochi per i bambini più piccoli dal campino …forse in questo ha ragione, Ravacciano è considerato ancora un “Bronx”…
La attendiamo simpaticamente al Circolo Arci per un buon caffè al ginseng o al guaranà! saluti
Già sono andato al circolo per gustarmi la piccola ma assai significativa mostra, ben volentieri verrò in altra occasione: ma invitatemi per una cena con ciccia e vino, il ginseng non mi tira punto…
L’eretico
Gentile Eretico, a nome del nostro Circolo Arci e della Presidente Miranda, è il benvenuto per la prossima cena “ciccia e vino”, le comunicheremo quando…ci conceda, però, il finale con caffè al ginseng, almeno lo provi…. Saluti
Cara Giada,
sarò orgoglioso di presenziare, e poi rendiconterò sul blog: a modo mio, ovviamente…
L’eretico
Caro Eretico
Ravacciano era un quartiere dove convivevano più elementi:quotidianità popolare, un pò di trasgressione ,voglia di divertirsi, passione politica e Chiesa. Al bar del Menotti potevi trovare del “personaggi” incredibili. Quando sono andato a vivere a Livorno mi è sembrato di andare in un Ravacciano amplificato
Vorrei anche ricordare il ruolo fondamentale che ha avuto Don Francesco e l’Alberino nell’aggregare e moderare questa multitudine. Dopo Donfra la Curia non ha messo dei parroci ma degli impiegati che hanno normalizzato la parrocchia; a conferma di questo la scarsa partecipazione.
Vorrei anche far notare che il campanile della chiesa accoglie accanto alla croce di Cristo una miriade di ripetitori che fanno pensare a Cristo tra i ladroni. Pecunia non olet
Anche se con ritardo, giustificato da inderogabili impegni professionali, intervengo su questa puntata delle passeggiate senesi. Ravacciano non è un quartiere ne una serie di vie e neanche una periferia. Ravacciano è un piccolo stato che almeno fino a 20 anni fa funzionava in piena autonomia. Non mancava nulla, avevamo anche la posta e la farmacia, il ciabattino i bar, fruttivendoli, macellerie, alimentari, tutto al plurale. Non mancavano i personaggi con cui trascorrere qualche minuto in serena conversazione. Aurelio Rosini detto Ruglie era uno di questi. Semplice, alla mano, un comunista con l’altarino delle Madonna sopra la porta di casa anche se ogni tanto anzi ogni spesso, quella povera immagine era apostrofata con dei solenni bestemmioni vecchia maniera. Ecco questo era ravacciano, lo Stato di Ravacciano, con tanto di Inno il cui testo così recitava: ” SE NON CI CONOSCETE GUARDATE DA VICINO SIAMO DELL’ALBERINO, SE NON CI CONOSCETE GUARDATE DA LONTANO SIAMO DI RAVACCIANO” Il finale variava dipendentemente dalla presenza o meno di Don Francesco. Ecco Dom Francesco è stato il fondatore di questo piccolo stato, punto di riferimento per intere generazioni e volgarmente rimosso dalla curia dopo 36 anni di amorevole servizio come Parroco. Don rancesco riempiva la chiesa e intorno a lui c’era vita e allegria. Ora mi dicono che invece la frequesza è scarsissima e le messe sono un deserto. Insomma Ravacciano, lo Stato di Ravacciano ha una sua storia e per noi che ci siamo nati, rimarrà sempre la culla di tutti i ricordi. Francesco Galli
Per me che a 3 mesi ero già seduta sul murello davanti a casa Ravacciano è stata la mia Macondo: un luogo meraviglioso dove tutti si conoscevano e si volevano tutto sommato bene. Della bottega di Aurelio ho in mente in questo preciso istante l’odore e lì accanto c’era Persenna. Quante ore ho passato dentro la sua bottega! Lei sempre gentile mi permetteva di rimirare i giochini esposti e ogni tanto mi facevo comprare qualche ciotolino e ci andavo a giocare al pratino. O quanto era bella la cannellina che c’era nella sua nicchia davanti al pratino? E i semellini di Delfo della cooperativa? Il mio preferito tonno e capperi e a volte una fetta di quel surrogato di cioccolata bicolore. E l’odore che c’era in bottega da Renato e Giuliana? di latte fresco e formaggio! E poi Menotti, Festoso, il Bellocci, Lido. Ravacciano era un gran bel posto per viverci. Ora sembra svuotato ma il cambiamento purtroppo è generale. Cambiato o no comunque appena posso ci torno e volentieri!
Non ho un solo ricordo negativo di Ravacciano. L’ho conosciuto nel 1973, classe 1F, là dove un tempo c’era il cinema e che poi, dopo essere stato scuola, è diventato uffici del Monte dei Paschi. L’ho conosciuto e subito adorato, tanto da trascorrerci ogni minuto pur non essendo residente. Ravacciano pullulava di giovani. Ancora bambina, era la parrocchia dell’Alberino il centro aggregativo. E che centro. DonFra era un mito, ed accanto a sè aveva don Roberto, prete troppo avanti per poter andare d’accordo con questa curia. Don Roberto aveva barattato la sua macchina sportiva con un pulmino che ci scarrozzava ovunque. Impossibile non riconoscerlo, con quell’albero disegnato dietro. Impossibile dimenticare l’impegno che mettevamo nella raccolta della carta, casa per casa, in tutta la parrocchia, o le uscite del sabato alla scoperta di boschi e prati circostanti. O i campi scuola, la vendemmia ed i più grandi anche la raccolta dei pomodori. Don Roberto era un sacerdote e insieme un amico, che riusciva a tenere attorno a sè un centinaio di ragazzi di ogni età. E c’era anche quelli bordline, dei quali sapevamo i difetti ma cercavamo di cercare i pregi, e spesso li trovavamo anche. Sono stati anni fantastici, in quel micro mondo dove davvero non mancava niente. Una decina di anni dopo sono andata ad abitarci. Erano i primi anni ’80 ed era già diverso. Roberto non era più don, e del gruppo erano rimasti in pochi. Tanti negozi avevano già chiuso e il grande prato che mi ricordava tanto la canzone di Gianni Morandi, aveva lasciato il posto alla costruzione della nuova scuola. Ma c’era ancora un modo di vivere per strada, con tante persone anziane a far chiacchiere nelle panchine o nelle sedie portate da casa. Quando me ne sono andata, dieci anni dopo, tanti vecchi erano morti e le loro case erano state riempite da studenti. Un dormitorio senza più anima.
Bellissimi questi commenti. Mi hanno ra vivato tantissimi ricordi. Io, a ravacciano ci so nata e ho ancora la fortuna di viverci. Concordo che dagli anni 70 le cose certo sono cambiate questo e’ vero ma resta sempre un luogo davvero tranquillo dove ancora mi riconosco dato che per fortuna non e’ poi così cambiato esteticamente.
Questi commenti mi sono piaciuti,ma vorrei far sapere a chi ha scritto l’articolo che ha dimenticato alcune cose molto importanti:
nel 1948 ha ravacciano e’ nato IL GRUPPO SPORTIVO AURORA, che vive anche oggi,in concomitanza del g.s. ALBERINO fondato da DON FRANCESCO IN COLLABORAZIONE DI DON PALETTI.La sede del g.s. AURORA era in via valdambrino nei locali della BUCA DEL ROSPO, conosciuta in tutta Siena, e tutt’oggi gli anziani come me ricordano benissimo.Comunque per conoscere meglio Ravacciano legga il libro su don Francesco.
cordiali saluti Nuto
Il commento un’altra volta. Ora sono commossa. Non mi ero resa conto di avere tanti amici ravaccianesi con i miei stessi ricordi. Uno sturbo!