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La Russia di Putin (I)

- 31/07/13

 

Alberto Moravia, nel pieno della destalinizzazione kruscioviana, viaggiò per un mese nella allora URSS, toccando Mosca, Leningrado e varie zone della periferia dell’Impero sovietico. Era il lontano 1958, e da quell’esperienza è nato “Un mese in URSS”, ripubblicato nei Tascabili Bompiani nel maggio scorso, con ampia introduzione a cura di Luca Clerici; se il grande scrittore e viaggiatore romano ci tornasse, non potrebbe limitarsi a trovare una Russia profondamente mutata, la troverebbe stravolta, soprattutto nelle due metropoli.

Ogni popolo è sempre in divenire, ogni popolo cambia, giorno dopo giorno: ma non alla stessa velocità, questo va detto. Ci sono momenti che riescono ad imprimere accelerazioni portentose: non è dato sapere se in meglio o in peggio…

Moravia troverebbe cambiamenti antropologici profondi (questi, irreversibili?), con un unico trait d’union con il passato sovietico: il bisogno – profondo, inattaccabile, ormai connaturato alla “russitudine” – di avere un leader forte, autoritario ed antidemocratico, come guida.

La Russia non aveva mai conosciuto la democrazia, da quando ha iniziato ad esistere: da Ivan il Terribile a Stalin, fino a Breznev-Andropov-Cernenko; caduto il Muro di Berlino e la stessa Urss (fine 1991), tutto sembrava portare, come inevitabile sbocco della Storia, alla democrazia. Giusto qualche anno (con Boris Eltsin al potere) di “democrazia”, giusto il tempo di fare arricchire a dismisura una nuova classe sociale (i cosiddetti oligarchi), fra corruzione sistemica e turbolenze le più svariate, che alla fine dei Novanta quel grumo di potere che davvero contava decide di cooptare al Potere un nuovo Zar, il capo dell’Fsb (ex Kgb) Vladimir Putin.

Il quale, con un modus operandi paradittatoriale secondo i nostri parametri liberaldemocratici, riesce a ridare smalto all’idea che i russi vogliono avere di se stessi: una Nazione forte e coesa, capace di imporsi sulla scena internazionale senza dimostrarsi subalterna a nessuno (specie agli Usa), che usa le sue immense, impressionanti risorse energetiche (gas e petrolio) per gestire, dall’alto in basso, i suoi rapporti con l’Occidente e con gli ex Stati sovietici, spesso comprensibilmente riottosi con Mosca.

Il tutto (e qui sta il cambiamento antropologico), in un contesto di consumer society di stampo prettamente statunitense: i russi più contenti delle soventi prese di posizioni muscolari di Putin verso gli States (caso Magnitskj e caso Snowden gli ultimi due clamorosi esempi), sono verosimilmente gli stessi che pranzano al Kentucky fried chicken o si mangiano un Big Mac a cena, il tutto innaffiato da Coca Cola o Pepsi. Mutazione antropologica, dunque, a livello di quotidianità, abbinata alla continua, indefessa, necessità dell’uomo forte, meglio se con fisico aitante e il fascistico petto in fuori, ad uso e consumo di telecamere e fotografi.

Come era ovvio che fosse, Moravia, nel suo viaggio del 1958, si muove spinto da una buona conoscenza dell’attualità politico-economica di allora (siamo due anni dopo il celebre discorso kruscioviano al XX Congresso del Pcus), abbinata ad un’eccellente conoscenza della letteratura russa ottocentesca. Ed è con questa forma mentis che analizza e scruta l’homo sovieticus di allora, dal primo all’ultimo giorno del suo soggiorno.

Fino a quel momento, la letteratura poteva davvero spiegare molto, se non tutto, dell’animo russo: oggi, pare proprio non essere più così.

Appena sceso dal classico giro in battello sulla Neva (un fiume che sa di mare), visto che la guida si era dilungata un po’, durante il percorso, su Puskin, Checov, Gogol e Dostoevskij, provo a chiederle quale scrittore i russi di oggi preferiscano, fra quelli da lei appena citati.

“Direi Puskin, sì, lui”, mi suggerisce.

Poi, giusto un attimo dopo, aggiunge, a mo’ di chiarimento:

“Ma il fatto è che i russi di oggi, soprattutto i giovani, questo problema  dello scrittore preferito non se lo pongono neanche: semplicemente non leggono  né l’uno, né l’altro…”.

Credono di avere la piena libertà (e non ce l’hanno affatto), e l’hanno usata e la usano per diventare – come noi – schiavi del più scontato consumismo.

Proprio al pari nostro, dagli States tendono, immancabilmente, a prendere il peggio, piuttosto che il meglio…

4 Commenti su La Russia di Putin (I)

  1. anonimo scrive:

    Il più grande filosofo greco, era uno che aveva girato e lui non pontificava se un modo di governo fosse meglio di un altro, ma lo descriveva. Ecco la democrazia aveva l ‘abitudine di finire a causa della corruzione. Ti dice qualcosa Eretico…..lui la pensava così.

  2. ANONIMO scrive:

    E vai, tra 50 anni il modello non sarà l’America, ma la Russia o peggio la Cina. Molto più consumistico di quello attuale e chissà che ci daranno da mangiare? Addittivi con tracce di cibo. Che brutto modo lasciamo ai nostri figli che in fondo se lo sono meritato anche loro, non leggono, non studiano, non c’è più una scuola che insegni veramente, il paese dei Balocchi. Meno male che hanno buttato la bomba atomica perchè se no quante guerre sarebbero scoppiate invece se lo facessero morirebbero anche loro i padroni, siamo tutti su questo pianeta; quindi si limitano a mini conflitti alla barba dei poveri. Stranamente la bomba è diventata un deterrente alla guerra. No il mondo non cambia nel 1989 la società occidentale, quella che si definisce democratica, ha perso la terza guerra mondiale perhè è stata sprecata una grande occasione per esportare la democrazia oltre la ‘cortina di ferro’ invece è stato portato solo il consumismo ed il capitalismo più sfrenato e questi sono i frutti. Catastrofico, anche confuso eh? Eppure è così. Siena in fondo ne è la dimostrazione in minore di come l’ideale della ‘sinistra’ è abortito e l’interesse di pochi causa la rovina di molti. S.M.

  3. Ale scrive:

    Eretico, ma c’era proprio bisogno della pubblicità del nuovo film hard di Sara Tommasi in homepage? Non voglio fare il bacchettone, ma un pò di pietà…

  4. Eretico scrive:

    Caro Ale,
    come già scritto qualche giorno fa (ma lo ribadisco volentieri), l’eretico non ha nessuna voce sul capitolo delle pubblicità. Pensa a tutto Google Adsense: che tutto può, e tutto dispone…

    L’eretico

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