Se n’è andato Paolo Corsi, con le “scarpe lucide”…
“Anche se sono giù
questa vita
io l’amo sempre di più”.
Così scriveva Paolo Corsi, nel febbraio del 1995.
Paolo è morto un mesetto fa, in Polonia, dove trascorreva parte dell’anno, con la signora Dorota, che l’aveva preso con sé dopo i tremendi lutti che l’avevano colpito negli anni (la madre, il padre Sergio, il nipote, poi la sorella Paola). Era un esule forzato, dalla sua Siena e da Certaldo, dove ora è sepolto, accanto ai genitori.
Paolo Corsi, senese del 1957 (oggi – in questo declinante 31 ottobre in cui scrivo -, sarebbe stato il suo compleanno), non aveva mai camminato in vita sua; nel 2002 aveva coronato il sogno della sua vita, pubblicando un libretto in cui aveva raccolto le sue più intense poesie. “Scarpe lucide”, l’aveva intitolato. Con un’autoironia, a tratti spietata, che era uno dei suoi tratti peculiari.
Lascia tanti, tantissimi amici e conoscenti, in città: decine di persone, negli anni, l’hanno sostenuto, aiutato in qualche modo, soprattutto con la presenza. Della persona intera, o semplicemente della voce.
Perché Paolino non chiedeva nient’altro che una cosa, chiara e forte: parlare e farsi ascoltare. C’era chi lo andava a trovare a casa, tra Costafabbri e Costalpino; c’era chi gli rispondeva al telefono, quando – implacabile – arrivava la sua chiamata (“quando non ho con chi parlare, non lo dico, ma sto male”, ebbe a scrivere nell’ottobre del 1995). Tutti noi che l’abbiamo conosciuto – amici semplici, volontari dell’Unitalsi, volontari del servizio civile -, dobbiamo ringraziarlo, per ciò che ci ha saputo insegnare della vita.
Mi ricordo che una volta, un paio d’anni dopo l’uscita del suo libro, lo feci venire alla scuola di Monteroni d’Arbia ad incontrare i ragazzi: arrivò con il taxi per i disabili, entrò in aula e scattò subito qualcosa, fra lui ed i ragazzi. Non sarebbe più andato via, mi toccò dirgli che la scuola ha degli orari indifferibili.
Era fatto così, Paolino: un autentico maestro di vita. Un autodidatta, che, come maestro, aveva avuto il più grande in assoluto dei maestri: il Dolore. Leopardi docet, no?
Uno, Paolino, che non aveva mai camminato, ma che faceva camminare la testa: dunque le idee, i sogni, le speranze. E, a dirla tutta, e con una retorica che in queste occasioni ci vuole davvero (forse quindi cessando di essere tale), soprattutto una cosa: il cuore. Che era tutto per gli amici e per una famiglia che crudelmente gli si sbriciolava intorno, lui che, certo, ne avrebbe avuto più bisogno di tutti.
Nel gennaio del 1998, scrisse queste parole (un epitaffio?):
“Le scarpe sono sempre nuove.
Ma anche se non mi posso spostare
riesco a farlo con la fantasia
e mi dispiace quando…
un vero amico va via”.
Quella terra che non hai mai calpestato in vita tua, Paolino, ti sia davvero lieve…
Paolino era veramente una persona speciale… Caro Eretico, i tanti poveri d’ animo e di materia grigia di cui hai cantato accuratamente le gesta avevano il potere di fare e disfare tutto e tutti a propio piacimento, ma i valori quelli veri della vita e la dignità che per fortuna non compri con i soldi quelli ce l’ aveva Paolino… GRAZIE PAOLINO GRAZIE DI CUORE, SICURAMENTE ADESSO SARAI INSIEME A PERSONE DEGNE DI TE… SPERANDO CHE I TUOI VALORI SIANO PRESI AD ESEMPIO DA I TANTI POVERI D’ ANIMO
Paolino ha vissuto per tanti anni nella casa lungo la strada che va a Costalpino, quella davanti a dove adesso c’è un distributore, sempre sulla sua terrazza, a guardare fuori, ho conosciuto padre, madre e sorella perchè vivo ancora a Costafabbri,andavo a portargli la spesa a casa , mi ricordo anche una piccola esperienza nel coro Intonti e Stonati .
Un saluto e un augurio di aver ritrovato la tua famiglia.