Notte bianca, giornate nere…
Diciamolo subito: globalmente parlando, per quella che è stata l’esperienza di un semplice fruitore, la Notte bianca di ieri è stata di certo un successo. La si organizza per mobilitare gente, e gente ce n’era tantissima, forse più di quanta gli stessi organizzatori pensassero alla vigilia (quanto abbia comprato, non è dato sapere); l’adesione degli esercenti è stata altissima, a passare per le vie interessate; il gradimento generale c’è stato, e non è certo questo il momento di sottilizzare su certe piccolezze che non alterano il significato, positivo appunto, dell’evento.
Siena ha abbandonato i Gianni Morandi e le Laure Pausini, per puntare – musicalmente parlando – su gruppi locali: basta grandeur fine a se stessa, spazio ai giovani (e non solo) che possono infarcire il loro Curriculum vitae con serate come queste. Quando i soliti quattro gatti lo dicevano o scrivevano, che questa era la via da seguire, erano considerati degli iettatori o dei menagrami incalliti.
Cosa curiosa: gli stessi che per anni hanno inneggiato al Sistema Siena, i medesimi che esaltavano i Morandi e le Pausini, oggi enfatizzano, oltre ogni decoro, la sobria ed autoctona Notte bianca. Curioso, no? Sono subito passati, senza soluzione di continuità, dall’esaltazione dello sfarzo targato Casta (Mussàri in primis, munifico mecenate con soldi non suoi), alla neosobrietà da fine vacche grasse. Che fenomeni…
Ecco quindi che tocca sorbirci un pezzo di Gaia Tancredi sul Corrsiena, in cui, con accenti liricheggianti, si associa la serata ad una presunta (?) rinascita della città (magari, magari…).
La giornalista d’inchiesta del Corrsiena scrive di una città che sfugge “ai fumi delle vecchie macerie” (provocate da coloro che sono sempre stati esaltati dal Corrsiena, Ndr); poi, ispiratissima, parla di “tanta gente, tornata a vivere le lastre con un rinnovato entusiasmo, quello tipico del senese che, stanco di essere schiacciato e messo in un angolo, ritrova l’orgoglio di appartenenza…”.
Capito il senso recondito del messaggio? La Notte bianca serve per cancellare il passato, le bancarelle acchiappaclienti in tempo di crisi sconfiggono i menagrami blogghers ed i giornalisti foresti.
Se ne organizzano un’altra, di queste serate, vuoi vedere che tornano indietro i dindini dell’Antonveneta? Se se ne fa una di mezza estate, poi, ci sta che il buco dell’Università si azzeri, immantinente.
Concludendo: prendiamola per quella che è stata, né più, né meno, questa Notte bianca.
Una bella occasione per uscire la notte del solstizio estivo; per trovare qualche vecchio amico che non si vedeva da tanto tempo; per entrare in negozi in cui, in contesto diurno, non c’è magari tempo e modo di entrare.
Ricordando una cosa, della quale gli organizzatori dell’evento sono certo pienamente consapevoli: che se c’è bisogno (eccome se ce n’è!) della Notte bianca, è perchè i giorni sono neri, e parecchio.
Ps Premio al gruppo più chic e fashion della serata? Di gran lunga il “Curia on the beach”, capitanato ovviamente da monsignor Acampa Giuseppe, in rigorosi abiti ultrafashion.
Eh sì, l’eretico sente una gran voglia di un salutare ritorno alle origini del blog: cara Curia senesota, non ti abbiamo certo dimenticato!