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Zibaldone: il tempo di Seneca, gli “Anni felici” di Luchetti

Dopo le due puntate monografiche dedicate al Generale Giap e ad Erich Priebke, la rubrica domenicale torna alla sua formula abituale: che, di Zibaldone trattandosi, è ovviamente libera assai. Per questa domenica, niente Storia.

Un classico della latinità (fra i tanti) da rileggere sempre, anche in modo rapsodico? Il “De brevitate vitae” di senechiana memoria, si capisce! La durata del tempo – secondo Seneca – dipende solo da noi: tesi magari da contestualizzare caso per caso, ma indubbiamente come negare che molto dipenda da noi? Seneca si pone il problema del tanto tempo (troppo) che perdiamo in cose inutile: su questo, come dargli torto?  E soprattutto, enuncia una grande verità, dal valore ancora straordinariamente attuale (anzi, forse più attuale oggi che non nel I secolo d.C.): tendiamo ad essere avidi di denaro e di beni materiali, mentre poi, “nell’unica cosa in cui è bene essere avari” (cioè il TEMPO), ci facciamo mancare quella “honesta avaritia” di cui dovremmo invece essere impregnati. Il problema – oggi più che mai – è cosa sia inutile, e ciò che viceversa sia certamente utile fare: come trovare un punto d’incontro fra l’OTIUM ed il NEGOTIUM, a meno che uno possa permettersi di non lavorare? “Non brevem vitam accipimus, sed fecimus”: la vita non è breve, siamo noi a renderla tale.

Leggere Seneca, per esempio, è di certo fruttuoso, nessun dubbio al riguardo (non so perché, ma abbinato a Mozart rende ancora di più); stare in coda, in macchina, mezz’ora per fare pochi chilometri, certo che no: ma se uno quei chilometri li deve percorrere, per andare a lavorare aut similia, come fare? Alberto Moravia, una sua soluzione l’aveva trovata: si portava, nella suburra del traffico romano, da leggere in macchina, e ad ogni semaforo apriva una pagina diversa. A Seneca magari questa soluzione sarebbe piaciuta, no?

 

“Anni felici” di Daniele Luchetti all’eretico è piaciuto, molto: ma il suo giudizio è gravemente inficiato dal cosiddetto shock di immedesimazione. Come potrebbe essere altrimenti, narrando il film la vicenda – fortemente autobiografica – del regista, nei Settanta bambino? Il film non è certo un capolavoro: qualche caduta di stile c’è, e soprattutto manca in toto l’elemento politico, in quegli anni (1974) sin troppo presente nelle famiglie dei giovani romani. Come è possibile che il padre (interpretato da un monumentale Kim Rossi Stuart), artista d’avanguardia, non sia un gruppettaro “de sinistra”?  Possibile che due sceneggiatori come Rulli e Petraglia abbiano sorvolato su questo aspetto? Per qualche ragione, evidentemente sì.

Eppure, nonostante i difetti, il film prende, a tratti cattura, ed i 100 minuti scorrono che è un piacere. Onore a Luchetti, che – come fosse su un lettino di uno psicanalista -,  ha rivissuto cinematograficamente la sua infanzia di bambino anni Settanta, cresciuto come venivano cresciuti, molto spesso, i bambini di quegli anni: lasciandoli in buona sostanza a se stessi, magari dopo avere dato loro certe stelle polari etico-comportamentali importanti per la vita a venire. Tutto sommato, non è detto che sia un metodo da buttare, se pensiamo al penoso presenzialismo genitoriale degli attuali “genitori-elicottero”.

Secondo noi, sarebbe piaciuto anche a Seneca, questo film: non tempo perso, il guardarlo, ma guadagnato.

6 Commenti su Zibaldone: il tempo di Seneca, gli “Anni felici” di Luchetti

  1. anonimo scrive:

    A me il film non è piaciuto, ma mi è piaciuto l’articolo dell’Eretico. L’educazione dei figli è cambiata in modo radicale in pochissimi anni.

  2. MaxVinella scrive:

    Gli Anni felici di Luchetti sono anche gli “anni di piombo”, quelli – per rimanere nel ’74 – della strage a Piazzale della Loggia a Brescia (28 maggio), della bomba sull’Italicus (4 agosto) della crisi energetica e dell’austerità. Sorprende un po’ che la Roma di Guido e Serena non risenta minimamente di quel clima politico e abbatanza poco di tutte le contraddizioni socio-culturali di quegli anni !!!

    A me è sembrato un po’ un “fumettone” che rimane in superficie alle vere problematiche del periodo, appena sfiorandole o trattandole come se fossero una semplice cornice degli eventi che coinvolgono la famiglia dei protagansti !!

    Viene il sospetto che questa neutralità rispetto al contesto politico sia una precisa scelta e che sia finalizzata ad evitare delle prese di posizione critiche, che avrebbero potuto etichettare il prodotto, rendendolo meno commerciale, meno di cassetta insomma !!

  3. Greta scrive:

    Buongiorno, io credo che la ragione principale per cui la sceneggiatura abbia sorvolato sul fatidico ’74 e in generale sui Settanta, è perchè si correva anche il rischio di stereotiparsi con i troppi film su quel periodo….e oggi la “politica”, per fare un po’ di botteghino, forse è meglio lasciarla da parte trascurando così quasi del tutto il contorno. Secondo me è un errore, perchè un bravo regista deve avere anche il coraggio di confrontarsi con un periodo in senso lato senza la paura di cadere nel banale…è “banale” un Rambo…ma non è affatto banale un Apocalypse now o un Full Metal Jacket :-)……..la cosa più bella del film sono i due bimbi, perchè sono coloro che, aldilà di tutto, con le loro uscite da bambini veri forniscono al film l’autenticità e la dolcezza dell’infanzia….saluti, Greta PS l’accostamento Seneca-Mozart è splendido…io proverei anche un Aristofane-Scarlatti la prossima volta…

    • MaxVinella scrive:

      Bertold Brecht riusciva a produrre opere artistiche senza prescindere dalla politica e senza trascurare il contorno.

      E’ vero che non si può pretendere che tutti siano dei Bertold Brecht, ma neppure poi devono pretendere di essere considerati “artisti” !!

  4. Astianatte scrive:

    Vedi Raffaele perché tu (noi) non puoi (possiamo) essere come loro.
    Te lo immagini il Ceccuzzi che gode di un’ode di Orazio? Oppure il Bezzini ed il valentini che si rilassano (….) leggendo Alceo, Anacreonte oppure magari Tacito, Seneca o lo stesso Cesare …..
    O magari ascoltano Albinoni, Mozart ….

  5. Anonimo scrive:

    ah gretaaa…arisotfane scarlatti ce sembra n’esaggerazione pure per l’eretico…………….

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