Mercoledì scolastico: il “mercato delle scuole grasse”
Gennaio, tempo di scrutini sempre più vicini (a parte chi ha i pentamestri), e di molto altro ancora: per esempio, per gli alunni della III media, di scegliere la strada da percorrere, iscrivendosi a questa o a quella scuola dell’obbligo. Da par nostro, abbiamo distribuito le “pergamene” con i consigli orientativi scaturiti dagli ultimi Consigli di classe.
In effetti, se ci pensiamo, è la prima scelta importante che un preadolescente si trova a prendere in vita sua: vi sembra poco? Chi scrive, per dirne una, scelse il Liceo Classico mica perché gli piacessero più di tanto il Latino o il Greco (piaceri post scolastici): scelsi il Classico essenzialmente perché NON c’era molta Matematica (e lasciamo stare chi la insegnava, per carità di Patria), e perché era del tutto assente il mio incubo fanciullesco, il disegno tecnico (il professore delle medie – su cui potrei facilmente vendicarmi, mentre invece sarò un signore – adottava nei miei confronti una tecnica educativa allora molto in voga: disegno sbagliato? Foglio strappato, coram populo).
Ma non divaghiamo, e torniamo al dunque: la scelta per le scuole superiori. Da alcuni anni, è entrato nella prassi scolastica l’uso di fare entrare i docenti delle scuole superiori a PUBBLICIZZARE le doti salvifiche delle loro scuole. Ovviamente, ognuno tira acqua al suo mulino.
In più, le scuole si aprono agli studenti ed alle famiglie, in più riprese, con i sedicenti open days.
Il punto è questo: è corretto tutto ciò? Formalmente, è evidente di sì (vogliamo sperare!); addirittura, ogni scuola ospitante si dota di un docente ad hoc (da noi, l’esimio collega Paolo Gragnoli), il quale dedica svariate ore alla bisogna. Ma pubblicizzare spudoratamente la propria scuola, siamo sicuri che sia cosa buona e giusta? Un “mercato delle scuole grasse” è davvero formativo? Tra gli open days e soprattutto Internet, ogni famiglia può sapere il triplo di quanto una famiglia poteva sapere ai nostri tempi. Forse sarebbe sufficiente, no?
Teniamo presente che ovviamente quando arrivano le scuole a farsi autopromozione, gli alunni interessati disertano (non contra legem) le normali lezioni nelle loro classi.
Insomma, in definitiva: questa relativa novità della pubblicità intrascolastica, è davvero così necessaria? Se l’anno prossimo dovesse venire a mancare, ci sia consentito: ce ne faremmo una ragione…
Ps Retromarcia sui 150 euroni da restituire: complimenti al Governo Letta per la figurona, indimenticabile; ma soprattutto: fateci lavorare di più, se volete; magari eliminate un po’ di vacanze estive (ai precari, peraltro, non pagate): ma pensate ad aumentare, non ad abbassare la busta paga, per Dio!
Non sarai il primo né l’ultimo che ha scelto il liceo classico perché c’era poca matematica, non già per amore della letteratura greca e latina. Anche io fui vittima di questa scelta. Mi è capitato una volta di sentire la motivazione di una liceale, figlia di amici, che diceva “dopo il liceo voglio fare l’università perché non voglio andare a lavorare..”. Beh, anche questa è un’ottima motivazione!
m.
Perchè, forse una versione di Plutarco è più avvicinabile di un compito di matematica? Ma dove avete studiato?
Io non sono interessato ala scuola perché già fatta e con profitto. Ora posso valutareserenamente che non mi è servita a nulla . Perché quello che mi serve lo imparato da me. Di sicuro abolirei alcune materie nella scuola pubblica. In primis la religione e uno se la fa privatamente come vuole, e crede a quello che gli pare. Quei soldi li dedicherei agli anziani soli. Poi il greco e il latino, anche queste se uno le vuol fare va a una scuola privata. Incrementando quello che serve ad irrobustire il popolo, onde non finire , le donne badanti dei cinesi, e gli uomini a spazzar gli uffici agli indiani. Non ti piace caro Eretico, ma finirà cosi
Pero’ un po’ di scuola in più ti avrebbe fatto benino, visti tutti gli errori che fai per scrivere due righe di commento…
Sei sicuro che sono errori, non sei mica il mio insegnante che può correggere. A volte gli errori sono messi per esaltare il succo e per farti soffermare a capire quello che voglio dire. So scrivere e bene e se vui posso metterlo anche in inglese e tedesco.
Meglio di no, ci hai già deliziato con l’italiano.
Anch’io illo tempore scelsi il Classico, perché permetteva l’accesso a tutte le facoltà universitarie, consentendoti di rimandare di cinque anni l’importante scelta !!
Oggi ci sono a giro avvocati, commercialisti , ingegneri etc. che provengono dagli istituti tecnici e se osservi come scrivono te ne accorgi subito !!
Caro Signore
Saper scrivere bene è un conto e questo si può anche imparare al classico. La cosa difficile è comunicare ad altri il propio sapere con la scrittura. Pultroppo caro, il saper scrivere per comunicare il propio pensiero è un arte e solo madre natura la dona. Ecco io preferirei un tecnico dotato di questa arte, piuttosto che un liceale a caso. Oddio il modo di parlare sarà forbito, ma quando ha finito non ha detto nulla. Fortunatamente il computer provvederà a ribaltare questo luogo comune. Il tecnico vincerà e gli altri saranno a rimorchio. Allora Eretico bisognerebbe far saper al ministro dell’Istruzione che i computer sanno anche scrivere e bene, e poi sanno anche le lingue, e che dire della matematica……
Sarà anche un dono di natura, ma saper coniugare i verbi, scrivere correttamente senza errori di grammatica e sintassi e riuscire a fare un discorso di senso compiuto, magari anche con la giusta punteggiatura non direi proprio che sia solo provvidenza divina.
Per “saper scrivere” intendevo proprio questo . E’ chiaro poi che uno può scrivere correttamente solenni cazzate, ma è un altro discorso !
purtroppo ormai le scuole sono diventate aziende, e quindi sottostanno alle regole del commercio (marketing, pubblicià…).
L’aspetto formativo passa purtroppo in secondo piano…
Come non darti completamente ragione…
pensa se invece prendevi la strada dei pascoli…..
Carissimo eretico ,in tanti il venerdì aspettano i tuoi articoli sulla sanità…..mancano gli argomenti oppure è una scelta?? in attesa di risposta ti saluto cordialmente.
La consecutio temporum dell’ultimo rigo, quello prima del post scriptum, quadra?
Caro Patrizio,
direi proprio di sì, perché il “ci sia consentito” è meramente incidentale, rispetto al periodo ipotetico.
Sulla Sanità senesota, buon fine settimana: lunedì pezzo corposo assai…
L’eretico
L’accento era per il “dovesse venire a mancare” “faremmo”… però l’insegnante di Italiano è lei quindi mi rimetto, non convinto, al Suo verdetto.
Perdoni. Speravo, attraverso il blog, in una lezione senza spese. In più da una persona che stimo per quello che scrive. Io, purtroppo, ho avuto insegnanti sessantottini e la grammatica me l’hanno insegnata, certo, come pure la sintassi, ma a modo loro. Pensi, mi avevano fatto credere che la consecutio temporum, in latino come in italiano, avesse lo scopo di collocare con precisione azioni in spazi temporali determinati. Consentendo chiarezza interpretativa all’ascoltatore o al lettore. Una frase principale e una frase a essa subordinata, dovevano concordare, sempre secondo loro, sulla collocazione nei due tempi diversi delle due azioni descritte. Secondo questa interpretazione, sicuramente errata, la subordinata in questione essendo retta, credo, da un congiuntivo imperfetto con funzione di condizionale, avrebbe dovuto essere espressa con il verbo al futuro e non con un condizionale presente. Loro avrebbero sostenuto che al verificarsi di una determinata situazione ipotizzata (“se l’anno prossimo dovesse” … succedere qualche cosa) ci sarebbe stata, nel futuro (semplice in questo caso), l’azione conseguente (noi faremo… qualcos’altro).
Si sa però che il sessantotto ha fatto dei veri danni. Così mi trovo tante incertezze. Contavo proprio in un Suo contributo.
“Se domani piovesse, apriremo l’ombrello”-se sei certo di ciò che farai domani nel caso piovesse- “Se domani piovesse, apriremmo l’ombrello”-non è detto che l’aprirai nel caso dovesse piovere- E’ questa la differenza! La certezza o meno dell’azione futura in colui che scrive. Pignoleria sintattica da ex-liceale (classico, per l’appunto!)
Proprio Ad maiora! Un buon passo avanti, verso cose più grandi. Un solo peccato: la mancanza di comclusioni. Nella frase in questione “Insomma, in definitiva: questa relativa novità della pubblicità intrascolastica, è davvero così necessaria? Se l’anno prossimo dovesse venire a mancare, ci sia consentito: ce ne faremmo una ragione…” c’è o non c’è la certezza che se venisse a mancare quella PUBBLICITA’ci sarebbe sicuramente anche il farsene una ragione?