Zibaldone: JFK, una Storia di Siena ed una promessa…
Rubrica ricca come e più del solito, questa domenica: i 50 anni dall’attentato a JF Kennedy, l’uscita della attesa “Storia di Siena” dell’augusto padre, nonché, per finire, una promessa dedicata ai critici.
JFK, dunque. Anche 50 anni fa era domenica, e fu il giorno dei solenni funerali del Presidente Kennedy (primo ed unico Presidente cattolico, giova sottolineare!). Una eccellente descrizione di quelle memorabili esequie, è oggi sul supplemento culturale del Sole 24 ore, a cura dello storico Emilio Gentile ( “L’affusto era lo stesso che aveva trasportato la bara del Presidente F.D. Roosevelt e del Soldato Ignoto morto nella Grande Guerra”).
Figura senz’altro straordinaria dal punto di vista della presenza scenica, dotato di gran carisma oratorio, eccellente nel lanciare slogan (la “nuova frontiera”, ma anche l’idea dello sbarco sulla Luna, ed altri ancora); se però non fosse stato ammazzato in quel maledetto 22 novembre 1963 (quarto Presidente ad essere ucciso, dopo Lincoln, Garfield e Mckinley), se non fosse morto così giovane ed in modo così empaticamente drammatico, un mito non sarebbe certo divenuto. Le lotte decisive per i diritti civili, le portò avanti con successo il “sudista” L. Johnson, suo successore; la Baia dei Porci, fu un insuccesso tanto clamoroso, quanto a lui ascrivibile (lo storico A. Schlesinger ha sempre portato avanti la tesi, in sé inoppugnabile, che l’idea era stata di Eisenhower, suo predecessore: ma il Commander in chief l’avrebbe potuta benissimo bloccare, come peraltro in molti cercarono di convincerlo a fare). Fu abile e lucido nell’ottobre 1962, durante il braccio di ferro sui missili sovietici a Cuba: basta questo, per farne un grande Presidente?
Per entrare nel Mito, aveva ragione il lirico greco Menandro:
“Muore giovane colui che è caro agli Dei”.
Nel profluvio di commenti ed interviste di questi giorni, mi permetto di segnalare questo passaggio del grande giornalista Gay Talese (Repubblica del 22 novembre, pagina 21):
“Kennedy è morto nel momento giusto ed è diventato immortale, come Marilyn, James Dean, Rodolfo Valentino. Era bello, ricco, affascinante ma almeno sino a quel momento deludente sia sul piano della politica interna (in pochi avrebbero scommesso su un suo secondo mandato, Ndr) che di quella internazionale: basti ricordare il fiasco della Baia dei Porci e l’inizio della guerra in Vietnam. Tuttavia il sacrificio lo ha reso un’icona indelebile, mettendo in secondo piano la realtà”.
E giustamente Talese aggiunge che quello fu il primo presidenticidio televisivo, con tutto ciò che ne derivò a livello di impatto:
“…quello stesso giorno ci fu un cambiamento fondamentale ed irreversibile nel momento in cui Walter Cronkite annunciò la morte e pianse in diretta televisiva. Quello è l’istante in cui la televisione diventa la principale fonte di informazione, lo strumento che dice alla gente come comportarsi e reagire”.
Sarà proprio la televisione, non a caso, a creare ed amplificare al massimo grado il “fronte interno” dal momento dell’escalation vietnamita, dopo il Golfo del Tonchino. La “Nuova frontiera”, in fin dei conti, era quella televisiva?
In settimana, è uscito la “Storia di Siena” di Mario Ascheri (Edizioni Biblioteca dell’immagine Pordenone, 274 pagine, 14 euro), formato quasi tascabile, con belle incisioni riprodotte; è evidente che recensire il libro dell’augusto padre crea imbarazzi, ed il rischio del marchettone è dietro l’angolo.
Restano, come sempre, i fatti: che ci dicono che è la prima volta che Ascheri senior si avventura a scrivere, in un libro di Storia, degli ultimi dieci anni di Siena, quelli della morte della senesità della banca e della decadenza generalizzata della città. Anni in cui l’autore, da storico, si è fatto anche – e di nuovo – politico, con l’esperienza nelle Liste civiche in Consiglio comunale, sotto il secondo (sciaguratissimo) mandato di Maurizio Cenni.
La scrittura non è quella di tanti storici (italiani) di professione, il che depone decisamente a favore della fruibilità da parte anche del lettore non specialista, nonché degli studenti delle scuole superiori (ove la Storia locale è spesso colpevolmente svalutata, se non omessa tout court da docenti che pochino o punto ne sanno).
In questa plumbea giornata, l’eretico si è letto la parte della caduta della Repubblica senese, nel 1555, con l’appendice ilcinese: Blaise de Monluc, Piero Strozzi novello Farinata degli Uberti, l’eroica difesa di Porta Camollia, le “bocche inutili” espulse durante l’assedio fiorentino-imperiale: molto stimolante, anche per certi facili agganci con la contemporaneità. Se ci fosse un assedio oggi, con quale criterio si sceglierebbero le “bocche inutili”, per esempio?
La promessa, solenne: molti mi dicono che questa rubrica dovrebbe aprirsi di più ai fenomeni della cultura di massa. Vengo dunque accusato di scrivere di cose più o meno elitarie, di libri che non legge quasi nessuno, di film in qualche caso di difficile fruizione et alia.
Prima di Natale, reggetevi forte: ci sarà spazio per il cinema di Checco Zalone e per i libri di Fabio Volo. Più di questo, francamente non posso fare…
ecco, bravo non lo fare….
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Caro Eretico, ti scongiuro di risparmiarci Fabio Volo. L'”elitismo” (oltre ad essere meno dannoso per la salute rispetto all’etilismo) non è un atteggiamento irrispettoso nei confronti del prossimo, poiché l’ignoranza è una scelta.
Sono d’accordo con Gay Talese : tutta questa mitizzazione e santificazione di JFK mi sembra del tutto fuori luogo.
Era un personaggio mediocre sia sotto il profilo umano, che politico.
Era solo un grande comunicatore ed ebbe il merito di essere stato il primo ad usare efficacemente il mezzo televisivo per promuovere la propria immagine.
Anche il fatto che i veri motivi del suo assassinio non siano chiaramente emersi neppure a cinquant’anni di distanza e dopo l’apertura degli archivi della CIA, fa supporre che dietro a tutta la tragica vicenda ci siano storie inconfessabili e poco edificanti !!
Stavolta hai ragione, Max.
E’ divenuto – immeritamente – un mito, con tutta la sua famiglia di aristocratici, falsi populisti, radical chic.
E pensare che il capostipite Joseph P. Kennedy pare fosse addirittura antisemita e filo nazista ….
Leggete qui http://en.wikipedia.org/wiki/Joseph_P._Kennedy,_Sr. per avere un’idea al paragrafo: Claims of Anti-Semitism
Purtroppo in italiano non c’è una virgola ….
Del resto da noi è quasi stato santificato, un po’ come Obbbama.
Con la differenza che il nostro con la baia dei porci ed il Vietnam, batte – per ora – il suo successore fermo a Libia ed Afghanistan.
Accidenti al meglio.
Bokassa Jr.
Per essere obiettivi va anche detto che tutti i presidenti USA e dico tutti, “Obbama” compreso, sono e sono sempre stati una diretta emanazione dell’establishment militar-finanziario e chi tradisce di solito ….. non finisce il mandato !!
IN questo blog spesso ci si occupa di “giornalisti” senesi che scrivono certo non bene (a parte i contenuti), non vedo cosa ci sarebbe di male se l’Eretico scrivesse di Fabio Volo…
Da “Italia Oggi”-Riccardo Ruggeri: “John Kennedy: a 30 anni, e a seconda guerra mondiale finita, era ancora un incondizionato ammiratore di Hitler”.
Il padre, Joe Kennedy, era filonazista ed antisemita, ma il massimo del degrado umano lo raggiunse con la figlia Rosemary per cui, a 23 anni, la fece lobotomizzare.
Credo basti.
Un mito romantico creato dall’epoca in cui visse (ma indimenticato anche nel 2013) e dai duemila libri scritti su di lui (mi ricordo bene quando morì anche se ero giovane). In realtà un politico mediocre anche se coraggioso (governò solo tre anni), cocainomane più propenso a cercare la gnocca (di ogni ordine e grado)che di occuparsi dei problemi reali (la riforma sanitaria americana da molti accreditatagli fu in realtà opera del suo successore Lyndon B.Johnson). Resta, ripeto, il mito di Camelot e della maledizione dei Kennedy che affascina anche oggi.
Caro Eretico,
ho avuto tempo di leggere la parte finale del libro del tuo babbo e non faccio complimenti, sono una sua laureata per cui la leggibilità come il manuale di storia del diritto di Giappichelli era per me scontata.
Gli faccio pervenire la proposta di chiarire a p. 257 se ci sarà una ristampa, a metà, dove parla di Sestigiani e Borghezio. L’acquisto di cui si parla è naturalmente quello dell’Antonveneta, ma siccome poi torna agli anni precedenti il passo è poco chiaro. L’ho letto attentamente, Professore?
Mi sembra riduttivo ridurre Kennedy ad una lista di cose fatte o non fatte, o peggio ad un personaggio da gossip: Kennedy diventa presidente in un momento chiave, in un periodo in cui una parte della società americana stanca del perbenismo e del conformismo degli anni ’50 vuole cambiare le cose; Kennedy di questo cambiamento fu il simbolo, e la sua presidenza fu il grimaldello attraverso il quale idee e persone nuove arrivarono al potere. è vero che gran parte delle riforme sociali,dai diritti civili alla fine della segregazione razziale, fu opera del suo successore Lyndon Johnson, ma senza la personalità ed il carisma di Kennedy dubito che tutto questo sarebbe stato possibile in così breve tempo. E del resto che Kennedy abbia lasciato una traccia lo dimostra il fatto che dopo 50 anni stiamo ancora a parlare del suo lascito. Non ricordo pagine di giornale o siti internet che si siano interessate dell’eredità politica di Roosvelt o di Heisenhower… e credo che tra 50 anni dell’eredità politica di Ceccuzzi o Valentini non parlerà proprio nessuno.